giovedì 21 Novembre 2024

Gli Stati Uniti si sono auto annessi 385.000 miglia di fondali marini

Con un tratto di penna, l’amministrazione del Presidente Joe Biden si è presa 385.000 miglia quadrate di fondale marino distribuito su Pacifico, Atlantico, Mare di Bering e Oceano Artico fino a una “piattaforma continentale estesa”. Si tratta della più grande espansione amministrativa dall’istituzione della Zona economica esclusiva degli Stati Uniti nel 1983. Forti preoccupazioni da Cina e, soprattutto, Russia, con la quale si teme adesso lo scatenarsi di una disputa territoriale in una regione che diviene sempre più ambita per le possibilità offerte dallo scioglimento dei ghiacci. L’estrazione mineraria in acque profonde è senz’altro uno dei motivi per espandere la rivendicazione. “La piattaforma continentale degli Stati Uniti ha circa 50 minerali duri necessari per la New Economy”, ha detto James Kraska, dello US Naval War College.

Gli USA si sono presi 385.000 miglia quadrate di fondale marino andando oltre le 200 miglia nautiche della Zona Economica Esclusiva (ZEE) istituita nel 1983. La Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare (UNCLOS), entrata in vigore nel 1982, all’articolo 76, prevede un meccanismo che consente agli Stati costieri di rivendicare diritti economici aggiuntivi in relazione alle risorse situate sul fondale marino o al di sotto di esso oltre le 200 miglia nautiche della ZEE, qualora possano dimostrare, attraverso la geologia e la mappatura batimetrica, che esiste un’estensione naturale delle loro piattaforme continentali. Peccato che gli USA non abbiano mai ratificato tale convenzione, utilizzando il diritto internazionale consuetudinario come legittimazione a questa decisione. In tal modo, gli USA si tengono al di fuori della possibilità di essere coinvolti in un arbitrato (ECS) per le rivendicazioni proprie e di altri Paesi. Insomma, gli Stati Uniti tengono il piede in due scarpe.

I vicini degli Stati Uniti, il Canada, la Russia e altre nazioni artiche, hanno avanzato rivendicazioni ECS nella regione artica attraverso l’UNCLOS. Numerosi stati, tra cui la Francia e la Cina, hanno presentato richieste alle Nazioni Unite per estendere le piattaforme continentali intorno alle loro ZEE, quindi oltre le 200 miglia nautiche. “Sebbene gli Stati Uniti rispettino l’UNCLOS nella pratica, la sua mancata ratifica formale ha sollevato interrogativi sulla misura in cui la nazione può o non può formalmente avanzare rivendicazioni ECS o contestare quelle di altri”, ha affermato Abbie Tingstad, professoressa presso il Centro per lo studio e la politica dell’Artico, così come all’Accademia della Guardia Costiera degli Stati Uniti.

I fondali marini della regione artica sono ricchi di materie prime di vario tipo: gas, petrolio, metalli e minerali. “La piattaforma continentale degli Stati Uniti ha circa 50 minerali duri necessari per la New Economy. Contiene noduli ricchi di minerali strategici ed elementi di terre rare necessari per tutto, dall’energia verde ai semiconduttori che guidano l’intelligenza artificiale. L’annuncio degli Stati Uniti sulla piattaforma continentale estesa (ECS) evidenzia gli interessi strategici americani nella messa in sicurezza di questi minerali duri”, ha detto James Kraska, professore di diritto marittimo internazionale presso l’US Naval War College.

Visto che gli Stati Uniti non sono parte dell’UNCLOS, e quindi non possono presentare una petizione alla Commissione sui limiti della piattaforma continentale per convalidare le rivendicazioni marittime statunitensi, il governo deve ripiegare sull’azione unilaterale e dovrà quindi risolvere eventuali controversie con altri Stati con accordi bilaterali ad hoc. Al contempo, l’atto unilaterale rappresenta una base difficile su cui si possono trovare soluzioni pacifiche, giuste e condivise con altri Paesi.

Questa espansione ha il potenziale per trasformare l’Artico in una nuova arena di tensione e conflitto. L’affermazione degli Stati Uniti di un’estesa piattaforma continentale ha turbato la Russia, sollevando la possibilità di una disputa territoriale tra le due nazioni. Grigory Karasin, della Commissione per gli Affari Esteri del Consiglio della Federazione Russa, la camera alta del Parlamento russo, ha dichiarato che l’espansione unilaterale della piattaforma continentale da parte degli Stati Uniti è “inaccettabile”. Alla domanda se le rivendicazioni degli Stati Uniti rappresentino una minaccia per la Russia, Karasin ha risposto: “Abbiamo preso e continueremo a prendere tutte le misure necessarie per i nostri interessi nazionali in quest’area geografica”.

Karasin ha detto che le rivendicazioni di Mosca sull’Artico sono valutate sulla base delle prove raccolte da una sottocommissione delle Nazioni Unite, mentre gli Stati Uniti non hanno nemmeno ratificato l’UNCLOS. Il Presidente Vladimir Putin ha più volte sottolineato l’importanza strategica dell’Artico per la Russia, vista anche la propria geografia. La Russia intende cogliere le vaste opportunità economiche della regione artica, permettendo il rafforzamento del potenziale energetico del Paese come anche l’espansione delle capacità logistiche e la garanzia della sicurezza nazionale e della difesa. La Russia ha già aumentando l’importanza della rotta del Mare del Nord, creando un alternativa nel commercio mondiale.

La rotta del Mare del Nord, chiamata l’alternativa russa al Canale di Suez, si distingue come prioritaria tra le alternative del governo russo. Le merci trasportate attraverso la rotta del Mare del Nord sono passate da 4 milioni di tonnellate nel 2014 a 34 milioni di tonnellate quest’anno. La Russia mira a superare i 100 milioni di tonnellate di merci trasportate attraverso la rotta del Mare del Nord entro il 2030. Una nave portacontainer che viaggia da Tokyo ad Amburgo impiega circa 48 giorni attraverso il Canale di Suez mentre ne impiega 35 se utilizza il passaggio del Mare del Nord.

Da molti anni la regione artica rappresenta un’area di contesa e, col passare del tempo e lo scioglimento sempre maggiore del ghiaccio, risulta sempre più affollata. La decisione unilaterale degli Stati Uniti certamente non aiuta a trovare la quadra diplomatica tra i vari Paesi prospicenti l’Artico e con coloro che ne fanno utilizzo. Insomma, il clima della regione si fa sempre più caldo, in tutti i sensi.

[di Michele Manfrin]

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