La musica dei giovani in Italia, in poche parole. Questa rubrica nasce con l’intento di spiegare, in maniera semplice, cosa stanno ascoltando i giovani in Italia e perché lo stanno facendo. Troppo spesso nei media tradizionali la narrazione della “nuova musica”, in particolar modo del rap, è distorta e sbagliata, frutto soprattutto di una mancanza di strumenti adeguati da parte dei “grandi” per decifrare quello che sta accadendo. Questa rubrica nasce per provare a cambiare un po’ la situazione e dare a tutti la possibilità di capire meglio cosa sta succedendo oggi nella musica.
Il 2023 musicale si chiude con una certezza: che piaccia o meno, il genere più ascoltato in Italia è il rap. Nelle classifiche Spotify di fine anno sette su dieci album sono rap o dei vari sottogeneri che da esso derivano. Risultato identico se parliamo della top 10 delle canzoni, mentre se andiamo a vedere gli artisti più ascoltati si arriva addirittura a 9 artisti su 10, con i soli Pinguini Tattici Nucleari a rappresentare il pop.
In dettaglio:
- Sfera Ebbasta
- Geolier
- Lazza
- Shiva
- Guè
- Tedua
- Marracash
- Pinguini Tattici Nucleari
- Capo Plaza
- Thasup
Una classifica piuttosto eloquente che suggerisce qualcosa di molto simile ad un dominio. Ma i numeri non bastano per restituire a pieno la sensazione che solo il rap riesca davvero ad attirare attenzione da parte delle persone in maniera organica e veloce. C’è un canale di comunicazione reale e funzionante tra gli artisti rap e il pubblico del genere. L’annuncio di un album pop o di qualsiasi altro genere, viceversa, sembra non spostare nulla. Può andare bene, alla fine, grazie ad una buona promo radiofonica e grazie ai “momenti” che ancora tengono in vita l’impianto della tradizione italiana (Sanremo e periodo estivo su tutti) ma comunque non va mai a botta sicura: non si genera una reazione da parte delle persone, non sembra esserci una conversazione o una discussione aperta su tutto quello che non sia rap. Gli artisti pop non hanno potere sul loro pubblico, potremmo dire.
Ovviamente si tratta di una semplificazione della realtà perché se poi vai a vedere Calcutta (ma qui parliamo di un fuoriclasse assoluto del suo genere) il disco sta andando benone e la gente quel disco lo aspettava eccome. Però il trend è chiaro: il rap – o meglio, i rapper – sono ancora caldi. Tutto il resto oscilla tra il freddo e il tiepido, con pochissime eccezioni. L’annuncio del ritorno dei Club Dogo, gruppo storico del rap italiano e simbolo della città di Milano che ha annunciato il rientro sulle scene dopo oltre otto anni di pausa, ad esempio, è stato un momento di euforia incredibile: solo su Instagram, il video trailer ha 17,8 mln di visualizzazioni. Risultati che, al momento, per il pop sono un miraggio.
Questo momento per il rap italiano non è nemmeno troppo scontato perché, al contrario, i dati a livello internazionale ci suggeriscono una stabilizzazione del genere rap, dopo i fasti del periodo a cavallo tra il 2016 e il 2018: si guardi l’evoluzione dei risultati dei dischi di Drake, per capire meglio a cosa mi riferisco. Anche il chiacchieratissimo UTOPIA di Travis Scott è ben lontano dai risultati del precedente Astroworld: c’è tempo, è vero, e con TikTok la vita di un disco è più lunga e imprevedibile, ma la sensazione netta è che, nonostante sia un bel disco, gli manchino proprio le hit.
Ecco, parlando di attesa di album il caso più emblematico del 2023 è probabilmente La Divina Commedia di Tedua, rapper genovese che è uno dei protagonisti della “rivoluzione 2016’’, cioè di quell’ondata di artisti come Ghali, Sfera Ebbasta, Dark Polo Gang che sono arrivati e hanno cambiato linguaggio e regole dell’industria musicale. Per chi si fosse perso qualcosa, Tedua era da un po’ di anni che aveva annunciato il titolo del suo prossimo disco. Un titolo ambizioso perché il riferimento è ovviamente alla Commedia dantesca, una delle opere più complesse e studiate della storia. Una serie di complicazioni personali, la necessità di tenere fede a delle aspettative così alte (in cui si era un po’ ficcato stesso lui, consapevolmente) e la giusta volontà di migliorare alcuni aspetti della sua “tecnica” di rapper, lo hanno portato a ritardare di un bel po’ l’uscita dell’album, arrivata solo alle porte dell’estate dello scorso anno. L’attesa era ovviamente enorme, perché erano anni che se ne parlava. I fan non vedevano l’ora e anche chi non apprezza Tedua ha dovuto, quasi per forza, dargli almeno un ascolto.
