domenica 22 Dicembre 2024

Cessate il fuoco a Gaza? Il Parlamento potrebbe fare molto più di una mozione

Ieri pomeriggio si è tenuta la seduta n.243 della Camera dei Deputati nella quale si è discusso delle “mozioni concernenti iniziative in merito alla crisi in Medio Oriente” approvando parte di alcune di esse e impegnando il Governo a sostenere le iniziative volte a chiedere un cessate il fuoco a Gaza. È la prima volta dall’escalation del conflitto iniziata il 7 ottobre che l’Italia si espone in maniera più o meno diretta sulla questione della fine della guerra, ma, nonostante il passo avanti, è indubbio che il Parlamento avrebbe potuto fare molto di più. Molte delle mozioni presentate, infatti, risultavano ancora più decise nella richiesta di un cessate il fuoco, e impegnavano l’Italia attivamente affinché si facesse promotrice di iniziative di pace, ma sono state respinte o accettate con riformulazione, elemento che suggerisce una presa di posizione particolarmente timida e piuttosto politica da parte di Roma. Che non ha nemmeno lontanamente ipotizzato iniziative più concrete, quali lo stop alla fornitura di armi a Israele o le sanzioni ai coloni israeliani violenti, sulla scia di quanto già fatto da altri Paesi europei.

Cosa contiene la mozione approvata dalla Camera

Le mozioni approvate nella seduta di ieri, quasi tutte riformulate, sono parte della mozione Schlein (PD), della mozione Silvestri (M5S) e della mozione Faraone (Italia Viva), la totalità della mozione Orsini (Forza Italia) e della mozione Rosato (Azione), e un solo capoverso della mozione Fratoianni (Sinistra Italiana). Nello specifico l’Italia si impegna a “consentire una permanente apertura di adeguati corridoi umanitari”, “sostiene ogni iniziativa” per la liberazione degli ostaggi, e quelle per l’istituzione di una conferenza internazionale di pace che porti avanti la soluzione dei due popoli due Stati. Parallelamente, viene ribadita la condanna agli attacchi di Hamas, definita come “organizzazione terroristica”, appoggiando l’attuazione delle sanzioni avanzata dall’Unione Europea. È inoltre sottolineato il sostegno italiano a Israele, evidenziandone il diritto a esistere, e viene sollecitata anche la partecipazione dell’Italia nelle operazioni sul Mar Rosso, per le quali le Camere avranno diritto a ricevere una “relazione analitica sulle missioni in corso”. Infine viene impegnato il Governo a presentare alle Camere ogni provvedimento “in merito alle autorizzazioni all’esportazione di armamenti prodotti in Italia verso lo Stato di Israele”.

Tra tutti i punti approvati, tuttavia, quello che più ha suscitato clamore è quello relativo alla richiesta di cessate il fuoco che la Camera avrebbe avanzato impegnando il Governo. La questione, però, risulta più sottile di quanto sembri, perché nel punto riformulato della mozione Schlein si legge che la Camera impegna il Governo “a sostenere ogni iniziativa volta alla liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza, al fine di tutelare l’incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri all’interno della Striscia”. Questo originariamente richiedeva l’impegno, vale la pena citarlo integralmente, “a sostenere ogni iniziativa volta a chiedere un immediato cessate il fuoco umanitario a Gaza, in linea con le richieste avanzate dalle Nazioni Unite, al fine di perseguire la liberazione incondizionata degli ostaggi israeliani e di tutelare l’incolumità della popolazione civile di Gaza, garantendo altresì la fornitura di aiuti umanitari continui, rapidi, sicuri e senza restrizioni all’interno della Striscia”.

Le modifiche apportate

Nella riformulazione del punto, il sostegno alle iniziative volte a chiedere un cessate il fuoco sono passate in secondo piano rispetto alla liberazione degli ostaggi israeliani, che originariamente pareva pensata come uno dei “fini” del cessate il fuoco, e dunque un obiettivo da portare avanti parallelamente a esso. Salta inoltre all’occhio la cancellazione dell’inciso che avrebbe visto l’Italia impegnarsi “in linea con le risoluzioni” ONU, che fa riferimento alla sessione di emergenza del passato dicembre, in cui gli Stati firmatari, tra cui l’Italia non figura, chiedono in maniera esplicita il cessate il fuoco. A tal proposito andrebbe notato anche come secondo certi punti di mozioni ben più radicali, come quella avanzata da Sinistra Italiana o dal M5S, l’Italia si sarebbe dovuta impegnare attivamente per avanzare richiesta di un cessate il fuoco, e come tutti questi siano stati bocciati. Insomma, dalla formulazione dei punti approvati, non pare leggersi una esplicita richiesta di cessate il fuoco da parte dell’Italia, bensì il suo sostegno alle iniziative volte a far finire la guerra.

