Tra il 1° e il 31 gennaio 2024 più di 7.250 migranti sono sbarcati sulle isole Canarie dopo la pericolosa traversata atlantica, secondo i dati del Ministero dell’Interno pubblicati giovedì 1° febbraio. Più di 1850 solo negli ultimi quattro giorni. Cifre senza precedenti. A titolo di confronto, 7.213 erano state le persone arrivate sull’arcipelago spagnolo in tutta la prima metà del 2023. Si parla di un aumento di oltre il 1.000% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, quando 566 persone raggiunsero le isole. Ma non è una rotta nuova. Dopo la famosa “crisi dei cayucos” del 2006, la rotta atlantica è tornata a far parlare di sé da alcuni anni, soprattutto da quando la via per la Spagna attraverso il Marocco è sempre più chiusa e militarizzata. Giù l’anno scorso era stato un anno record per gli sbarchi, con oltre 40mila arrivi, superando i 32mila del 2006.
Si tratta di una della rotte migratorie più mortifere del mondo, seppur i numeri sono molto diversi. Almeno 6.618 persone sono morte o scomparse nel tentativo di raggiungere la Spagna nel 2023, di cui 6000 nel viaggio verso le Canarie secondo le stime dell’Ong Caminandos Fronteras. Una cifra che sarebbe in aumento del 177% rispetto al 2022. Per l’Organizzazione Internazionale delle Migrazioni (OIM) delle Nazioni Unite, sarebbero invece “solo” 1.200 i morti, ma il rapporto ammette: “Sicuramente il numero di morti è maggiore di quello che risulta dalle nostre statistiche”. Le correnti per arrivare alla Canarie sono fortissime, e sono numerose le imbarcazioni che mancano le isole e finiscono in mare aperto. In media, 18 migranti muoiono ogni giorno sulla rotta marittima dall’Africa alla Spagna.
La novità di questo gennaio è che la maggior parte delle imbarcazioni (83%) è partita dalla Mauritania, secondo la Commissione interministeriale per la migrazione. Nel 2022 e 2023, gli arrivi da questo Paese africano sono stati molto bassi (93 imbarcazioni), soprattutto grazie alla “buona” collaborazione – ossia agli accordi per la militarizzazione – tra i due stati. Nel novembre 2022, Madrid e Nouakchott hanno firmato un accordo di partenariato volto a rafforzare la loro cooperazione nella lotta all’immigrazione clandestina. In base a questo accordo, la Mauritania beneficerà di assistenza logistica e tecnica e di formazione per i suoi agenti di frontiera. La Spagna mette inoltre a disposizione risorse umane, aeree, navali e terrestri per monitorare le spiagge di Nouadhibou, principale punto di partenza dell’arcipelago. Già nel 2003 era stato firmato un accordo tra questi stessi due Stati per garantire che Nouakchott riprendesse sul suo territorio tutti i migranti entrati illegalmente alle Canarie dopo aver lasciato le coste mauritane. Quello fu uno dei primi esempi di “esternalizzazione delle frontiere” europee.
Questo partenariato, spesso elogiato dal governo spagnolo, secondo le autorità ha impedito che “almeno 7.000 migranti” prendessero il mare dalla Mauritania nel 2023.
Ma secondo il ministro della Presidenza e della Sicurezza delle Canarie, Nieves Lady Barreto, questa collaborazione, che è stata annunciata come un esempio da seguire per stabilire nuovi accordi con altri Paesi africani, tende a sgretolarsi. In una lettera inviata al Ministro dell’Interno, Fernando Grande-Marlaska, giovedì 1° febbraio, ha espresso la sua “preoccupazione” per il fatto che “la Mauritania ha smesso di effettuare controlli alle frontiere”. Secondo Nieves Lady Barreto, “300.000 persone sono in attesa di imbarcarsi” su una barca diretta alle Isole Canarie.
Le ricette dei governi, sono sempre le stesse: maggiore controllo delle migrazioni, sorveglianza dei mari, rimpatri ed esternalizzazione delle frontiere. Ricette che in anni di applicazione non hanno diminuito gli arrivi, ma hanno in compenso aumentato la mortalità delle rotte. Nel discorso politico ci sono pochi riferimenti alla crisi sociale, politica ed economica che sta scuotendo il Senegal da più di due anni, al conflitto in Mali, alla chiusura delle frontiere marocchine pagata dall’Europa, e alla difficile situazione di molti Paesi africani.
Questa nuova tendenza è particolarmente preoccupante per le autorità spagnole. Molti dei quasi 40.000 migranti sbarcati alle Canarie l’anno scorso erano partiti dal Senegal, a circa 1.500 km di distanza. Il Senegal infatti sta vivendo una forte crisi economica, politica e sociale. I giovani scelgono di partire per l’Europa in assenza di prospettive future. L’esaurimento degli stock ittici è un altro fattore alla base di questo esodo: le famiglie, molte delle quali vivono di pesca, non riescono più a mantenersi, dato che il mare è preda delle multinazionali del pesce straniere. “Non ero pronta a partire”, racconta Astou Gueye a InfoMigrants da Bargny, un villaggio vicino a Dakar. Qui non c’è lavoro. Il presidente Macky Sall ha venduto il mare. I nostri mariti non prendono nulla quando vanno a pesca. Non possiamo pagare la scuola dei figli o le spese quotidiane. Così siamo costretti ad andare in Spagna”.
Se la rotta per le Canarie resta una delle più pericolose del mondo, il motivo rimane sempre legato alla forte militarizzazione delle coste africane. “Dal 2018 al 2022, 244 navi sono scomparse completamente. La maggior parte si è persa sulla rotta atlantica”, dice Helena Maleno, portavoce di Caminandos Fronteras a BBC Mundo. Consapevole del pericolo di prendere il largo nell’Atlantico per evitare i pattugliamenti costieri, cerca di spiegarne i motivi. “La rotta verso le Canarie è molto lunga e molte delle barche, soprattutto quelle che partono dal Senegal e dal Gambia, appartengono a pescatori che conoscono il mare, ma non l’alto mare. Conoscono il mare seguendo la costa come facevano i Fenici”, spiega Maleno. “Cosa succede? Quando si segue quella zona costiera ci sono molti problemi perché ci sono molti controlli. C’è la guardia costiera, ma c’è anche l’aereo di Frontex, la guardia civile, la zona è molto militarizzata. Per questo motivo decidono di spingersi un po’ più in là nell’Atlantico e quando si spingono nell’Atlantico affrontano un pericolo enorme”.
[di Monica Cillerai]