martedì 3 Dicembre 2024

È iniziato il summit tra Italia e Paesi africani per il misterioso “nuovo piano Mattei”

Che sia marketing elettorale o qualcosa di più, lo scopriremo a breve. Dopo tanto parlare, infatti, si è ufficialmente aperto a Roma il summit tra Italia e Paesi Africani per il cosiddetto “Piano Mattei”, che richiama il nome dell’ex presidente Eni – morto nel 1962 in circostanze mai chiarite -, simbolo del multilateralismo italiano in politica estera e del percorso verso l’indipendenza africana. Un progetto che si sostanzia nella promessa di creare, come ha dichiarato la premier italiana Giorgia Meloni, affari «non predatori» con l’Africa, affrontando le cause profonde dei flussi migratori e dell’emergenza climatica in corso, ma che fino ad oggi è rimasto sostanzialmente sconosciuto nei suoi dettagli. Dopo un incontro avvenuto nella serata di ieri al Quirinale, che ha visto la partecipazione di leader dei Paesi africani, dei vertici dell’Ue, dell’Unione africana e delle principali Organizzazioni internazionali, i lavori del summit “Italia-Africa. Un ponte per una crescita comune” hanno preso ufficialmente il via a Palazzo Madama, dove si è aperta la sessione plenaria. Nell’occasione, Meloni ha elencato quelli che, presumibilmente, saranno i primi “progetti pilota” del piano, principalmente focalizzati su energia rinnovabile, istruzione e formazione professionale. Seguiranno, nella giornata di oggi, specifiche sessioni di lavoro su temi quali sicurezza e transizione energetica, immigrazione e lotta al terrorismo.

Il vertice ha avuto inizio ieri sera, quando al Quirinale si sono riuniti allo stesso tavolo, tra gli altri, il Capo dello Stato Sergio Mattarella la presidente del Consiglio Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, i presidenti dell’Unione africana e della Commissione dell’Unione Africana e 25 capi di Stato e di governo africani. Da mesi, Meloni si propone come ideatrice e mediatrice di un progetto europeo – al summit sono infatti presenti anche i vertici Ue, Ursula von der Leyen, Roberta Metsola e Charles Michel, oltre al vice segretario Generale dell’ONU e alla direttrice del FMI –, che abbia come finalità primaria quella di stringere legami sul fronte degli approvvigionamenti energetici con i Paesi africani. «Questo è il primo appuntamento internazionale che l’Italia ospita da quando ha assunto la presidenza del G7 ed è frutto di una scelta politica estera estremamente precisa, che porterà a riservare all’Africa un posto d’onore nell’agenda della nostra Presidenza», ha detto la premier italiana aprendo il suo intervento al Senato dopo la cerimonia di accoglienza dei capi delegazione e lo scatto della foto di famiglia. Rispetto alle risorse messe sul tavolo, Meloni ha parlato di «5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie», somma di «circa 3 miliardi dal fondo italiano per il clima e 2,5 miliardi e mezzo dal fondo per la Cooperazione allo sviluppo». La Presidente del Consiglio ha annunciato la creazione, entro un anno, di «un nuovo strumento finanziario assieme a Cassa depositi e prestiti per agevolare gli investimenti del settore privato nei progetti del Piano Mattei».

Ciò che è certo è che la cabina di regia inizierà a riunirsi a febbraio per lavorare sui primi progetti. Inizialmente, come reso noto da Meloni nella cornice del suo intervento, ci si occuperà dell’istituzione di un grande centro di formazione professionale sull’energia rinnovabile in Marocco, mentre progetti agricoli dovrebbero coinvolgere Algeria, Mozambico ed Egitto. Si punta molto anche sulle relazioni con Congo ed Etiopia e, in particolare, con la Tunisia, dove partiranno progetti legati all’istruzione e al settore agroalimentare. In Costa d’Avorio, invece, l’obiettivo è quello di migliorare l’accessibilità alla sanità. Il Piano Mattei per l’Africa, ha detto in Aula la premier, «è un piano concreto di interventi strategici concentrati nel medio e lungo periodo. Non è una scatola chiusa ma una piattaforma aperta e la condivisione è uno dei principi cardine». «L’obiettivo di medio e lungo periodo è quello di dimostrare quanto siamo consapevoli che il destino dei nostri continenti sia interconnesso, e immaginiamo di poter scrivere una pagina nuova nelle nostre relazioni – ha aggiunto la Presidente del Consiglio -. Un rapporto da pari a pari, lontano da qualsiasi tentazione predatoria ma anche da quella impostazione caritatevole nell’approccio con l’Africa».

Come avvenuto in Tunisia, a Lampedusa e, in due occasioni, in Emilia-Romagna, sui luoghi in cui la scorsa primavera si è abbattuto l’alluvione, anche oggi al fianco della premier italiana c’è la Presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen, la quale ha annunciato «una nuova era di cooperazione» con la Banca africana di sviluppo. Il feeling tra le due sembra essere notevolmente aumentato da quando Meloni, sin dalla prima fase post-insediamento a Palazzo Chigi, ha dato sull’economia ampi segnali di allineamento alle politiche Ue, abbandonando l’impeto sovranista che aveva contraddistinto la sua scalata al governo in campagna elettorale. In ultimo, ciò è stato palpabilmente dimostrato con il via libera dell’Italia al Nuovo Patto di Stabilità, che la stessa Meloni ha confessato non essere quello che avrebbe voluto. Von der Leyen ha dichiarato che il nuovo Piano Mattei «rappresenta un importante contributo a questa nuova fase della nostra partnership con l’Africa e si integra con il nostro European Global Gateway, 150 miliardi di euro» dall’Ue.

Ad essere completamente estranea rispetto a questa visione agiografica – specie per l’attenzione dedicata dal Piano allo sviluppo del gas (fonte fossile tutt’altro che coerente con il contrasto delle emissioni climalteranti) – sembra però essere la società civile africana. Sottoscrivendo congiuntamente una lettera indirizzata a Sergio Mattarella, Giorgia Meloni e Claudio Tajani, numerose associazioni africane hanno infatti scritto che il Piano Mattei “mina l’appello urgente ad affrontare la crisi climatica stimolando maggiori investimenti e flussi finanziari in nuovi progetti di petrolio e gas fossile, minando il benessere degli africani colpiti dai combustibili fossili e distogliere risorse da altri settori – come l’espansione delle energie rinnovabili o i progetti di adattamento – che potrebbero essere più rilevanti”. Secondo i redattori della missiva, “la crisi energetica che attualmente prevale in Europa non deve essere trattata come una via per promuovere nuove infrastrutture per l’estrazione e l’esportazione di petrolio e gas. Questa ‘corsa al gas’ in Africa è pericolosa e miope”.

[di Stefano Baudino]

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