giovedì 21 Novembre 2024

Incidenti sul lavoro e massima segretezza dietro il bunker di lusso di Zuckerberg

«È il Fight Club. Non parliamo del Fight Club». Così, evocando il romanzo di Chuck Palahniuk, un ex dipendente ha descritto il clima di segretezza, ai limiti della paranoia, che avvolge il mastodontico progetto edilizio in costruzione nell’idilliaca isola hawaiana di Kauai. «Qualsiasi cosa venga pubblicata su questo progetto, ne vengono a conoscenza immediatamente», ha aggiunto sibillino. Qua il silenzio è d’obbligo e la condivisione dei dettagli è severamente vietata. Nessuno che lavora a questo progetto ha il permesso di parlare di ciò che si sta costruendo. Tutti i lavoratori, dai carpentieri agli elettricisti, dai pittori ai guardiani della sicurezza, sono vincolati da un rigoroso accordo di non divulgazione. Questi accordi non sono una mera formalità e diverse persone sarebbero state rimosse dal progetto per aver spifferato dei dettagli sui social media. Le squadre di costruzione all’interno del sito sono assegnate a progetti separati, in modo da rendere difficile lo scambio di informazioni.

Si tratta di un progetto avvolto nel mistero, custodito da un muro alto due metri e sorvegliato da telecamere e da guardie di sicurezza. I dettagli sono stati svelati da una lunga inchiesta dei colleghi di Wired. Guthrie Scrimgeour ha messo insieme le testimonianze anonime degli ex dipendenti e l’analisi dei documenti giudiziari, rivelando che dietro il progetto c’è Mark Zuckerberg, CEO di Meta, che ha acquistato il terreno nel 2014, e sta costruendo un complesso di oltre 500 ettari.

Il progetto, noto come Koolau Ranch, copre circa 1.400 acri e include oltre una dozzina di edifici, tra cui due palazzi centrali con oltre 30 camere da letto e 30 bagni, sale conferenze, cucine enormi, piscine, saune, campi da tennis e uffici. La parte più controversa del progetto è un rifugio sotterraneo di 5.000 piedi quadrati, stimato costare circa 270 milioni di dollari. Il bunker è equipaggiato con una cisterna per l’acqua e sistemi indipendenti per la produzione di energia elettrica, con un sofisticato sistema di videosorveglianza per monitorare l’intera proprietà. L’accesso al sotterraneo sarà progettato per essere totalmente inviolabile, garantendo una resistenza totale a eventuali attacchi esterni. 

Tuttavia, dietro le maestose dimensioni e l’opulenza della residenza, emerge una serie di problemi, che riguardano l’impatto ambientale, l’ossessione per la privacy da parte di un magnate delle Big Tech – il cui business è, paradossalmente, la vendita dei nostri dati personali – fino ad alcuni incidenti sul lavoro, come la caduta di una gru e la morte di un lavoratore. 

Come se non bastasse, l’inchiesta di Wired mostra come Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan abbiano cercato di controllare il flusso di informazioni attorno al progetto, con azioni legali contro i discendenti di proprietari terrieri locali e pressioni sulla stampa locale. La segretezza e la mancanza di trasparenza hanno portato a una crescente sfiducia da parte della comunità locale nei confronti del magnate tecnologico. Molti vedono il progetto come un simbolo della crescente disuguaglianza e della perdita di accesso alle terre native da parte della popolazione locale.

Kauai, con i suoi 73.000 abitanti, negli ultimi anni si è trovata travolta dalla costruzione di case di lusso per i nuovi arrivati, che ha cambiato il volto dell’isola e la sua economia tradizionale, basata sul turismo. I coniugi Zuckerberg hanno persino fatto pressione su alcuni dei proprietari terrieri che detenevano i diritti su una dozzina di piccoli appezzamenti di terreno all’interno del loro ranch. Mentre le donazioni filantropiche sembrano mitigare le critiche della stampa, resta aperto il dibattito sulla sostenibilità di progetti di questa portata e sul loro impatto sulle comunità locali. 

È curioso, inoltre, che la notizia sia trapelata proprio in questi giorni in cui sul web non si parla d’altro del film apocalittico di Sam Esmail, Il mondo dietro di te, appena uscito su Netflix, prodotto da Barack e Michelle Obama. Tratto dall’omonimo romanzo di Rumaan Alam pubblicato nel 2020, la pellicola mostra le conseguenze di un disastro tecnologico. È proprio uno dei personaggi G.H. a confessare cosa sta accadendo: è in atto un colpo di Stato politico. Le persone che occupano posizioni di potere stanno lasciando che una guerra civile prenda il sopravvento, paralizzando con un blackout i mezzi di trasporto e di comunicazione, oltre ad alimentare la disinformazione e fare in modo che la gente comune, in preda al panico, si elimini da sola. Questa ristretta élite di potenti si è preparata costruendo enormi bunker post-apocalittici con scorte energetiche e alimentari. 

Si tratta di una delle tante forme di isteria che spopola, realmente, tra i miliardari della Silicon Valley, tanto che molti dirigenti di società hi-tech e della finanza hanno iniziato a correre ai ripari, costruendo bunker e procurandosi armi per mettersi al sicuro. 

In un’intervista concessa nel 2017 al New Yorker, Reid Hoffman, confondatore di LinkedIn, aveva confessato di avere «pistole e munizioni. Cibo. Penso che potrei nascondermi nella mia casa per abbastanza tempo». Come lui, molti altri magnati non vogliono farsi trovare impreparati, nel caso in cui gli scenari, previsti dai film di fantascienza, si dovessero avverare. Sulla rivista newyorchese, Evan Osnos faceva anche nomi e cognomi: Steve Huffman, cofondatore e AD di Reddit; Marvin Liao, ex dirigente di Yahoo! e partner di ben 500 startup; Robert A. Johnson, gestore capo del fondo hedge di George Soros, Soros Fund Management.

Nel frattempo, lontano dagli occhi indiscreti, Zuckerberg e sua moglie Priscilla Chan continuano a costruire una delle proprietà più costose al mondo, sprezzanti della sicurezza sul lavoro e incuranti dell’impatto ambientale e delle preoccupazioni degli isolani, il cui silenzio può sempre essere comprato da qualche assegno di “beneficenza”. Per prepararsi alla fine dei tempi nella massima segretezza.

[di Enrica Perucchietti]

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