Alla fine di gennaio la Corte Internazionale di Giustizia si è espressa su un caso aperto dall’Ucraina nel 2017 contro la Russia, respingendo la maggior parte delle accuse mosse da Kiev. Nella fattispecie, a essere oggetto di esame era l’attacco russo lanciato su suolo ucraino nel 2014, per il quale Kiev denunciava a Mosca di avere violato due Convenzioni Internazionali: quella sulla repressione del finanziamento al terrorismo e quella sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale, le cui presunte violazioni erano portate avanti con l’accusa di aver finanziato i ribelli separatisti ucraini a Donetsk e Lugansk, definiti come “organizzazioni terroristiche”. Nonostante la Corte abbia respinto quasi tutte le accuse di Kiev, la sentenza è stata accolta come un trionfo dall’Ucraina perché qualche mozione è stata accettata. La sentenza arriva in un contesto generale di appelli legali lanciati dall’una e dall’altra parte, molti dei quali ancora aperti, o in corso d’opera; venerdì, infatti, la Corte dell’Aia è stata chiamata a esporsi in via preliminare sulle accuse di violazione della Convenzione per la prevenzione e la repressione del delitto di genocidio mosse da Kiev contro Mosca .
La sentenza del 31 gennaio emessa dalla CIG riguardava le accuse di violazione della Convenzione internazionale per la soppressione del finanziamento al terrorismo e della Convenzione internazionale per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale lanciate dall’Ucraina nei confronti della Russia per gli attacchi condotti da Mosca contro i territori di Kiev nel 2014. Entrambe le accuse sono state accolte solo in minima parte, mentre la quasi totalità delle mozioni è stata rigettata. Per quanto riguarda la convenzione sul terrorismo, la Corte ha stabilito che la Russia non ha adempiuto a una sola delle disposizioni che era tenuta a osservare, ovvero quella inscritta nell’Articolo 9 che costringe gli Stati a “condurre indagini” nei confronti di quegli individui che potrebbero stare finanziando il terrorismo. Per ciò che concerne la convenzione sulla discriminazione razziale, invece, secondo la CIG, la Russia è venuta meno ai suoi obblighi nei riguardi degli Articoli 2 e 5, e nello specifico discriminando l’insegnamento in lingua ucraina nella sua implementazione del sistema scolastico in Crimea.
Nonostante tutte le altre accuse, che vedevano nella Russia una parte ben più attiva tanto nella mancata lotta al finanziamento terroristico, quanto nella discriminazione razziale, siano state rigettate, l’Ucraina ha accolto con approvazione la sentenza della Corte dell’Aia. A tal proposito, il Ministro degli Affari Esteri ucraino Dmytro Kuleba ha rilasciato una dichiarazione in cui sottolineava l’importanza nel giudizio della Corte in quanto esso costituisce «la prima volta nella storia che la Corte Internazionale di Giustizia raggiunge un giudizio finale sulla violazione della legge internazionale da parte della Russia». Per quanto sia in senso stretto vero che la CIG abbia riconosciuto una violazione della legge internazionale da parte della Russia, non può non notarsi il forte uso propagandistico della sentenza fatto da Kuleba, visto che la CIG ha accolto ben poche mozioni dell’Ucraina, tra l’altro tutte scarsamente rilevanti, non riconoscendole invece il risarcimento richiesto.
Quello del 31 gennaio è solo uno dei tanti casi in cui il Tribunale dell’Aia è stato chiamato a rispondere in merito ai contrasti tra Russia e Ucraina. Già il 16 marzo 2022, infatti, la Corte aveva imposto misure preventive alla Russia chiedendole di fermare l’aggressione nel Donbass, mentre venerdì 2 febbraio si è espressa preliminarmente sul caso di genocidio intentato da Kiev nei confronti di Mosca. Con quest’ultima sentenza preliminare, la CIG ha accolto in parte le richieste ucraine, riconoscendo di avere la giurisdizione per stabilire che in merito alle azioni condotte da Kiev nel Donbass non sussistano le condizioni per poter parlare di genocidio, ma allo stesso tempo ha negato l’accusa mossa nei confronti della Russia di aver violato la Convenzione sul genocidio. Analogamente da quanto fatto dal Ministro degli Esteri ucraino, ma a parti invertite, la Portavoce del Ministero degli Affari Esteri russa Maria Zakharova ha piegato la sentenza a favore della Russia, sottolineando come la CIG «passerà in rassegna una sola questione: se l’Ucraina ha commesso un genocidio nel Donbass», che, esattamente come nel caso della violazione della legge internazionale da parte della Russia, è una cosa vera, ma non del tutto.
Kiev ha chiesto alla CIG di stabilire che gli ucraini non abbiano commesso alcuna violazione della convenzione del genocidio nel Donbass, accusando al contempo i russi di averlo fatto; il primo di questi punti è stato accolto, mentre il secondo no. È dunque naturale che ora la CIG sia chiamata a esprimersi sulla possibilità che l’Ucraina abbia commesso un genocidio nel Donbass, anche se forse sarebbe più corretto dire che ciò che essa deve stabilire è se l’Ucraina non lo ha fatto. Le cause poste davanti al tribunale dell’Aia e le relative sentenze da esso avanzate, sono insomma oggetto di numerose distorsioni tanto dall’una quanto dall’altra parte, e costituiscono un altro dei fronti su cui si sta combattendo quella guerra che dura da quasi due anni.
[di Dario Lucisano]
Ma la smettano di far guerra tra chi è con gli USA e chi con la Russia, l’unico reato da pena di morte sono i militari telecomandati da un paese straniero.