La municipalità metropolitana di New York ha recentemente intrapreso un’azione legale contro TikTok, Facebook e YouTube, noti giganti dei social media. Il sindaco Eric Adams, in una dichiarazione resa mercoledì 14 febbraio, ha infatti annunciato l’intenzione di citare in giudizio Alphabet, Meta, Snap Inc. e ByteDance, le aziende tecnologiche che sovrintendono le piattaforme social più influenti del mondo occidentale, le quali sarebbero colpevoli di aver contribuito al peggioramento della crisi di salute mentale che affligge correntemente i giovani statunitensi. «Negli ultimi dieci anni – sostiene Adams – abbiamo assistito a un crescente impatto negativo del mondo online sui nostri figli. Un flusso continuo di contenuti dannosi alimenta la crisi nazionale della salute mentale dei giovani». L’accusa non è campata per aria. Diverse ricerche scientifiche e testimonianze di whistleblower hanno negli anni suggerito che i social prediligano sopra ogni cosa il coinvolgimento degli utenti, tendenza che spinge i loro amministratori a perseguire strategie di mercato che fomentano dipendenze, isolamento e tossicità.
Nell’autunno del 2021, le dichiarazioni di Frances Haugen, ex product manager di Facebook, hanno destato notevole attenzione quando ha fornito al The Wall Street Journal informazioni che sono poi state raccolte nei cosiddetti Facebook Files. Documenti alla mano, Haugen ha accusato Meta di svolgere un ruolo nocivo al processo democratico e di perpetuare modelli che incidono negativamente sulla salute dei minori. Successivamente, nel novembre 2023, sempre il Journal ha pubblicato quindi la testimonianza di Arturo Béjar, dipendente di Meta, che ha sollevato ulteriori preoccupazioni riguardo alla mancanza di interesse da parte della Big Tech nel promuovere il benessere dei giovani e dei bambini.
Una testimonianza di rilievo emerge particolarmente, se si considera che dal 2009 al 2015, Béjar ha svolto il ruolo di membro del Protect and Care Team di Facebook e che dal 2019 al 2021 ha operato come consulente nel Well-Being Team di Instagram, sezioni incaricate di analizzare e proporre soluzioni atte a mitigare gli effetti dannosi delle strutture algoritmiche. La pressione esercitata sulle Big Tech è dunque ormai tanto opprimente da portare Mark Zuckerberg, CEO e fondatore di Meta, a essere convocato molteplici volte come testimone durante le audizioni del Senato. Il 31 gennaio, il Senato è arrivato a mettere alla berlina Zuckerberg imponendogli di chiedere perdono per le accuse secondo le quali i social da lui guidati avrebbero contribuito al tragico suicidio di bambini. Zuckerberg non ha presentato scuse né ha riconosciuto alcuna responsabilità; si è limitato ad esprimere il proprio cordoglio per la perdita subita dai genitori dei giovani coinvolti.
L’azione intrapresa dall’Amministrazione Adams non rappresenta dunque un evento isolato; piuttosto, si inserisce in un contesto di crescente indignazione politicizzata, la cui rilevanza va ben oltre le eccentricità e gli scandali associati all’attuale sindaco di New York. Indipendentemente dall’esito del contenzioso e dal conseguente risarcimento economico che la città potrebbe ottenere, il processo legale contribuirà inevitabilmente a ridefinire i rapporti tra le grandi aziende tecnologiche e le istituzioni. Inoltre, la causa potrebbe altresì incoraggiare interventi simili da parte di altri sindaci e governatori, consolidando così un clima di maggior controllo e responsabilità nell’ambito delle relazioni tra settore privato e pubblico. Un vero e proprio effetto domino in cui ogni soggetto politico sentirà la necessità di dire la sua.
[di Walter Ferri]