La notte di venerdì 2 febbraio, gli Stati Uniti hanno lanciato un attacco in Siria e in Iraq contro oltre 85 obiettivi controllati dalle milizie iraniane sostenute dal Corpo delle guardie della rivoluzione islamica (pasdaran) iraniano. Con l’offensiva di ieri arriva la prima risposta statunitense agli attacchi che hanno investito il suolo Giordano una settimana fa, che hanno colpito la base militare USA di Tower 22 uccidendo 3 soldati americani e ferendone diverse decine. Non è ancora del tutto chiara l’entità dei danni causata dagli attacchi, né che cosa esattamente sia stato oggetto di bersaglio, ma stando alle parole di Kirby «gli obiettivi sono stati scelti accuratamente» per evitare le perdite di civili e limitarsi ad abbattere obiettivi militari. L’esercito iracheno ha rapidamente condannato gli attacchi, mentre è ancora poco chiaro cosa dicano Siria e Iran.
L’offensiva, annunciata sul sito del USA Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti, è stata condotta su 7 diverse basi, di cui 3 in Iraq e 4 in Siria. Qui sono state lanciate 125 munizioni di precisione nell’arco di 30 minuti, colpendo bersagli strategici come magazzini di armi, centri di controllo e reparti di intelligence. Come comunicato dal Portavoce del Consiglio di Sicurezza Nazionale degli USA John Kirby in conferenza stampa, quello di ieri si preannuncia essere il primo di tanti attacchi in risposta all’uccisione dei 3 soldati americani in territorio giordano avvenuta una settimana fa e vuole lanciare un segnale alle milizie filo iraniane e alle stesse Guardie Rivoluzionarie: «gli attacchi devono terminare». Stando a quanto comunicato da Kirby, inoltre, le istituzioni irachene erano state avvertite, anche se Baghdad ha condannato l’offensiva che ha colpito la città di Al-Qaim e diverse zone di confine, descrivendola, stando all’agenzia di stampa irachena INA, come una «violazione della sovranità irachena».
Non è del tutto chiaro il numero di persone rimaste vittima dell’attacco statunitense né il danno causato ai numerosi obiettivi presi di mira. Secondo l’Osservatorio per siriano per i diritti umani sono state uccise 13 persone e distrutte 17 posizioni nella località di Deir el-Zor. Nonostante Kirby abbia comunicato più di una volta che l’intenzione statunitense non è quella di ampliare il conflitto e che non sono in programma raid su suolo iraniano, l’attacco di ieri, costellato dalla minaccia di ulteriori offensive su territori alleati a Teheran, rende ancora più complessa la già tesa situazione mediorientale. L’Iran, come gli Stati Uniti, non pare volere portare la guerra su un altro livello, cosa per altro confermata nella conferenza stampa statunitense, ma ancora non si può sapere quale possa essere la sua risposta. Dalle milizie irachene della Resistenza Islamica, invece, sembra essere arrivata una controffensiva, comunicata dall’agenzia di stampa Tasnim: pare siano stati presi d’assalto la base di al-Tanf e il villaggio di al-Khadra.
[di Dario Lucisano]
Dopo l’Iraq anche la Siria non vuole più militari americani sul proprio territorio, l’arroganza Usa sino a quanto è disposta a resistere.