Sembrerebbe quasi un ossimoro accostare nella stessa frase le parole “malattie” e “benessere”, ma in realtà è proprio ciò che la Scienza stessa ha fatto definendo un insieme di condizioni di salute patologiche e disagevoli tipiche dei Paesi occidentali in primis e di tutti quelli (anche orientali) caratterizzati da un’economia cosiddetta sviluppata, tecnologie di tipo industriale e abbondanza di cibo, in contrapposizione ai Paesi in via di sviluppo e a quelli del Terzo Mondo. Stiamo per parlare dunque di patologie tipiche delle società benestanti e sviluppate, non di quelle povere e arretrate. I fattori maggiormente responsabili di queste “malattie del benessere” sono (o meglio, dovrebbero essere) “elementi migliorativi” della qualità di vita generale, cioè: aumento del grado tecnologico, maggiori disponibilità economiche, maggiore disponibilità di derrate alimentari. Quello che succede nella realtà è che tali elementi anziché essere migliorativi finiscono per diventare peggiorativi per lo stato di salute delle persone.
Alimentazione e salute oggi
Viviamo in un’epoca in cui il progresso scientifico e le sue applicazioni tecnologiche sono a dir poco strabilianti. La vita media si è allungata (ma anche quella in salute?), non si conosce più la fame e anzi spesso ci troviamo di fronte allo spreco e alla distruzione pura e semplice delle derrate alimentari in eccesso. Le macchine di cui disponiamo hanno ridotto di gran lunga la fatica fisica. Tuttavia, mai come in questi tempi si parla tanto di salute…ovvero di cattiva salute! La salute umana va proprio maluccio nei Paesi industrializzati. Innanzitutto sono in aumento le patologie dovute alla riduzione delle difese immunitarie: raffreddori, bronchiti, tonsilliti, influenze, gastroenteriti sono ormai moto diffuse nell’infanzia, diminuiscono un po’ in età adulta e tornano a comparire con insistenza nella vecchiaia. Poi vi sono le malattie come diabete, obesità e tumori, anch’esse in costante aumento. Si rilevano anche crescenti riduzioni della capacità visiva e uditiva: sempre più frequentemente i bambini devono portare gli occhiali in età scolare, anche la calvizie precoce è in aumento, per non parlare della sterilità maschile e femminile e della riduzione drastica della lattazione nelle donne.
Insomma, come le piante di serra e gli animali d’allevamento, stiamo diventando sempre più delicati. Non abbiamo più la forza di un tempo, né la stessa capacità polmonare, né la resistenza alla fatica e agli agenti atmosferici. Come le piante “gonfiate” delle coltivazioni intensive, i nostri bambini ben sviluppati e grassotti, si riempiono di parassiti, nonostante il miglior livello di igiene. Che dire poi dell’aumento della patologia psichica. Quando il corpo è malato anche la mente ne soffre. Segni preoccupanti sono nei bambini la difficoltà di concentrazione e mnemonica, una eccessiva eccitazione e disturbi del comportamento di vario tipo: situazioni ben note agli insegnanti e ai genitori.
Tutte queste malattie, più o meno gravi, acute o croniche, sono state definite “patologie del benessere” e gli studiosi pensano appunto che non possano essere disgiunte dal miglioramento delle condizioni di vita e dagli agi che si accompagnano allo sviluppo della società industriale.
Popolazioni che vivono allo stato primitivo godono di una salute ben più solida della nostra ed anche di una grande longevità, eccetto, si intende, in situazione di denutrizione. E per contro le popolazioni che a seguito del colonialismo hanno adottato la dieta occidentale, pur conservando stili di vita tipici delle loro culture di provenienza, hanno visto degenerare rapidamente la loro salute, con le stesse manifestazioni precoci tipiche degli occidentali agiati (stitichezza, obesità, raffreddori, bronchiti, diabete, tumori ecc.).
