Lunedì 5 febbraio un team di ricerca dell’Istituto per la Scienza e la Tecnologia Ambientali dell’Università Autonoma di Barcellona (ICTA-UAB) ha pubblicato un articolo sulla rivista scientifica Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), nel quale mostra come i membri delle società che non ruotano attorno al benessere materiale presentano un grado di soddisfazione paragonabile a quello dei Paesi più ricchi del mondo, “nonostante le basse entrate monetarie”. La ricerca è stata condotta su quasi 3.000 persone distribuite in molteplici comunità indigene dotate di differenti caratteristiche e sparse in diverse parti del mondo. Essa punta a mettere in discussione la narrazione comune secondo la quale a una maggiore quantità di ricchezza corrisponda un più grande livello di felicità, fondandosi su quegli stessi studi che dimostrerebbero l’apparente solidità di questa equivalenza.
Lo studio di Barcellona, è stato portato avanti su 2966 persone provenienti da 19 siti diversi distribuiti su 18 Paesi e 5 continenti. Le comunità prese in analisi avanzavano modelli di società diversi, ma tutte quante esibivano una forte dipendenza dalla natura circostante, che tuttavia presentava caratteristiche ambientali differenti. Non essendo esse società la cui economia ruotava attorno alla moneta, la stima sulla ricchezza è stata condotta sulla base delle loro attività commerciali. L’indice di felicità, invece, è stato calcolato sulla base dei maggiori studi sull’ambito, e nello specifico quelli del Report Mondiale sulla Felicità promosso dalla multinazionale statunitense Gallup, e quelli del World Values Survey (WVS), un progetto di ricerca globale sui valori e la fiducia nel mondo. Il team dell’ICTA-UAB si è dunque basato sulla conduzione di interviste sul campo della durata variabile dai 40 ai 90 minuti, nelle quali i ricercatori hanno sottoposto al campione di persone di riferimento una serie di domande divise in molteplici sezioni, a cui gli intervistati dovevano rispondere indicando il proprio livello di soddisfazione; l’indice di soddisfazione è stato dunque tracciato “ponendo domande sullo stato demografico ed economico del focolare domestico, l’ambiente locale, la dipendenza dalle risorse naturali, e le difficoltà del cambiamento climatico”, e collocato su una scala da 0 a 10.
In seguito alla raccolta dei dati, preceduta da una serie di indicazioni tecniche da parte di antropologi e sociologi, e condotta al fianco di interpreti, i ricercatori hanno tracciato il tasso di felicità delle comunità intervistate incrociando i metodi di Gallup e del WVS in modo tale da creare un unico indice. Questi ultimi mostrano come nessun Paese dotato di PIL pro capite sotto i 4.500 dollari annui superi il punteggio di 5,5, e, parallelamente, che tutti i Paesi sopra il punteggio di 7 sono dotati di PIL pro capite pari ad almeno 40.000 dollari: nelle scale Gallup e WVS il PIL pro capite risulta insomma fondamentale nel raggiungimento della felicità. Eppure, nonostante in molte delle regioni si registri un’entrata monetaria inferiore ai 1.000 dollari per individuo, secondo le analisi condotte dall’ICTA-UAB, la media di punteggio registrata nelle varie comunità è di 6,8 su 10, praticamente la stessa che l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) registra nella sua personale classifica (6,7). Addirittura alcuna delle comunità raggiungono un punteggio maggiore di 8, che è superiore a quello della Finlandia, prima nella classifica OCSE con un totale di 7,9.
Il dato più interessante però è forse quello che considera le “variabili di controllo da parte dei villaggi”, e dunque quelle che potremmo in un certo senso definire come politiche amministrative locali di natura extra-finanziaria. Secondo l’ICTA-UAB “le caratteristiche dei villaggi che non sono collegate alla ricchezza monetaria media sono responsabili in maggiore proporzione delle variazioni nella soddisfazione di vita individuale rispetto alla ricchezza individuale stimata”; insomma, le politiche comunitarie che esulano dall’aspetto finanziario risultano più impattanti sull’indice di felicità dei singoli individui della comunità, dimostrando come ad innalzare il livello di soddisfazione non sia il benessere materiale. A fronte di questi dati e dell’intera ricerca, secondo il team di Barcellona, questo sarebbe l’ennesimo esempio di come il PIL misuri la ricchezza e non il benessere, e che si può vivere poveri, ma felici.
[di Dario Lucisano]
La libertà dai condizionamenti è la felicità!! Dove non c’è niente da desiderare e da invidiare regna la pace e l’armonia con la natura, perché è strutturata per darci tutto ciò che ci serve senza esasperazione, non esiste il ricco non esiste il povero, il brutto o il bello, esiste la persona per quello che è. Tutto questo progresso schiavista ha portato la terra al punto di non ritorno, facendoci perdere di vista il reale motivo per cui viviamo.
Cioè vivere soli cone cani (cn rispetto per questi) in una mega villa con piscina e tutti i comfort piuttosto che in una società, pur piccola ma formata da persone tra loro interdipendenti non da vera felicità?
Dai non è possibile! 🤨
La felicità deriva dalla percezione di origine inconscia o extrasensoriale di cosa ci aspetta nel futuro: Per l’Occidente a guida USA, merd. Per gli avversari gioia!