Numerosi degli oltre cinquanta Fogli di Via recapitati dalla questura ai militanti No Tav della Val di Susa tra dicembre e gennaio sarebbero stati consegnati a persone che non si trovavano nemmeno sul posto al momento dei cortei o degli scontri avvenuti lo scorso anno. È quanto hanno potuto rilevare i legali di alcuni dei destinatari dei provvedimenti, dopo aver esaminato le immagini degli scontri ed aver effettuato, quando possibile, controlli sulle geolocalizzazioni dei soggetti. Il tutto è emerso nel corso della conferenza stampa Vola Via Foglio di Via, indetta dal Movimento No Tav nel piazzale del presidio No Tav di San Didero, in bassa Valle di Susa. Fra le motivazioni a supporto dei provvedimenti del Questore vi sono eventuali pendenze di altri procedimenti, segnalazioni o deferimenti della Digos alla Procura per azioni delittuose o, ancora, la presenza di condanne definitive: anche in questo caso, tuttavia, gli avvocati hanno osservato che spesso il riferimento era a processi per i quali sono già intervenute assoluzioni o prescrizioni.
«Mi denunceranno per averlo violato, ma io oggi sono qui perché contesto l’uso politico dei Fogli di Via emessi dalla questura e rivendico il mio diritto di esprimere il dissenso contro un’opera inutile». A parlare così è stato Luigi Casel, storico attivista del movimento No Tav, che nel corso della manifestazione andata in scena a San Didero ha attaccato la Questura per i provvedimenti emessi negli ultimi mesi, uno dei quali a lui indirizzato. Al suo fianco, decine di altre persone colpite dai Fogli di Via. Molte sono residenti in Val di Susa, ma ci sono anche attivisti del centro sociale torinese Askatasuna e di altre città della Penisola. Il Foglio di Via è, tecnicamente, una misura di prevenzione che si applica ai soggetti che, secondo l’autorità di pubblica sicurezza, siano ritenuti “socialmente pericolosi”. E la pericolosità sociale del soggetto che viene colpito dal provvedimento deve avere le caratteristiche della concretezza e dell’attualità. La motivazione contenuta negli oltre cinquanta provvedimenti è rappresentata dal fatto che altrettanti attivisti sono stati messi sotto inchiesta per aver danneggiato le reti dei cantieri e per resistenza aggravata a pubblico ufficiale, nella cornice dei fatti avvenuti in occasione delle manifestazioni No Tav tra la primavera e l’estate del 2023.
Stando a quanto ricostruito dal Movimento No Tav e dall’avvocata Valentina Colletta, da anni impegnata nella difesa dei suoi membri, è che coloro che si sono macchiati delle presunte condotte violente non sono stato identificati proprio a causa del loro “travisamento”. Al contrario, i soggetti colpiti dalle misure di prevenzione sarebbero stati messi sotto tiro dalla Questura proprio perché, per la loro “mera presenza” nei luoghi in cui i fatti contestati sono avvenuti, hanno potuto essere identificati attraverso il materiale video e fotografico. Alcuni, invece, non sarebbero state nemmeno presenti all’interno del corteo. Il Movimento No Tav ha evidenziato che, ni casi in cui è stato possibile dimostrare, attraverso le ricostruzioni dei testimoni e i dati di geolocalizzazione, che non solo il soggetto non era presente presso i luoghi dei fatti, ma nemmeno nel territorio comunale ove sorgono i cantieri, si è proceduto al ricorso in via di autotutela al Questore stesso. «Abbiamo dimostrato, anche con testimonianze, che le persone accusate di aver partecipato agli attacchi ai cantieri o non hanno preso parte a tali azioni o si trovavano addirittura altrove nelle occasioni contestate» hanno dichiarato i leader No Tav, che hanno annunciato la decisione di impugnare in sede giudiziaria i Fogli di Via: «Come abbiamo violato i sigilli messi nei mesi scorsi ai nostri presidi resisteremo contro la nuova azione politica avviata dalla digos e dalla questura». Nelle motivazioni su cui si basano i Fogli di via, denuncia il Movimento No Tav, sarebbero inoltre presenti deferimenti o pendenze relativi in realtà a processi già sfociati in assoluzioni, prescrizioni o, addirittura, proscioglimenti in udienza preliminare.
A fine luglio 2023, in Val di Susa si era tenuto il Festival Alta Felicità, evento che il Movimento organizza ogni anno sui terreni che videro nascere e consolidarsi la resistenza No Tav. Durante la seconda giornata del Festival centinaia di militanti si erano diretti verso i cantieri di Chiomonte e di San Didero, dove alcuni dimostranti hanno messo in atto la consueta battitura dei cancelli, rimosso alcuni metri di concertina e lanciato dei petardi in direzione dei cantieri. La Digos ha risposto pochi giorni dopo facendo irruzione all’interno dei presidi No Tav, sequestrando il materiale ritrovato all’interno e comunicando l’arresto di Giorgio Rossetto, storico leader del Movimento. A fine novembre, poi, numerosi agenti della Digos hanno notificato a decine di attivisti No Tav gli atti in merito al sequestro preliminare dei presidi di San Didero e dei Mulini – cui sono stati apposti i sigilli – insieme ad alcuni dei terreni adiacenti, che sono stati disboscati e spianati. Secondo gli attivisti, tali operazioni erano finalizzate anche e soprattutto a prevenire le iniziative di resistenza in vista dell’8 dicembre, data in cui ogni anno si svolge lo storico corteo No Tav. E proprio l’8 dicembre, alla stazione di Torino Porta Nuova, la Polizia ha caricato decine di attivisti No Tav che cercavano di raggiungere i luoghi della marcia. Secondo la Questura, le tensioni avrebbero avuto inizio quando i manifestanti, saliti su un treno senza biglietto, si sarebbero rifiutati di scendere, e poi, dopo la soppressione del convoglio, avrebbero tentato di salire su un altro treno. L’organizzazione Cambiare Rotta Torino, facendo riferimento ai “numerosi feriti” in seguito alle cariche, aveva denunciato “l’ennesimo atto folle” in un “gravissimo clima di repressione e militarizzazione della città”.
[di Stefano Baudino]