Sono rimasti giustamente famosi gli Hunza, una popolazione “scoperta” agli inizi del secolo, insediata a 2000 metri di altezza sulle pendici dell’Himalaya e, più di recente, i Vilcabamba, nel Sud dell’Ecuador, per non parlare di alcune popolazioni caucasiche. Tutti costoro hanno elaborato, nei secoli, uno stile di vita e di alimentazione che li mettevano in grado di vivere fino a 100-120 anni, senza conoscere la malattia, in pieno vigore, allegria e serenità. Per contro è noto come la degenerazione dei costumi (a partire da quelli alimentari) ha portato alla scomparsa di non poche culture e civiltà, come nel caso dell’impero romano.
Una dieta squilibrata
Non si può negare che siano tanti e diversi i fattori che influenzano la salute umana: lo stress, l’ansia, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua, il vivere in luoghi chiusi e molti altri. Tutti questi sono fattori che causano la malattia. Tuttavia ricerche scientifiche ineccepibili hanno dimostrato che l’alimentazione ha sulla salute un peso di gran lunga superiore alle altre cause. E non potrebbe essere diversamente, se ci pensiamo un attimo: è stato calcolato che nei Paesi industrializzati ogni persona assume mediamente, nel corso di un’intera vita, dalle 30 alle 60 tonnellate di cibo (a seconda di chi mangia tanto e chi mangia meno) all’interno del proprio corpo. Questo cibo sono sostanze chimiche che entrano in noi e svolgono azioni chimiche importanti. Non si può pensare che tale mole di chimica dentro al nostro corpo non svolga un ruolo determinante sullo stato di salute o di malattia.
Ma vediamo brevemente quali sono le caratteristiche della nostra alimentazione e quali quelle di una alimentazione propria di popolazioni particolarmente sane, forti e longeve. La nostra dieta è ricca di cibi animali provenienti da filiere di allevamento intensivo, come carne, pesce, uova, latte, salumi, formaggi, che purtroppo si connotano come cibi non salutari e infiammatori, al contrario dei cibi animali che provenivano (nel passato) da allevamenti con animali all’aperto che si alimentavano di erba e fieno e senza l’ausilio di antibiotici, mangimi super calorici per l’ingrasso e additivi vari inseriti nei mangimi stessi, al fine di dare determinate caratteristiche di sapore, colore e durata nella conservazione dei prodotti finali derivati. Inoltre la dieta dei Paesi industrializzati è ricchissima di zuccheri e di cereali raffinati. L’aggettivo “raffinati” in questo caso non è affatto un pregio o un plus dell’alimento, ma una caratteristica peggiorativa della qualità nutrizionale, che indica una trasformazione industriale da parte dell’uomo e una conseguente forte perdita di nutrienti nell’alimento. Pane, pasta, riso, polenta, sono fatti con farine raffinate, cioè private dei loro strati di crusca (data agli animali nella loro razione alimentare) e del germe (venduto all’industria della cosmesi, che ne ricava creme e prodotti per la cura della pelle). Infine la nostra dieta si caratterizza per un largo impiego di prodotti conservati per lo più in modo non naturale (inscatolati, additivati, irradiati, surgelati, ecc.).
Le popolazioni forti e longeve cui abbiamo accennato avevano, al contrario, una dieta molto semplice e priva di zuccheri (lo zucchero raffinato è una invenzione della civiltà tecnologica), priva di derivati animali da allevamento intensivo, costituita da cereali grezzi e legumi, verdure e frutta fresche e di stagione, cibo animale solo in piccole quantità e senza trattamenti industriali. Quello che si può rilevare subito è la grande differenza fra questi due tipi di diete. Quella della civiltà industriale ricca, evoluta, legata a commerci internazionali e ad una tecnologia sempre più spinta, sia per quanto concerne la produzione che la conservazione e la preparazione domestica dei cibi, e dall’altra quella delle popolazioni primitive: dieta semplice, rudimentale, fatta di prodotti di stagione e del luogo, che non indulge certo ai piaceri della tavola, né all’arte culinaria. Una dieta, come nel caso degli Hunza, che comporta anche dei periodi di drastica riduzione di cibo, di quasi digiuno. Non è un caso infatti che oggi la scienza medica consigli le pratiche alimentari di digiuno intermittente, come risoluzione di problemi di obesità, diabete, patologie del metabolismo in genere). Appunto questo periodo di digiuno, alla luce dei più recenti studi dietetici, opera nell’organismo una salutare depurazione, contribuendo sensibilmente al mantenimento della salute e anche alla longevità. E non sono poche, ormai, anche in Europa, le cliniche che curano diverse patologie con il digiuno.
