Il 23 dicembre Flavio Di Giacomo, portavoce dell’Ufficio di coordinamento per il Mediterraneo dell’OIM (Organizzazione Internazionale delle Migrazioni), ha condiviso su X un post contenente gli sconcertanti numeri di morti e dispersi nella rotta del Mediterraneo Centrale nell’arco di questo 2023. Stante ai dati forniti dal progetto Missing Migrant (Migranti Dispersi) dell’OIM, sono (almeno) 2.271 le vittime di quest’anno, contro le 1.413 del 2022, numero che comporta un aumento di oltre il 60%. Le cifre riportate non possono che essere relativi, tanto che si distanziano notevolmente dai dati forniti dall’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (in inglese UNHCR), ma l’aumento rispetto allo scorso anno appare fuori discussione, poiché stimato in ogni ricerca statistica. La condivisione delle statistiche arriva in un momento in cui la questione migratoria è posta al centro delle discussioni tanto dell’UE, quanto dei suoi Paesi membri,e restituisce un dato da rapportare con le forti politiche anti-migratorie portate avanti sia da molti governi europei (Italia inclusa) sia a livello comunitario.
Secondo l’OIM nel corso di quest’anno ci sono stati 188.510 tentativi di attraversamento nella rotta centrale del Mediterraneo, di cui il 28% (53.088) intercettato e il 71% (133.277) no. I dati forniti dal progetto Missing Migrant mostrano una notevole crescita rispetto all’anno passato tanto per quanto riguarda i tentativi di attraversamento (165047), quanto per ciò che concerne gli arrivi effettivi (105.574), mentre è in calo il numero di intercettazioni in mare (58.056 nel 2022). Anche le percentuali di sbarchi (64%) e intercettazioni (35%) sono rispettivamente in aumento e in calo, elemento che suggerisce l’inefficacia delle politiche di gestione migratoria dei paesi coinvolti. Crescono inoltre i numeri generali sul Mediterraneo, che coinvolgono tutte le diverse rotte migratorie del Mare Nostrum: secondo l’UNHCR, da gennaio sono infatti arrivate via mare 252.396 persone, il numero più alto dal 2016 a oggi, mentre vittime e dispersi toccano quota 2731, la cifra più alta dal 2017.
I numeri condivisi dall’OIM sono diversi da quelli dell’UNHCR, che stando alle cifre pare considerare come rotta del Mediterraneo Centrale solo ciò che coinvolge l’Italia: secondo l’organismo delle Nazioni Unite, quest’anno hanno perso la vita in mare 1.791 persone contro le 1.449 dell’anno passato. Secondo l’UNHCR quest’anno (al 17 dicembre) sono arrivate in Italia 153.531, che sanciscono un aumento vicino al 50% rispetto ai numeri del 2022 (105.131), e solo in Sicilia se ne registrano 129.769. Stando ai dati dell’UNHCR, quello del 2023 rappresenta il numero di sbarchi più alto degli ultimi nove anni, dietro solo ai 181.436 del 2016 e ai 153.842 del 2015, ma questi ultimi sono molto vicini a venire sorpassati. La maggior parte degli arrivi sono si uomini (73,2%) e il numero di bambini (15,8%) supera quello delle donne (11%). In Italia la maggior parte dei migranti che arrivano via mare è siriaca (19.1%), nazionalità seguita dai bengalesi (18.7%), tunisini (13.2) ed egiziani (13%).
Per quanto sia difficile fare collegamenti e trovare conseguenze dirette tra le misure approvate in Italia questo febbraio e i numeri in crescita del 2023, salta subito all’occhio come i dati registrati questo ultimo anno vadano di gran lunga contro le promesse fatte dal governo Meloni ai propri elettori di ridurre gli approdi e le partenze. I morti sono aumentati, le partenze pure e gli arrivi anche, e non si tratta solo dei numeri, ma delle stesse percentuali in proporzione; non si può sapere quanto il decreto in contrasto alle ONG approvato questo dicembre abbia influito sui numeri del 2023, ma è già stata provato come la teoria del “fattore di attrazione”, secondo la quale la presenza delle ONG in mare aumenterebbe i tentativi di attraversamento, sia fondamentalmente sbagliata. È forse anche per tale motivo che Di Giacomo ha insistito tanto sulla natura emergenziale del problema, sottolineando come certe politiche rischiano di andare a detrimento dei salvataggi in mare senza per giunta apportare vantaggi dal punto di vista numerico.
L’aumento degli sbarchi e dei morti registrato quest’anno ha reso sempre più pressante l’esigenza di agire direttamente sulle politiche migratorie. In Francia è appena stata discussa una nuova legge sui migranti, che ha causato parecchi sconvolgimenti interni, mentre solo una settimana fa l’UE ha trovato un nuovo accordo sul Patto Migranti che obbliga i Paesi membri alla solidarietà verso i luoghi di primo approdo e che gestisce il flusso migratorio mediante un meccanismo suddiviso in cinque fasi. L’accordo è stato parecchio criticato da varie ONG, che ne denunciano il processo di esternalizzazione, volto più che a una reale gestione dei migranti, a una loro “criminalizzazione”. Comunque la si veda, i dati parlano chiaro: i numeri degli arrivi sono in aumento e quello dei morti pure; ed è proprio per tale motivo che, di fronte alle continue tragedie, Di Giacomo ci tiene a rimarcare «che quella degli arrivi via mare non è un’emergenza numerica, ma umanitaria».
[di Dario Lucisano]
Ma basta finiamola con questi morti da invasione criminale degli USA in Italia: L’Italia durante la guerra non ha ucciso un solo soldato USA nel suolo americano e la sua invasione che perdura tutt’ora è un Crimine di Guerra imperdonabile.
L’ONU ridia all’Italia e conseguentemente all’Europa il suo ruolo di Leader per tutto il Nord Africa per fondarci mille Università paritarie e in 50 anni il Nord Africa sarà più avanzato degli USA.