Il Festival di Sanremo, sedicente simbolo di inclusività e impegno civile, nella sua ultima edizione ha perso una grande occasione, avendo deciso di non dedicare nemmeno lo spazio di cinque minuti alle storie di chi, da anni, è costretto a vivere un vero e proprio dramma quotidiano. Parliamo dei comitati dei genitori dei bambini con disabilità, soggetti a malattie rare, con disturbi alimentari o tumori infantili, che in tutta Italia, senza poter beneficiare di una efficace copertura televisiva e giornalistica e cercando quindi di “fare rete” per vie orizzontali, lottano contro la farraginosa burocrazia e gli indiscriminati tagli che, a livello nazionale e regionale, pongono un freno – se non una barriera – alle cure di bimbi e ragazzi con disabilità, nonché a quelli che soffrono di malattie rare od oncologiche. A farsi megafono di questa battaglia, che ha tanto premuto per portare sul palco più prestigioso d’Italia, è Marco Macrì, vigile del fuoco genovese e padre di un bimbo disabile, rappresentante di 2mila famiglie con bambini disabili senza cure, che da anni si batte per sensibilizzare le istituzioni e i cittadini sul tema. Davanti ai cui occhi, però, i cancelli dell’Ariston si sono chiusi senza che nemmeno fosse arrivato un cenno di risposta.
Per consentire a Macrì di parlare agli italiani dal palco su cui, per tutta la scorsa settimana, sono stati puntati i riflettori, non è bastato l’invio di un gran numero di email e Pec, e nemmeno quello di un comunicato indirizzato all’ufficio stampa della Rai e alla direzione artistica di Sanremo. E chissà che le forti implicazioni istituzionali e politiche dietro alle storture del sistema non abbiano avuto un forte peso in questa decisione. «Occorre denunciare pubblicamente che questo governo ha tagliato fondi per la disabilità, dunque servizi essenziali per persone che vivono in fragilità, per 400 milioni euro, nonché i fondi per i disturbi alimentari per 25 milioni di euro, mentre per avere un megafono politico sono andati a coprire con quelle cifre un buco di bilancio della RAI, come dimostra l’art.1 comma 20 della Finanziaria», ricorda Macrì a L’Indipendente. «Nel corso del tempo un enorme numero di regioni hanno depauperato i servizi pubblici per tutte le persone che hanno delle fragilità, promettendo risoluzioni e dando soluzioni-tampone annunciate in pompa magna che nel corso degli ultimi anni si sono rivelate farlocche». In primis il sistema della regressione tariffaria, che, commenta Macrì, «sta di fatto provocando un buco, perché si chiede agli enti accreditati di lavorare 110-120 ore per poi pagargliene 100, e nessun operatore ovviamente lavora gratis», nonché la progressiva «modifica dei dispositivi che enumerano le prestazioni che spettano a ogni persona malata, tagliando le cure: come i supermercati, fanno una sorta di 3×2». Infatti, per estendere le cure a un numero maggiore di pazienti e ridurre le liste d’attesa, «si è deciso non di investire più risorse, bensì di rivedere il numero delle prestazioni spettanti a ogni bambino malato: mentre possono dire di curarne di più, al contempo condannano le famiglie dei bambini che hanno bisogno di un maggior numero di terapie rispetto a quelle previste dal dispositivo ‘aggiornato’ a rivolgersi alla Sanità privata», denuncia Macrì. Nello specifico caso della Liguria, a fine gennaio, il Corerh (Coordinamento regionale enti di riabilitazione handicap) ha infatti annunciato di aver presentato un ricorso al Tar contro la delibera di Alisa del novembre 2023, in cui si è prevista l’assegnazione dei trattamenti secondo pacchetti di prestazioni predeterminati in base a tabelle “che non tengono conto delle peculiarità individuali”.
Problematiche estremamente impattanti sulla vita dei disabili e dei loro stretti congiunti, che investono, oltre allo specifico universo della Sanità, anche il mondo della scuola, dell’educazione, dell’inclusione, dell’economia e dell’informazione. È ciò che emerge dalla lettera che lo stesso Marco Macrì, un mese fa, ha indirizzato al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, ai leader politici e alle principali reti televisive e giornalistiche del nostro Paese. “La discriminazione che oggi vivono le famiglie con membri disabili è evidente e urgente. La spesa sanitaria è diventata un peso insostenibile nei bilanci famigliari, generando una disparità economica che grava su chi già affronta sfide complesse. Il lavoro sottopagato, inoltre, rappresenta un’ulteriore barriera che impedisce alle famiglie di garantire un sostentamento adeguato per i propri cari – ha scritto Macrì –. La mancanza di asili accessibili mette le madri e le mogli di fronte a una difficile scelta tra la cura dei propri figli e la realizzazione di una carriera lavorativa. Questo non è solo un problema di uguaglianza di genere, ma una discriminazione che va contro il diritto di ogni individuo di perseguire il proprio sviluppo professionale”. L’autore della missiva pone l’accento anche sulla “ carenza di personale specializzato, come insegnanti di sostegno, operatori socio-sanitari, educatori e infermieri qualificati”, nonché sulla preoccupazione per la “censura televisiva” e “l’omogeneità di pensiero” dei media, “che sembrano promuovere un’immagine distorta della realtà”, nascondendo “l’impoverimento delle famiglie, i tagli ai servizi e agli aiuti economici”. Una “censura” a cui nemmeno il Festival di Sanremo ha deciso di sottrarsi. «Forse, la possibilità di rendere edotti gli abbonati Rai su chi realmente paghi le spese dello sconto ottenuto dalla Rai, avrebbe messo i vertici dell’azienda nell’imbarazzante condizione di dover replicare, come accaduto dopo gli appelli per il “cessate il fuoco” in Palestina da parte dei cantanti in gara, consentendo ai cittadini di capirci qualcosa di più. E, chissà, anche di scendere in piazza a protestare come stanno giustamente facendo per la popolazione di Gaza», aggiunge amaramente Macrì.
[di Stefano Baudino]
Beh che dire per l’accoglienza indiscriminata migliaia di euro a pioggia battente e personale, presumo pagato a assisterli nei centri, se si lamentano, hanno pure tanta visibilità dal palco di Sanremo. Un disabile non fa odiens, non vende, non paga, fatevene una ragione, per lo stato sono solo un costo e un peso inutile, però ne promuove ogni giorno il pietismo per raccogliere fondi che ho qualche dubbio finiscano tutti a chi ne ha bisogno. Si chiama “il mondo al contrario” Vannacci si è preso 11 mesi di sospensione per aver sollevato certe questioni.
Come insegna De Andrè, una nana è una carogna di sicuro perché ha il cuore troppo vicino al buco del cu.