Da tutto ciò ne consegue che l’industrializzazione degli alimenti è andata aldilà di ogni ragionevolezza e ha superato di gran lunga la soglia della necessità. Perché raffinare in modo così drastico le farine? Perché irradiare agli, cipolle, patate, con raggi gamma? Perché mettere tante sostanze chimiche nei cibi, quando si sa che ogni molecola di sintesi chimica prodotta dall’uomo rappresenta un pericolo per la salute? E ancora, perché indulgere così tanto a tavola, mangiare in modo così composito e ricco, quando tutto ciò che non viene assimilato ci intossica, in qualche misura? Perché mangiare peperoni d’inverno e arance in estate, perché acquistare cibi e prodotti conservati per mesi nei supermercati o nei magazzini (grazie a sostanze conservanti)? In questo modo il cibo perde gran parte delle sue proprietà vitali e del suo valore biologico. In natura, ogni animale si nutre di sostanze e materiale vivo, ma l’uomo sta seguendo una parabola al contrario: sempre più cibi morti, sterili, devitalizzati. Quando noi mangiamo, oltre ai nutrienti di base (proteine, carboidrati e lipidi) abbiamo bisogno anche di vitamine, enzimi, microrganismi, antiossidanti e sali minerali. Queste sostanze sono contenute in maniera naturale e ottimale (dal punto di vista delle quantità e della assimilabilità) solamente negli alimenti freschi (o conservati in maniera naturale), di stagione, coltivati su terreni sani e in modo naturale, e poi mangiati crudi o cucinati con le dovute cautele e accortezze.
Tutte queste accortezze sono state abbandonate nel volgere di pochi decenni. L’utilizzo massiccio di una tecnologia e di una scienza non sempre al servizio dell’uomo, insieme ad un livello crescente di reddito e quindi di disponibilità di alimenti, hanno sovvertito in breve tempo molte buone pratiche alimentari. In più la strumentazione domestica ci consente di completare la “distruzione” dell’alimento già iniziata dall’industria alimentare e dal produttore agricolo o allevatore. I cibi sono di qualità discutibile, conservati e additivati, troppo manipolati in cucina, assunti in quantità che comportano un grosso sforzo digestivo. Così essi origineranno tossine nell’intestino che saranno parte in causa nello sviluppo di molte patologie.
L’abbondanza che intossica e ammala
Bisogna anche dire che noi oggi siamo indotti a mangiare più del necessario per il fatto che i nostri alimenti non saziano in quanto poveri di elementi vitali, raffinati, e ricchi di sostanze di sintesi. Il corpo chiede vitamine, sali minerali, enzimi, e noi gli diamo zuccheri, amidi, grassi idrogenati, additivi, che lo faranno ingrassare, intossicare, ammalare.
