sabato 2 Novembre 2024

Un nuovo studio rivela dettagli inediti sulla fotosintesi

I primi organismi capaci di fotosintesi, il processo che trasforma luce solare, acqua ed anidride carbonica in energia e ossigeno, sono risalenti a ben 1,75 miliardi di anni fa e non a 150/500 milioni di anni fa come si pensava in precedenza. Lo riporta una nuova scoperta inserita in uno studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Nature. I ricercatori hanno trovato la prova diretta più antica di membrane tilacoidi in fossili della Formazione McDermott in Australia ed in ritrovamenti nella Formazione Grassy Bay nel Canada Artico. Si tratta di una ricerca significativa perché aiuterà gli scienziati a capire come si è evoluta la vita sulla Terra e perché, secondo il professor Robert Blankenship, potrebbe addirittura aprire la strada ad indagini su altri pianeti. Tuttavia, la ricerca sarebbe ostacolata da diverse questioni tecniche come la ridotta numerosità degli organismi ritrovati nei reperti e la loro difficoltà nell’attaccarsi ai sedimenti senza frantumarsi.

Le origini della vita sulla Terra sono ancora misteriose e la difficoltà nel reperire fossili ben conservati e significativi per lo studio rappresenta un ostacolo tutt’altro che indifferente. Secondo l’attuale comprensione scientifica, la fotosintesi si è sviluppata circa tre miliardi e mezzo di anni fa, ma si trattava di un processo primitivo che non produceva ossigeno chiamato fotosintesi anossigenica. Inoltre, il passaggio che portò all’evoluzione della fotosintesi trasformandola in quella con cui conviviamo oggi non è ancora noto. Tra le teorie più accreditate vi è quella secondo cui i cianobatteri furono tra i primi organismi a produrre ossigeno utilizzando i tilacoidi, un sistema di sacculi appiattiti che hanno la funzione di raccogliere la luce ed immagazzinarla. «La loro produzione di ossigeno ha portato all’accumulo di ossigeno e ha modificato profondamente la chimica degli oceani e dell’atmosfera terrestre, nonché l’evoluzione della biosfera, compresa la vita complessa», ha dichiarato Emmanuelle Javaux, ricercatrice dell’Università di Liegi e coautrice dello studio.

Nonostante articoli scientifici precedenti che stimavano la comparsa di membrane tilacoidi in fossili risalenti ad un periodo compreso tra 150 e 550 milioni di anni fa, la nuova ricerca fornisce la prima prova diretta riferita ad un periodo molto più antico: dagli 1,01 agli 1,75 miliardi di anni fa. Javaux ha affermato che si tratta di una scoperta significativa perché “aiuta gli scienziati a capire come si è evoluta la vita sulla Terra”. Robert Blankenship, professore di arti e scienze della Washington University di St. Louis e non coinvolto nella ricerca, ha aggiunto che comprendere come è avvenuta la fotosintesi qui può aiutarci a “cercare prove di questo processo vivificante e di cambiamento del mondo su altri pianeti”. Blankenship ha infatti collaborato anche con la NASA per teorizzare come potrebbe apparire la fotosintesi sui pianeti le cui stelle emettono luce con lunghezze d’onda diverse dalla Terra. Tuttavia, la ricerca sarebbe “significativa ma non sorprendente” in quanto gli organismi fossilizzati ritrovati sono pochissimi e tra le cause vi sarebbe il fatto che i batteri non contengono sostanze dure come minerali e non si attaccano alla documentazione fossile, ovvero la sequenza con cui i resti appaiono negli strati rocciosi. Il tutto sommato poi alle dimensioni estremamente ridotte ed al fatto che le strutture ricercate potrebbero essere state distrutte dal processo di compressione dei sedimenti e delle rocce nel tempo. Per questo gli autori hanno scritto che “analisi ultrastrutturali simili di microfossili ben conservati potrebbero espandere l’attuale documentazione geologica” in quanto ulteriori ricerche dettagliate dei microfossili più antichi potrebbero contenere le risposte a tutte le domande.

[di Roberto Demaio]

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