giovedì 21 Novembre 2024

In Patagonia sono state scoperte alcune delle pitture rupestri più antiche del Sudamerica

Non risalgono alle ultime migliaia di anni come si pensava in precedenza, ma a circa 8.200 anni fa: all’interno dei già attenzionato sito archeologico Cueva Huenul 1, nel desolato deserto della Patagonia, una grotta con quasi 900 dipinti ha costretto gli scienziati a rivedere significativamente le loro stime. Tra i motivi più misteriosi è stato scoperto un disegno a pettine apparso per la prima volta oltre 8 mila anni fa, che diventa così il dipinto rupestre più antico della Patagonia e tra i più primitivi mai rinvenuti nel Sudamerica. Secondo gli esperti, gli artisti delle caverne continuarono a disegnare la stessa immagine per migliaia di anni con lo scopo di “tramandare preziosi insegnamenti” durante un periodo in cui i cambiamenti climatici minacciavano la loro sopravvivenza. I risultati della ricerca sono stati inseriti in uno studio già sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista Science. «Abbiamo ottenuto i risultati e siamo rimasti molto sorpresi. È stato uno shock e abbiamo dovuto ripensare alcune cose, ha commentato Guadalupe Romero Villanueva, autrice dello studio e archeologa presso l’Istituto Nazionale di Antropologia e Pensiero Latinoamericano di Buenos Aires.

Alcuni tra i disegni che hanno portato alla scoperta. Credit: Guadalupe Romero Villanueva/Science

La Patagonia è una regione del Sudamerica situata nell’estremità meridionale del continente. Comprende i territori di Argentina e Cile per un’estensione di 900.000 km quadrati e, secondo le attuali scoperte, non fu raggiunta dagli esseri umani fino a 12.000 anni fa. In quel periodo i primi abitanti prosperarono nella zona chiamata Cueva Huenul 1 fino a quando, circa 2.000 anni dopo, la zona diventò arida e ostile a causa del cambiamento del clima. Secondo la dottoressa Romero Villanueva, i disegni a pettine si sovrappongono proprio a questo lungo periodo di difficoltà e, secondo il collega e coautore della ricerca Ramiro Barberena, coprono circa 3.000 anni di pittura con lo stesso motivo e sono prova «della continuità nella trasmissione delle informazioni in queste società molto piccole e molto mobili». Secondo Villanueva, infatti, l’arte rupestre «è emersa come parte di una risposta resiliente allo stress ecologico da parte di popolazioni nomadi e poco popolose». La scoperta è avvenuta attraverso il metodo di datazione al radiocarbonio, ovvero una tecnica basata sulla misura delle abbondanze relative all’isotopo radioattivo C14, che presenta un tempo di dimezzamento di circa 5.730 anni. I due ricercatori hanno poi analizzato la vernice e hanno scovato che fu probabilmente realizzata con legno carbonizzato proveniente da arbusti o cactus bruciati.

Gli scienziati, nonostante il fatto che il significato dei disegni sia andato perduto nel tempo, hanno poi ipotizzato che potrebbe aver “contribuito a preservare la memoria collettiva e le tradizioni orali dei popoli che sopravvissero al lungo periodo di cambiamenti climatici”, aggiungendo che le la condivisione di insegnamenti tramite l’arte rupestre potrebbe aver aumentato le probabilità di sopravvivenza in tale ambiente e che la presenza persistente del motivo nella grotta potrebbe aprire una nuova finestra sui popoli preistorici della Patagonia. Villanueva ha concluso: « Non si può fare a meno di pensare a queste persone. Erano nello stesso posto, ammirando lo stesso paesaggio; le persone che vivono qui, forse le famiglie, si riunivano qui per aspetti sociali. È davvero emozionante per noi».

[di Roberto Demaio]

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