A forza di mangiare “bene”, di mangiar tanto, di mangiare cibi ad alto potere calorico e basso potere nutritivo, siamo diventati dei grandi intossicati. Il nostro organismo è sporco, e come un motore sporco non si può pretendere che funzioni bene. La sapienza della tradizione, accumulata durante i secoli, non ci salvaguarda più in quanto l’abbiamo rifiutata e classificata come anticaglia, superstizione, anti-scienza. E ci siamo affidati alla Scienza che ha però perseguito l’interesse dei produttori ben più di quello della salute umana. Ora, la stessa scienza ufficiale che aveva raccomandato l’uso del latte, dello zucchero, omogeneizzati e pappette di cereali raffinati fin dalla prima infanzia, ci viene a dire che la nostra dieta è una dieta ad alto rischio, mentre quella dell’italiano meridionale degli anni 50 del secolo scorso, fatta di verdure, cibo integrale e uova fresche di giornata era la dieta ideale. La scienza si sta mettendo a studiare quindi la tradizione, e scopre che aveva ragione quest’ultima. Vivendo a stretto contatto con la natura e faticando sulla terra per procurarsi il cibo, l’uomo aveva elaborato nei secoli delle norme che avevano contribuito a difenderlo dalla malattia e a ritardare la morte, a mantenerlo sano e longevo, ben prima dell’avvento della scienza. Oggi, ottenebrati dalle scoperte scientifiche ci siamo illusi di poter fare tutto ciò che solletica il piacere e il gusto, tanto poi sarà la Medicina a salvarci. Ma se è vero che la scienza e la medicina hanno fatto passi da gigante in vari settori, resta il fatto che sono ancora lontane dall’aver capito tutto e così i medici non possono garantirci la vera salute ma solo, come spesso accade, soltanto una più lunga vita da malati.
Cos’è dunque questo stato di malessere così diffuso che non è più l’eccezione bensì la regola, oggi, per la maggior parte di noi? La malattia acuta è il campanello d’allarme con il quale l’organismo ci avverte che lo stiamo trattando male, che qualcosa nel nostro comportamento (alimentare e non) non va. I raffreddori frequenti, le bronchiti, tonsilliti, la stitichezza, la sonnolenza dopo il pranzo, il mal di testa, non dipendono dai microbi, dai virus, dal freddo. Sono tutte situazioni riconducibili a ripetute, frequenti, magari inavvertite azioni sbagliate da parte nostra, nello stile di vita. L’organismo intossicato non riesce a difendersi e quindi è facile preda di qualsiasi agente esterno. Invece di esaminare la situazione e riflettere sulle nostre modalità di vita, in particolare alimentari, noi facciamo tacere i sintomi con calmanti, lassativi, digestivi, stimolanti, caffè, a seconda dei casi, aggravando la situazione che, apparentemente sembra risolta. Quando i sintomi ricompaiono con maggiore frequenza o diventano più gravi, allora si va dal medico, il quale non ha tempo di farsi raccontare da ogni paziente come vive e cosa mangia. Consiglierà qualche precauzione, ma poi sostanzialmente agirà anche lui sui sintomi, prescrivendo medicinali.
Il problema è che l’organismo deve funzionare bene da se stesso, senza sussidi esterni e senza le stampelle dei digestivi-lassativi-calmanti-stimolanti-antisettici ecc. I nostri organi sanno funzionare da sé, purché non siano intossicati. Quello che dobbiamo temere non è il microbo, il virus, il caldo, il freddo… ma l’intossicazione.
La malattia è dunque un campanello d’allarme che non dobbiamo far tacere, bensì ascoltare attentamente, rivedendo il nostro stile di vita e la nostra dieta. Se pretendiamo di continuare a maltrattare il nostro corpo, la malattia diventerà più insidiosa e profonda, un giorno o l’altro si manifesterà in forma cronica, quindi non più risolvibile. Il tumore, l’arteriosclerosi, il diabete, non nascono il giorno in cui si manifestano. Forse il diabete è cominciato nella culla, con il primo succhiotto cosparso di zucchero, che ci ha reso zucchero-dipendenti. La salute non è una questione di tecnologie mediche, è una conquista personale da farsi giorno per giorno. Non possiamo illuderci di mantenerci sani affidando la nostra salute ai farmaci, agli specialisti, agli ospedali. La vera salute viene solo dalla natura e da un saggio rispetto delle sue leggi.
[di Gianpaolo Usai]
Articolo interessantissimo e ahimè tutto vero
Tutto dannatamente vero…