martedì 24 Dicembre 2024

In un anno l’inflazione ha fatto sparire 152 miliardi dai conti correnti degli italiani

Nell’ultimo anno il saldo totale dei depositi bancari di famiglie e imprese è crollato di 152 miliardi di euro, da 1.452 miliardi a 1.300 miliardi, pari a una riduzione del 10.5%: a certificarlo è un report prodotto del Centro studio di Unimpresa. Nel dettaglio, le riserve delle famiglie sono scese di 66 miliardi (-5,6%), da 1.170 miliardi a 1.104 miliardi; i risparmi delle aziende sono diminuiti di 7 miliardi (-1,7%), da 409 a 402 miliardi, mentre quelli delle imprese familiari sono calati 5 miliardi (-5,7%), da 87 miliardi a 82 miliardi. Il dato si riferisce al periodo che va da ottobre 2022 a ottobre 2023. Per quanto riguarda le famiglie, la causa primaria è attribuita dal rapporto all’inflazione, che le ha costrette a erodere i risparmi per fronteggiare l’aumento dei prezzi. Per le imprese, invece, il calo è soprattutto dovuto all’incremento dei tassi di interesse sui prestiti, fattore che ha spinto a utilizzare le riserve bancarie in sostituzione dell’indebitamento, diventato troppo oneroso.

Nello specifico, dal report di Unimpresa – in cui sono stati rielaborati dati statistici della Banca d’Italia – emerge che una parte del denaro sui conti correnti è stata spostata sui deposti per i quali le banche riconoscono tassi di remunerazione in media superiori al 3%, mentre sui conti correnti la media è inferiore all’1%. L’aumento dei depositi con durata prestabilita e rimborsabili con preavviso risulta pari a 84 miliardi di euro. I rimanenti 78 miliardi sono invece la quota utilizzata da famiglie e imprese per difendersi da inflazione e tassi alti. L’unico saldo inalterato resta quello delle onlus, che ammonta a 35 miliardi. Gli analisti del Centro studi di Unimpresa hanno evidenziato che la riduzione dell’inflazione da oltre il 10% di fine 2022 al 5% circa di oggi non ha prodotto una discesa dei prezzi, inquadrandola al contrario come una “discesa virtuale”, dal momento che “il costo della vita continua a salire, con l’unica differenza che la curva è meno ripida rispetto a qualche mese fa”. L’anno scorso, infatti, il quadro inflattivo, anche se con alcune significative differenze tra i Paesi che hanno subito l’aumento dei prezzi, è mutato “come non era mai accaduto nella storia dell’euro”. Così, mentre famiglie e imprese si impoveriscono, a subire il colpo è anche il settore bancario, che potrà contare su meno liquidità per erogare credito alla clientela.

«L’inflazione è la peggiore e la più ingiusta delle tasse: colpisce soprattutto le fasce di cittadini più deboli e limita la capacità delle imprese di investire per crescere – ha commentato Giovanni Ferrara, presidente di Unimpresa -. L’indice dei prezzi è calato nell’ultimo anno dal 10 al 5 per cento, ma il danno ormai c’è ed è sotto gli occhi di tutti. La cura della Bce si è rivelata limitata e limitante: a questo punto serve una inversione di tendenza e il costo del denaro va tagliato già nel primo semestre del 2024». All’interno del suo report mensile sul credito, Unimpresa ha inoltre messo l’accento su come l’impatto dell’aumento dei tassi d’interesse si sia abbattuto sui prestiti bancari, calati di oltre il 4% nell’ultimo anno, con una stretta creditizia da 55 miliardi di euro. Gli istituti di credito hanno tagliato i finanziamenti alle imprese del 7% (47 milioni di euro). Per quanto riguarda le famiglie, si registra invece un saldo negativo di 8 miliardi, con una crescita del debito al consumo di circa 6 miliardi e un crollo dei prestiti personali di oltre 13 miliardi.

[di Stefano Baudino]

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3 Commenti

  1. Leggo:” Così, mentre famiglie e imprese si impoveriscono, a subire il colpo è anche il settore bancario, che potrà contare su meno liquidità per erogare credito alla clientela”. Probabilmente all’estensore dell’articolo non è chiaro che le banche creano moneta dal nulla, e non sono i contanti che movimentano a determinare i loro bilanci, se non in misura piccolissima in ragione della riserva frazionaria 🙁

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