Quasi 20mila euro per ogni persona migrante spostata e trattenuta in Albania, almeno nel primo periodo: questo il prospetto di spesa per il Protocollo fra Roma e Tirana per la realizzazione di due strutture in teoria funzionali alla “gestione dei flussi migratori”. Ma nel disegno di legge del protocollo d’Intesa con l’Albania ratificato in Consiglio dei Ministri il reale costo dell’operazione non c’è. Nel capitolo dedicato alle spese si parla di circa 60 milioni di euro, ma l’elenco chiude con l’accenno all’istituzione di un fondo dal contenuto non specificato per “i restanti oneri del protocollo”. Nessun riferimento ai costi dei trasferimenti e alle spese vive di gestione. Secondo il ministro degli Esteri Tajani «i costi annuali dell’accordo sono inferiori ai 200 milioni». E aggiunge: «sono inferiori a quelli di cui si é detto». Tuttavia, i conti non tornano.
Per settimane si è parlato ben poco di soldi: le uniche cifre rese pubbliche erano i 16,5 milioni da dare a Tirana come anticipo entro tre mesi e i 100 milioni congelati su un fondo di garanzia per eventuali controversie di cui ha parlato la rivista albanese gogo.al. Ma un documento interno del governo che circolava nei giorni scorsi nella mail dei funzionari coinvolti rivelava costi e numeri ben diversi per il progetto della presidente del consiglio Meloni di esternalizzazione della frontiera italiana e della gestione dei richiedenti asilo in Albania; cifre altissime, confermate e aumentate dalla dichiarazione di Tajani di ieri pomeriggio. Secondo il documento, sarebbero almeno 92,5 i milioni di euro di spesa per il primo anno e quasi 50 per ognuno dei successivi quattro quelli previsti dall’intesa quinquennale con il premier albanese Edi Rama. Dunque, circa 300 milioni di euro in cinque anni. Cifre che già sembravano alte ma più che triplicate secondo Tajani, che ha parlato di 200 milioni annuali, ossia di un miliardo per i cinque anni. Il protocollo ratificato chiarisce che le strutture potranno ospitare fino a 3 mila persone contemporaneamente, ma nel documento analizzato dal Manifesto c’è un numero molto diverso da quello annunciato con toni propagandisti dalla premier: saranno 720 e non 3 mila i posti, almeno nella fase iniziale del progetto. E il turnover difficilmente sarà mensile, ma potrà arrivare fino ai 18 mesi. Anche se i 720 posti disponibili venissero svuotati e riempiti mensilmente, non si arriverebbe a 9 mila persone in un anno. Se parliamo di 200 milioni annuali, per detenere e rimpatriare o “accogliere” 9 mila persone, si tratta di più di 20 mila euro per migrante nel primo periodo. Una spesa enorme per numeri piccoli, un progetto costosissimo che si somma al già violento e inumano meccanismo di controllo dei flussi ideato dalla Meloni.
Secondo la tabella relativa al “totale dei costi stimati”, serviranno 36 milioni solo per la costruzione di tre centri: un hotspot al porto di Shengjin (300 posti); una struttura di trattenimento a Gjader (300 posti) e un CPR – centro di permanenza per il rimpatrio – nello stesso luogo (120 posti). La loro gestione è stimata in 8 milioni all’anno. Più 40 milioni verranno destinati a viaggi, mantenimento e indennità di trasferta delle forze di polizia italiane; 7,5 milioni agli strumenti logistici e tecnologici; 2 milioni alle spese della commissione territoriale per l’asilo e almeno 8 milioni annui per i costi di gestione del centro che il governo vorrebbe dare alla Croce Rossa. Le forze di polizia saranno organizzate in turni di 15 giorni, con un’indennità di trasferta di 450 euro e straordinari fino agli 885 euro. La spesa di vitto e alloggio è calcolata sui 120 a testa al giorno ed il costo del viaggio di andata e ritorno è stimato in 800 euro per agente. Non compaiono spese per l’ente gestore, che dovrà retribuire il personale di servizio e garantire vitto e “alloggio” ai migranti. Incalcolabili anche i costi dei trasferimenti degli esuli fino in Albania, e poi i viaggi dall’Albania all’Italia per sbarcare minori, donne incinte e persone fragili, come annunciato dalla premier, e non vengono calcolate nemmeno le spese di viaggio verso l’Italia in caso di accoglimento della domanda di asilo, come nemmeno le controversie giuridiche che inevitabilmente si apriranno.
Insomma, il progetto di esternalizzazione verso l’Albania, oltre che brutale per tutte quelle persone che si ritroveranno costrette e detenute alla nuova frontiera d’Europa dopo aver sopravvissuto al mare, al deserto e alla violenza di ogni frontiera, sembra un ottimo modo per buttare milioni di euro per gli interessi propagandistici di alcune parti politiche.
[di Monica Cillerai]