Ormai anche i rappresentanti del governo tedesco non possono più nascondere la grave crisi economica in cui versa la prima economia europea, quella che fino a poco tempo fa veniva considerata la locomotiva d’Europa: il ministro delle finanze di Berlino, Lindner, è stato, infatti, costretto ad ammettere che il Paese non è più competitivo, mentre il ministro dell’Economia, Robert Habeck (del partito dei Verdi), la settimana scorsa ha proposto una riforma delle imposte sulle società per alleggerire il carico sulle imprese tedesche, gravate dagli elevati costi energetici, considerato che la Germania ha «una tassazione complessiva delle imprese che non è più competitiva e favorevole agli investimenti». Tuttavia, il cancelliere tedesco Olaf Scholz lunedì ha rifiutato la proposta, affermando che l’attenzione dovrebbe invece concentrarsi sull’approvazione definitiva di un progetto di legge esistente che mira a offrire alle imprese sgravi fiscali, il cosiddetto Grows Opportunities Act. Quest’ultimo non convince però Lindner per via del fatto che potrebbe essere annacquato dagli Stati federati al punto da non avere più alcun impatto: ha sollecitato, dunque, un’azione rapida per mettere insieme un pacchetto politico rilevante.
Dopo una prima recessione registrata nel 2023, in seguito a due cali consecutivi del Prodotto interno lordo (PIL), il rallentamento economico di Berlino prosegue e tutti i principali indici economici segnano risultati negativi, a cominciare dalle esportazioni che costituiscono il cuore della strategia economica tedesca improntata sul mercantilismo. A fronte di una contrazione del PIL nel quarto trimestre del 2023 pari allo 0,3% rispetto al trimestre precedente, le esportazioni sono diminuite del 4,6% a dicembre rispetto al mese di novembre, mentre le previsioni si aspettavano un calo del 2%. La crisi – scatenata soprattutto dall’inflazione energetica – ha comportato ampie proteste e disordini tra le classi lavoratrici, in particolare per quanto riguarda gli agricoltori e i lavoratori del trasporto pubblico, aumentando la pressione sul governo di Olaf Scholz e inasprendo le tensioni e le divisioni interne alla coalizione del cancelliere. La recessione tedesca è un campanello d’allarme per l’intera economia dell’eurozona, anch’essa entrata in recessione tecnica nel primo trimestre 2023, trainata proprio dalla Germania. Le stesse stime dell’ultimo World Economic Outlook 2024 del Fondo monetario internazionale (FMI) hanno visto al ribasso di 0,3 punti percentuali la crescita dell’area euro rispetto alle stime di ottobre 2023 “in gran parte per il trascinamento del risultato più debole del previsto per il 2023”.
Nel dettaglio, le esportazioni dell’economia teutonica sono diminuite rispetto al mese di novembre del 5,5% verso i Paesi dell’Ue e del 3,5% verso i Paesi extra UE. Secondo l’Ufficio federale di statistica tedesco Destatis, tutti i più importanti settori industriali tedeschi hanno subito contrazioni, ad eccezione di quello automobilistico. La produzione reale (al netto dei prezzi) nel settore manifatturiero è diminuita dell’1,6% nel dicembre 2023 rispetto a novembre dello stesso anno e anche nell’importante industria chimica e nel settore edile si sono registrati cali particolarmente significativi, rispettivamente del 7,6% e del 3,4% rispetto al mese precedente (novembre 2023). Sempre a dicembre, la produzione industriale (industria manifatturiera esclusa energia ed edilizia) è diminuita dell’1,5%, mentre rispetto allo stesso mese dell’anno precedente (2022) è diminuita del 3,7%. La contrazione annua del settore manifatturiero, invece, è stata inferiore al 3%. Da notare come la produzione sia diminuita maggiormente nelle industrie ad alto consumo energetico dove è calata del 5,8% a dicembre 2023 rispetto a novembre 2023 e del 4% rispetto a dicembre 2022. Si tratta di un chiaro segnale del fatto che l’industria teutonica non ha retto al colpo dell’interruzione delle forniture energetiche russe causato dalle sanzioni, come confermato dall’esperta dell’OCSE Isabell Koske. Secondo l’OCSE, l’economia tedesca è in ritardo rispetto alla crescita internazionale quest’anno: «Ciò è dovuto principalmente al fatto che l’industria ad alta intensità energetica ha un peso maggiore nell’economia tedesca rispetto ad altri paesi della zona euro», ha detto Koske, aggiungendo che «la Germania è anche più dipendente dalle importazioni di energia russe».
Secondo l’agenzia britannica Reuters, “a gennaio il morale delle aziende Mittelstand, che costituiscono la spina dorsale dell’economia tedesca, è crollato” e la situazione non è più rosea nel settore dei servizi dove l’attività commerciale è diminuita a gennaio per il quarto mese consecutivo a causa della domanda debole. Unica eccezione in questo panorama è rappresentata dal settore automobilistico che ha registrato un aumento della produzione del 4%. Le cause che hanno spinto in recessione la più grande economia europea sono diverse e riguardano fattori sia interni che esterni: tra i secondi vanno annoverate sicuramente le sfavorevoli congiunture internazionali che hanno provocato inflazione e le sanzioni alla Russia con il conseguente aumento dei costi energetici. Queste circostante hanno a loro volta causato un calo della domanda sia interna che estera. A ciò si aggiunge anche l’aumento del costo del denaro dovuto alle politiche monetarie restrittive della Banca centrale europea (BCE) che hanno depresso ulteriormente la domanda interna.
La Russia era uno dei più importanti partner commerciali della Germania soprattutto in ambito energetico: dopo l’imposizione delle sanzioni, è venuto a mancare uno degli elementi chiave del modello economico teutonico: l’energia a prezzi competitivi, sostituita ora con quella ben più costosa del GNL americano. La mancanza di autonomia strategica e politica dell’UE ha portato il Vecchio continente a passare dalla dipendenza energetica (a buon mercato) della Russia a quella costosa degli Stati Uniti, in nome degli interessi geostrategici americani, sacrificando – di contro – quelli tedeschi ed europei. La coalizione del cancelliere Scholz si trova così ad affrontare una profonda crisi politica, economica e sociale che rischia di ripercuotersi su tutto il Vecchio continente, mentre continua a sostenere con ingente denaro pubblico l’Ucraina.
[di Giorgia Audiello]
L’industria italiana è strettamente legata a quella tedesca. Se crolla la Germania crolliamo anche noi, non ci sono alternative e lo vedremo tra pochi mesi.
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