Il Consiglio e il Parlamento europeo hanno trovato un accordo politico per una riforma del sistema europeo di asilo e migrazione, che va a modificare il regolamento di Dublino adottato in precedenza. I lavori erano iniziati il 23 settembre 2020, quando la Commissione aveva proposto un nuovo patto sulla migrazione e l’asilo. I cinque atti legislativi concordati previsti nel Pact on Migration toccheranno tutte le fasi della gestione della migrazione, dagli accertamenti sui migranti appena arrivati sul territorio dell’Unione alle procedure per la richiesta di asilo, fino alle modalità di cooperazione tra Stati membri e “gestione delle situazioni di crisi”. L’approccio è del tutto schiacciato su posizioni securitarie: nessuno dei cinque punti cardine del patto riguarda infatti l’ampliamento e il miglioramento dei sistemi di accoglienza, concentrandosi invece sull’esternalizzare le pratiche di asilo e implementare i sistemi di sorveglianza alle frontiere. I colegislatori si sono impegnati ad adottare la riforma prima delle elezioni europee, che si svolgeranno nel 2024 – prima di entrare in vigore il patto dovrà infatti essere ratificato dall’Eurocamera e dal Consiglio. L’accordo è stato fortemente contestato da ONG e associazioni per i diritti umani: Amnesty International, in particolare, ha dichiarato che la riforma riporterà indietro “di decenni” le politiche sull’asilo europee, comportando una “maggiore sofferenza umana”.
Il nuovo regolamento si articola in cinque punti principali, ciascuno volto a gestire una particolare fase del processo migratorio. In primo luogo, viene regolato il meccanismo di solidarietà obbligatoria nei confronti dei Paesi dell’Unione che si trovino ad affrontare una particolare pressione migratoria. Gli altri Stati potranno infatti scegliere se ricollocare i richiedenti asilo sul proprio territorio o versare contributi finanziari. “Il calcolo del contributo di ogni Paese Membro – riferisce una nota dell’Europarlamento – si basa sulle dimensioni della popolazione (50%) e del PIL (50%), mentre ogni Paese è libero di decidere il tipo di contributo o una combinazione di essi”. Il nuovo regolamento fissa ad almeno 30 mila richieste di asilo la soglia minima per i ricollocamenti, e il contributo finanziario a 600 milioni – per una spesa pari quindi a 20 mila euro per ogni migrante non accolto. L’obiettivo è, inoltre, velocizzare le procedure di asilo e di espulsione: entro sei mesi dalla richiesta si dovrà giungere a una prima decisione e si accorceranno ulteriormente i tempi per le domande “manifestamente infondate o inammissibili”. Viene introdotto, inoltre, un criterio europeo per la revoca della protezione internazionale, che andrà a sostituire i regolamenti nazionali.
Sono stati poi definiti nuovi criteri in base ai quali uno Stato Membro può essere considerato responsabile delle domande di protezione internazionale, in precedenza regolare dalla Convenzione di Dublino. In particolare, il nuovo regolamento stabilisce criteri aggiuntivi per determinare su quale Stato Membro ricada la responsabilità dell’esame della domanda di protezione internazionale. La priorità sarà assegnata ai casi di ricongiungimento familiare, mentre i possibili legami familiari saranno identificati “il più rapidamente possibile”. Criteri aggiuntivi per definire la priorità sono: “diplomi ottenuti in uno Stato Membro, relazioni significative esistenti e conoscenza della lingua”. Il regolamento aggiunge che, “se non si applicano altri criteri, il primo Stato Membro di registrazione della domanda di protezione internazionale sarà comunque responsabile dell’esame della stessa”. Oltre a ciò, viene istituito un meccanismo per garantire la solidarietà ai Paesi che si trovino all’improvviso sottoposti a fenomeni migratori eccezionali. Sono anche previste norme specifiche per impedire la “strumentalizzazione dei migranti” – ovvero il loro utilizzo da parte di Paesi terzi o “attori non statali ostili” come forma di pressione politica sull’Unione europea. Proprio su questo punto è particolarmente critica Amnesty International, che fa notare come “queste deroghe rischiano di portare alla violazione di obblighi internazionali in materia di asilo e diritti umani. Esse comprometteranno una risposta comune e umana alle persone che necessitano di protezione, esponendole a gravi violazioni dei diritti umani, e potranno normalizzare sproporzionate misure di emergenza alle frontiere europee, creando un pericoloso precedente per il diritto di asilo a livello globale”.
Coloro che non soddisfano i requisiti per essere ammessi nell’Unione saranno “sottoposti a una procedura di screening pre-ingresso”, la quale includerà “identificazione, raccolta di dati biometrici e controlli sanitari e di sicurezza” per un massimo di sette giorni. In questo contesto, si rassicura, “saranno tenute in considerazione le specifiche esigenze dei bambini”. Tuttavia questi ultimi, a partire dai soli sei anni di età, potranno essere inseriti nel sistema Eurodac, il database europeo di screening biometrico dei richiedenti asilo politico e dei migranti irregolari, cui alla raccolta delle impronte digitali sarà aggiunta anche quella delle immagini del volto. Il tutto per garantire la tutela da eventuali “minacce per la sicurezza”.
Roberta Metsola, presidente del Parlamento Ue, ha scritto su X: «Il 20 dicembre 2023 passerà alla storia. L’Ue ha raggiunto un’intesa storica» attraverso la quale sono state «prodotte e fornite soluzioni» al fenomeno migratorio. Soddisfazione è stata espressa anche dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e dal presidente del Consiglio Ue Charles Michel, che ha definito il patto una «pietra miliare per affrontare la migrazione e costruire una risposta europea globale a questa migrazione».
Tuttavia, non sono poche le critiche sollevate da diverse associazioni, a poche ore dalla pubblicazione dei dettagli del Patto. “Questo accordo rafforza la dipendenza dell’Unione europea da Stati esterni ai suoi confini per la gestione della migrazione, come si è visto nei precedenti accordi con Albania, Libia, Tunisia e Turchia. Invece di investire in un’accoglienza dignitosa all’interno dell’Unione europea e di ampliare percorsi sicuri e regolari per consentire alle persone di raggiungere la protezione in Europa senza dover ricorrere a viaggi pericolosi, questo Patto rappresenta un ulteriore passo verso l’esternalizzazione del controllo delle frontiere e l’elusione delle responsabilità europee in materia di protezione dei rifugiati” scrive Amnesty, per la quale il patto “non risolverà i problemi urgenti che affliggono i sistemi di asilo nell’Unione europea, tra cui gli investimenti insufficienti nei sistemi di accoglienza, i respingimenti illegali e spesso violenti, le politiche che negano alle persone il diritto di asilo e l’impunità alle frontiere europee”. In un comunicato congiunto, Mediterranea, Open Arms, Alarm Phone e altre ONG attive nella tutela dei migranti e dei salvataggi in mare sottolineano come l’intento primario del patto sia quello di “criminalizzare” i migranti più di quanto non venisse fatto fino ad ora. L’accordo, sottolineano, non prevede la creazione di “percorsi sicuri e legali per cercare protezione nell’Ue”, mentre l’accelerazione delle procedure di asilo alle frontiere “limiterà l’accesso alla protezione in Europa”. “Ciò a cui stiamo assistendo è un fallimento storico e un pericoloso cedimento ai partiti di destra europei” concludono.
[di Valeria Casolaro]