A far discutere è anche la questione degli aiuti umanitari, che per quanto siano stati anch’essi sostenuti, sono stati approvati in misura analogamente mitigata. Nella stessa mozione Schlein, il primo punto recitava che gli aiuti avrebbero dovuto essere forniti “senza restrizioni”, ma tale specificazione è stata cancellata; così come non è stata approvata la richiesta del ripristino dei finanziamenti all’UNRWA, che, come si legge nella mozione Orsini verranno invece riconsiderati “solo in seguito all’esito di un’indagine seria e approfondita promossa dall’ONU”. Risulta anche alquanto particolare la formulazione secondo la quale l’Italia debba promuovere una conferenza di pace volta al perseguimento della proverbiale soluzione dei due popoli due Stati, senza tuttavia riconoscere lo Stato palestinese, così come promosso da punti respinti della mozione Schlein e della mozione Fratoianni. Tra le altre iniziative bocciate figurano anche la richiesta di sanzioni nei confronti dei coloni israeliani in Cisgiordania, recentemente avanzata da USA, Francia e Gran Bretagna, così come una netta presa di posizione per “fermare l’offensiva israeliana a Rafah”, e il ben più forte impegno di supporto delle richieste del Sudafrica “per lo svolgimento di indagini sulle violazioni e sui crimini di guerra in corso”, sulla base delle quali eventualmente “interrompere qualsiasi fornitura di armamenti e tecnologia utilizzabile a fini bellici anche in riferimento ai contratti in corso”, tutte presenti nella mozione Fratoianni.

Nessuno stop all’invio di armi o sanzioni a Israele

Insomma l’Italia con la seduta di ieri ha certamente fatto passi avanti nell’impegno per interrompere il massacro in atto a Gaza, ma vista la bocciatura e la limitazione di molti dei punti cruciali delle mozioni, sembra più che abbia preso una decisione politica che assunto una posizione netta per il perseguimento di un’autentica pace. Risulta d’altronde interessante il tempismo con il quale le posizioni italiane stiano lentamente virando sulla propensione per una tregua, ora che anche gli Stati Uniti stanno assumendo posizioni più morbide in tal senso. Dopo l’incrinarsi dei rapporti tra Netanyahu e Biden, quando questo, qualche giorno fa, ha definito «esagerata» la reazione di Israele, il ministro degli Esteri italiano Tajani si è infatti azzardato ad affermare che «la reazione di Israele è sproporzionata», anche se è pur sempre stato «vittima di una carneficina» (un’affermazione quantomeno interessante dal momento che all’attacco di Hamas, il cui bilancio ufficiale delle vittime è fornito da Israele stesso, si è risposto con un bombardamento a tappeto che dura ormai da oltre quattro mesi e ha causato almeno 30 mila vittime civili, il 70% delle quali donne e bambini). Un’iniziativa dal valore molto più pratico che simbolico (e peraltro supportata dalla normativa italiana) avrebbe potuto essere smettere di inviare armi a Israele: la legge 185/1990, infatti, vieta di inviare armi “verso i Paesi i cui governi sono responsabili di gravi violazioni delle convenzioni internazionali in materia di diritti umani, accertate dai competenti organi delle Nazioni Unite, dell’UE o del Consiglio d’Europa”. Una casistica nella quale Israele potrebbe rientrare in pieno, dal momento che risulta indagata per genocidio dalla Corte Internazionale di Giustizia e che la sua politica di insediamento violenta ai danni dei palestinesi è stata definita illegale dall’ONU stessa. Il governo italiano avrebbe anche potuto, sulla scia di quanto messo in atto da Germania, Francia e anche Stati Uniti, sanzionare i coloni israeliani che abbiano messo in atto comportamenti violenti contro i palestinesi: un’iniziativa, anche questa, dal valore molto più concreto di un blando e generico “cessate il fuoco”. L’Italia ha invece deciso di tenersi su posizioni più moderate e muoversi con piedi di piombo. Probabilmente il fatto che le europee (come le presidenziali USA) siano dietro l’angolo è solo una mera coincidenza.

[di Dario Lucisano]

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7 Commenti

  1. Situazione gravissima che solo una presa in carico delle proprie responsabilità da parte di Germania ed Italia potrebbe risolvere.
    Chiediamo alla Grecia di Giudicare quanto Italia e Germania debbano restituire al popolo Ebraico ed ai Samaritani e Palestinesi per le persecuzioni Naziste e Fasciste e paghiamo i nostri debiti, invece di guardare la pagliuzza negli occhi di Israeliani e Palestinesi.

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