La Corte Suprema brasiliana ha reso pubblico un documento di 135 pagine contenenti il dettaglio del presunto tentato golpe orchestrato dall’ex presidente Jair Bolsonaro e dai suoi collaboratori stretti per mantenere il potere, tra il 2022 e il 2023, e impedire all’attuale presidente Lula di essere eletto a seguito della vittoria elettorale. Ventotto persone sono accusate a vario titolo di aver partecipato al piano sovversivo e quattro persone si trovano già agli arresti, mentre l’ex Presidente non può lasciare il Paese poiché gli è stato tolto il passaporto.
Proprio il sequestro del passaporto di Jair Bolsonaro, avvenuto l’8 febbraio scorso, aveva fatto presagire a qualche novità dal fronte giudiziario nel caso riguardante il piano di golpe orchestrato nel 2022, anno delle ultime elezioni brasiliane poi vinte da Luiz Inácio Lula da Silva. L’ordine di sequestro del passaporto dell’ex presidente era arrivato dal giudice della Corte Suprema, Alexandre de Moraes, mentre la polizia federale faceva irruzione nelle residenze di diversi alti ufficiali militari vicini a Bolsonaro e mentre arrestava tre suoi assistenti, oltre a Valdemar Costa Neto, capo del partito liberale. Nei documenti pubblicati dalla Corte Suprema si legge di un piano dettagliato di Bolsonaro e i suoi alleati, elaborato allo scopo di impedire al vincitore delle elezioni, Lula da Silva, di assumere l’incarico. I documenti rivelano anche l’intenzione di far arrestare Alexandre de Moraes, l’attuale giudice della Corte Suprema e all’epoca a capo del tribunale elettorale, Gilmar Mendes, giudice della Corte Suprema di allora, e Rodrigo Pacheco, presidente del Senato. I documenti del tribunale resi pubblici indicano Almir Garnier, l’allora capo della Marina, come pronto a schierare i propri uomini. Nei documenti si legge che Estevam Theophilo, generale dell’esercito, aveva promesso di «prendere misure per garantire il colpo di stato».
Il 15 luglio del 2022, all’avvicinarsi delle elezioni (tenutesi nell’ottobre 2022), durante un incontro tra Bolsonaro e i suoi ministri, Paulo Nogueira, allora ministro della Difesa, aveva affermato che la situazione ricordava il momento in cui due forze opposte si incontrano sul campo di battaglia: «Quello che sento in questo momento è che siamo sulla linea di contatto con il nemico». Nell’accesa riunione si è parlato di come il sistema di voto elettronico fosse truccato e di come Lula sarebbe stato fatto vincere: «Stanno preparando tutto perché Lula vinca al primo turno con la frode», si lamentò Bolsonaro criticando la Corte Suprema, definita una «superpotenza che decide tutto, spesso al di fuori del quadro della Costituzione». Augusto Heleno, capo dei servizi segreti, avverte: «Se dobbiamo battere sul tavolo, è prima delle elezioni. Non c’è una revisione del VAR qui». Bolsonaro quindi dice: «Se reagiamo dopo le elezioni ci sarà il caos in Brasile, una grande guerriglia, il Paese brucerà», facendo chiaramente capire di essere d’accordo sul dover intervenire prima delle elezioni.
Eppure non tutti i vertici delle forze armate erano d’accordo sul piano golpista: tra i contrari vi erano, ad esempio, il capo dell’esercito, Marco Antonio Freire Gomes, e quello dell’aeronautica, Carlos Baptista. Così, le discussioni si prolungarono nei mesi tra messaggi e tentativi di convincimento più o meno minacciosi. Col passare del tempo si arriva alle elezioni del 30 ottobre da cui Lula esce vincitore su Bolsonaro con il 50,9% dei voti contro il 49,1%, con l’insediamento fissato al 1° gennaio 2023. Così, il 19 novembre 2022, tre degli assistenti dell’ex presidente, adesso agli arresti, presentarono a Bolsonaro una bozza di decreto che prevedeva l’annullamento delle elezioni e l’arresto del giudice della Corte Suprema, Gilmar Mendes, così come del presidente del Senato, Rodrigo Pacheco. Alcuni giorni dopo, l’ex presidente ricevette una nuova bozza di decreto che, oltre quanto già previsto nel precedente, includeva l’arresto di Alexandre de Moraes, allora capo del tribunale elettorale, e nuove elezioni presidenziali.
Così, il 7 dicembre 2022, Bolsonaro convocò i vertici delle Forze Armate, Marco Antonio Freire Gomes (Esercito), Carlos Baptista (Aeronautica) e Ailton Garnier (Marina), oltre al ministro della Difesa, Paulo Nogueira, per presentare loro il decreto con cui sarebbe stato attuato il colpo di Stato. Ailton Garnier, capo della Marina e dalla parte di Bolsonaro fin dal principio, appoggiò il decreto, mentre i suoi colleghi dell’esercito e dell’aeronautica rimasero titubanti. Secondo i documenti della Corte Suprema, due giorni dopo, Bolsonaro convinse il generale Theophilo de Oliveira, comandante delle operazioni di terra dell’esercito, ad unirsi al golpe. In quel frangente, Theophilo de Oliveira, promise di «prendere misure per garantire il colpo di Stato». “Le milizie digitali bolsonariste” si sono quindi attivate in una campagna di odio contro il capo dell’esercito e quello dell’aeronautica, definiti come “traditori della patria”, minacciati anche dall’interno delle stesse forze armate che erano dalla parte dei golpisti. Nonostante messaggi intimidatori e minacciosi, le forze armate non risulteranno sufficientemente compatte per effettuare il colpo di Stato.
Si arriva così al 1° gennaio 2023 con l’insediamento di Lula per il suo terzo mandato presidenziale, con una cerimonia a cui il suo predecessore non prese parte, come sarebbe invece prassi per la regolare transizione di potere. Bolsonaro non aveva infatti riconosciuto la vittoria del rivale ed era partito per la Florida, negli Stati Uniti. Una settimana dopo, l’8 gennaio 2023, migliaia di sostenitori di Bolsonaro fecero irruzione e vandalizzarono la Corte Suprema, il Parlamento e il Palazzo presidenziale a Brasilia, in quello che la corte suprema definisce l’ultimo tentativo di fermare il processo democratico da parte dell’ex Presidente e dei suoi sodali. Secondo le 135 pagine di documenti con prove della polizia federale, rilasciati dalla Corte Suprema, sarebbe stato questo il complotto orchestrato da Bolsonaro e dalla sua cerchia, e non riuscito, per tentare di mantenere il potere. Per questo, come accennato, 28 persone sono accusate, a vario titolo, di aver architettato un tentativo di colpo di Stato, e quattro di loro si trovano già agli arresti.
[di Michele Manfrin]
Provo un pizzico di vergogna che sia Veneto di origine, spero in un qualche reale problema nel sistema elettorale che giustifichi in parte le sue azioni.