Juliane Assange è, finalmente, un cittadino onorario di Roma. Ieri l’assemblea capitolina ha infatti approvato con 27 sì, 2 no e nessun astenuto la delibera 198 del 2023 per la concessione della cittadinanza onoraria al giornalista australiano, attualmente detenuto nel carcere di Belmarsh (Londra) per aver pubblicato sul portale WikiLeaks file riservati del governo USA. Dopo la brusca frenata del PD, che negli scorsi giorni aveva deciso di far slittare la calendarizzazione della delibera, essa è stata definitivamente approvata grazie alla forte spinta esercitata dall’ex sindaca di Roma Virginia Raggi e al gruppo del Movimento 5 Stelle, che fino all’ultimo hanno messo alle strette la maggioranza sulla questione. Il tutto avviene a pochi giorni dall’udienza in occasione della quale l’Alta Corte di Londra si esprimerà, in ultima istanza, sull’estradizione dell’attivista australiano negli Stati Uniti, dove rischia fino a 175 anni di carcere.
“Finalmente ce l’abbiamo fatta. È un momento di grande soddisfazione per chi, come noi, crede che la Capitale debba lanciare un segnale importante a favore di un uomo i cui diritti fondamentali sono stati ripetutamente violati – hanno scritto in un comunicato l’ex prima cittadina capitolina Virginia Raggi, la capogruppo del M5S Linda Meleo e il capogruppo della Civica Raggi, Antonio De Santis –. Adesso Gualtieri convochi la moglie di Assange, Stella Moris, entro venti giorni per conferirle l’onorificenza. Sarà un grande giorno per Roma e per la libertà di informazione”. Lo scorso 17 ottobre il Comune di Roma aveva approvato la mozione con la quale si proponeva di rendere Julian Assange cittadino onorario della Capitale, che annoverava tra i primi firmatari Virginia Raggi e altri quattro consiglieri del M5S. Uno stallo nelle procedure si era verificato però nelle ultime settimane, in sede di conversione della delibera di concessione della cittadinanza al fondatore di WikiLeaks. Dopo il parere positivo dato alla proposta dalla Commissione capitolina, infatti, i capogruppo di PD e AVS si erano opposti alla calendarizzazione del provvedimento, prediligendo “temi più urgenti” quali la “programmazione delle attività sulle dipendenze”, il riconoscimento di debiti fuori bilancio e nuovi mercati rionali. «È importantissimo aprire un mercato di vendita diretta, fa parte delle attività che l’Assemblea può decidere di portare avanti, ma dispiace molto vedere come questa proposta sia ritenuta più importante rispetto alla vita di un uomo, un giornalista, che ha semplicemente fatto il suo mestiere e raccontato la verità», aveva detto due giorni fa Virginia Raggi in Aula, contestando il PD per aver causato l’impasse. Ieri la delibera è stata finalmente approvata. E ora, dopo molti Comuni italiani, tra cui Napoli, Bari, Modena e Reggio Emilia, anche la Capitale ha conferito la cittadinanza onoraria a Julian Assange.
Il destino di Assange è appeso a un filo. Ad avere la parola definitiva sull’estradizione sarà, i prossimi 20 e 21 febbraio, un collegio composto da due giudici chiamato a riesaminare una decisione dell’Alta Corte adottata da un giudice monocratico lo scorso giugno, che aveva negato all’attivista australiano il permesso di fare appello. I giudici dovranno stabilire se Assange avrà ancora o meno la possibilità di discutere il suo caso davanti ai tribunali nazionali inglesi. «Se decideranno che ha diritto a ricorrere, andremo davanti alla Corte d’Appello per ribadire le ragioni contrarie all’estradizione negli Usa, anche se nel frattempo lui continuerà a restare in prigione. Se invece i giudici decideranno che non ha diritto a fare ricorso, il procedimento di estradizione avrà effetto immediato e in teoria le autorità britanniche potrebbero metterlo su un aereo per l’America nel giro di giorni», ha dichiarato Stella Morris, moglie di Assange. L’avvocatessa ha inoltre affermato che quello del fondatore di WikiLeaks è «un caso politico» che «necessita di una soluzione politica», ricordando che, negli scorsi giorni, il Parlamento australiano ha approvato a larga maggioranza una mozione per sollecitare Regno Unito e Stati Uniti a lasciare che Assange faccia ritorno nel suo Paese, l’Australia. «Il primo ministro australiano Anthony Albanese ne ha parlato con il presidente Biden, è la nostra ultima speranza – ha aggiunto Morris -. Ma è anche una corsa contro il tempo, perché Julian è in carcere da cinque anni, è privato della libertà di movimento da dodici e il pericolo che muoia o si tolga la vita cresce ogni giorno che va avanti questa tortura».
[di Stefano Baudino]