Le proteste degli agricoltori esplodono nuovamente anche in India, proprio nell’anno delle elezioni generali in cui Modi cerca il suo terzo mandato. Gli agricoltori chiedono che venga fissato un prezzo minimo per i loro prodotti, così da essere tutelati contro le speculazioni al ribasso dei grandi distributori. Decine di migliaia di agricoltori si sono diretti con trattori e camion verso Nuova Delhi, dove la polizia ha bloccato i punti di accesso con filo spinato e blocchi di cemento. Violenti scontri sono stati registrati proprio nella capitale, tra gli agricoltori in protesta e le forze dell’ordine dispiegate in massa. Le autorità hanno vietato grandi assembramenti nella capitale e sospeso il servizio internet in alcuni distretti del vicino stato dell’Haryana per impedire la comunicazione tra i manifestanti. L’ultima grande protesta era scoppiata nel 2021, quando gli agricoltori si opponevano alla volontà del governo di creare un mercato unico nazionale deregolamentato, limitando il potere dei singoli Stati e piegando gli agricoltori ai grandi distributori e alle multinazionali.
Il punto al centro della protesta in massa degli agricoltori riguarda l’ottenimento di un prezzo minimo per i propri prodotti, che tenga conto anche dei costi e della variabilità di questi, così da poter soddisfare criteri di giustizia e concorrenza. Non si tratta, tuttavia, dell’unico tema. Gli agricoltori vogliono anche fare pressione sul governo affincè questo mantenga la promessa fatta loro di raddoppiarne il reddito e di rinunciare a riscuotere i loro debiti, contratti per far fronte alle continue crisi e alle speculazioni delle multinazionali della chimica e delle sementi, così come dei grandi distributori. Così, ieri, decine di migliaia di agricoltori, provenienti soprattutto dagli Stati di Haryana e Punjab, hanno marciato verso la capitale per far valere le proprie richieste e avere un dialogo con il governo affinché vengano esaudite. Mentre per quanto riguarda il reddito e la cancellazione dei debiti il governo sembra essere aperto a trovare soluzioni, sembra difficile che possa essere soddisfatta la richiesta di un prezzo minimo nazionale sui prodotti agricoli. Il Ministro dell’Unione, Arjun Munda, ha affermato che una legge che garantisca il prezzo minimo di sostegno sulle colture non può essere introdotta in fretta senza consultare tutte le parti interessate e ha esortato i gruppi di agricoltori in protesta ad avere una discussione strutturata con il governo sulla questione. Proprio Munda, tuttavia, fa parte della delegazione ministeriale che ha tenuto due cicli di discussione con i gruppi di agricoltori per risolvere le loro preoccupazioni, senza che si arrivasse a niente. E proprio perché i colloqui sono stati inconcludenti, i gruppi di agricoltori hanno iniziato la loro marcia “Delhi Chalo”.
Sono decine di migliaia quelli che si sono diretti con trattori e camion verso Nuova Delhi, dove la polizia ha bloccato i punti di accesso con filo spinato e blocchi di cemento. Violenti scontri si sono registrati tra gli agricoltori in protesta e le forze dell’ordine dispiegate in massa, con cariche e sparo di gas lacrimogeni. Gli agricoltori accusano il governo di reprimere la protesta, ancora una volta, con la violenza e il sangue, e di aver schierato anche bande paramilitari. Le autorità indiane hanno vietato grandi assembramenti nella capitale, nel tentativo di disperdere gli agricoltori, e hanno sospeso il servizio internet in alcuni distretti del vicino stato dell’Haryana per impedire la comunicazione tra i manifestanti.
La marcia “Delhi Chalo” arriva a pochi mesi dalle elezioni generali in cui il rimo ministro Modi cerca l’elezione per il suo terzo mandato consecutivo. Nel 2021, si è avuto un precedente vittorioso per gli agricoltori, quando si opposero in massa alla volontà del governo di istituire un mercato nazionale deregolamentato che avrebbe penalizzato moltissimo il settore. Infatti, nel giugno del 2020, il governo del primo ministro Modi aveva varato tre ordini esecutivi d’emergenza che avrebbero permesso agli agricoltori di vendere direttamente a grandi rivenditori ed acquirenti istituzionali. Una mossa che, secondo il governo, avrebbe attratto i grandi investitori e permesso una più equa redistribuzione della ricchezza. Tuttavia, la fine del controllo dello Stato sui prezzi avrebbe fatto perdere ai contadini molte tutele, tra le quali la garanzia di un prezzo minimo di vendita, ovvero proprio quello che viene richiesto oggi. Le proteste che poi esplosero, e che furono represse nel sangue, portarono il governo di Modi a dover rinunciare alla riforma.
Insomma, anche in India gli agricoltori chiedono di essere tutelati contro le speculazioni e le imposizioni della grande distribuzione e delle imprese multinazionali che operano nella filiera agricola, così come dalla concorrenza sleale.
[di Michele Manfrin]
El pueblo unido y mas serà vencido!