Tedua è uno degli artisti con la fanbase più attiva in assoluto. Il rapporto che si è creato tra lui e i suoi ascoltatori è totale. Lui lo sa bene, sa di avere un ruolo nella vita delle persone che lo ascoltano e lo gioca volentieri. A volte, in alcuni momenti, si riferisce a loro come se fosse un leader spirituale, non il loro artista preferito: una cosa a cui oggi ambiscono in pochi perché ci riescono in pochi, bisogna avere carisma, contenuti e anche coraggio (cose che a Tedua non sono mai mancate). Ad esempio, nella parte finale della seconda canzone del nuovo disco, dice una frase che somiglia molto di più alla massima di un santone, di un leader di una setta (che tra l’altro autocita frasi famose del suo passato), piuttosto che alle parole di un cantante:
Il futuro è in mano ai deboli che si sono fatti coraggio
E io me lo sono fatto
Ma per farsi coraggio bisogna sapersi guardare dentro
L’autocritica pretende consapevolezza
Auguro a tutti voi che la vostra umiltà non si trasformi in insicurezza
E che la vostra sicurezza non si trasformi in arroganza
(Tedua, Malamente)
Questa frase è diventata praticamente un mantra per i suoi ascoltatori.
Quando parti da aspettative così alte il rischio di farsi male c’è, è forte ed è da mettere in considerazione. In questo caso Tedua si sarebbe fatto male per davvero perché era da troppo che non usciva un suo progetto vero (da Mowgli, perché il mixtape del 2020 che ha pubblicato in mezzo è un po’ una parentesi senza troppe aspettative, comunque importante per aggiungere hit alla sua carriera).
Alla fine per Tedua è andato tutto bene: il disco è stato un mix equilibrato per fare felici i suoi fan e il riscontro è stato dei migliori. Mario Molinaro, questo il suo nome all’anagrafe, è migliorato in molti aspetti, ma nel diventare un artista tecnicamente migliore non ha perso la sua spontaneità e la sua capacità di scrittura. Anche se su Spotify i brani più ascoltati sono altri, il motivo per cui le persone hanno apprezzato La Divina Commedia sono Intro, Bagagli e Outro. Brani dove racconta in maniera totalmente sincera quello che gli è successo negli anni, che magari non ascolti più volte perché sono pesanti ma che poi sul percepito di un disco fanno la differenza.
I risultati commerciali sono stati poi eccezionali, accompagnati anche da un tour di livello considerevole. Tedua ha fatto quattro Forum, dimostrando di giocare a pieno il campionato della Serie A dei live-show in Italia. Categoria in cui non ce ne sono poi tanti di artisti: Marracash con il Marrageddon, i Club Dogo con i 10 Forum, Sfera con i 2 San Siro, Geolier con i 2 Maradona, Salmo, Lazza e pochissimi altri. Tedua ha anche annunciato per il 2024 un’unica data estiva all’Ippodromo, nell’ambizioso contesto degli i-Days: sarà il concerto più grosso della sua carriera.
Dire chi è l’artista dell’anno è sempre un esercizio difficile e quasi sempre è qualcosa di estremamente soggettivo. Ma Tedua è sicuramente tra i nomi da fare perché non ha fallito un esame che stava diventando sempre più una chimera: la sensazione che potesse aver tirato troppo la corda c’era. Invece è stato coraggioso, ha difeso la sua procrastinazione, ne ha spiegato i motivi con convinzione, ha creato una narrazione forte e comprensibile (con la parola d’ordine consapevolezza) e ha dimostrato, soprattutto, di essere cresciuto con i suoi fan. Un qualcosa in cui in molti falliscono tremendamente. Tedua è maturato molto e ha saputo raccontare al mondo la sua evoluzione. Che piaccia o meno, è uno storyteller eccezionale e tanti artisti dovrebbero prendere appunti per capire come parlare con efficacia a chi li segue.
È uno degli artisti dell’anno perché è la perfetta esemplificazione di cosa i rapper oggi sanno fare meglio degli altri: comunicare con il pubblico. E finché sarà così, a prescindere dai pareri soggettivi, i probabili artisti dell’anno saranno, ancora una volta, tutti rapper.
[di Alessandro Quagliata]
Litania senza arte, il rap.
Credo che un giornale che vuole porsi a sinistra non debba mai dimenticare le critiche all’industria culturale di pensatori come Pasolini, Debord, Adorno, Marcuse, Fromm, Anders e così via, o rischia di essere, magari inconsapevolmente, veicolo di distruzione.
Non è mai stato e mai sarà il mio genere, ma penso che possa essere un vettore di grande importanza per potere scuotere le menti dei giovani, naturalmente non tutti i rappresentanti del genere hanno una sensibilità e una tendenza al pensiero critico, ad oggi fondamentale per le sorti del futuro di tutti.
Sarà… ma per il mio gusto… gli manca l’armonia… Faccia i numeri che al resto ci pensano quelli bravi davvero (soprattutto negli altri generi).