È minuscolo ma estremamente raro, contiene leghe metalliche che lo rendono il terzo caso unico al mondo e, soprattutto, ha origine naturale e presenta i materiali al suo interno sotto forma di “quasicristalli”: una simmetria proibita che dispone gli atomi in modelli regolari ma non ripetitivi. Si tratta della scoperta effettuata da un gruppo di ricerca tutto italiano su un micrometeorite rinvenuto in Calabria, il quale fa seguito solo ad un altro ritrovamento e che, secondo gli scienziati, apre nuovi scenari sulle origini del materiale da cui si è staccato il frammento fornendo nuovi elementi per comprendere i meccanismi di formazione del Sistema solare. I risultati della ricerca sono stati inseriti in uno studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su Communications Earth & Environment, mentre il meteorite verrà custodito nel Museo di scienze della terra dell’Università di Bari, nel quale si è anche in procinto di allestire una sezione dedicata ai campioni extraterrestri.
È composto da leghe metalliche di alluminio, rame, ferro e silicio e presenta al suo interno i quasicristalli: una particolare forma nel quale gli atomi sono disposti in una struttura deterministica ma non ripetitiva, al contrario di ciò che avviene nei comuni cristalli. Vennero osservati per la prima volta nel 1984 da Dan Shechtman, un fisico israeliano naturalizzato statunitense che nel 2011 ricevette il Nobel per la chimica per la sua scoperta. Luca Bindi, ordinario di mineralogia e direttore del Dipartimento di scienze della Terra dell’ateneo fiorentino, ha spiegato: «I quasicristalli sono materiali in cui gli atomi sono disposti come in un mosaico, in modelli regolari ma che non si ripetono mai nello stesso modo. Fu Dan Shechtman, poi premiato nel 2011 con un Nobel per le sue scoperte, a studiarne negli anni ’80 la struttura, che li rende preziosi anche per applicazioni in vari settori industriali. Quindici anni fa, fui proprio io a scoprire che tale materiale esisteva anche in natura, grazie all’individuazione del primo quasicristallo in un campione appartenente alla meteorite Khatyrka, conservato nel Museo di storia naturale dell’Università di Firenze».
Inoltre, il ritrovamento rappresenta un tipico caso di citizen science, ovvero una ricerca scientifica realizzata grazie all’azione di semplici cittadini. In questo caso il merito va ad un collezionista calabrese che trovò il micrometeorite sul Monte Gariglione e che, notando una strana lucentezza, decise di spedirlo all’Università di Bari, la quale ha realizzato la scoperta in collaborazione con l’Università di Firenze e l’Agenzia spaziale italiana. Si tratta così del terzo caso al mondo di materiale extraterrestre contenente leghe metalliche di questo tipo e del secondo rinvenimento di un meteorite contenente un quasicristallo di origine naturale. «Lo sviluppo delle scienze planetarie in Italia meridionale è un punto su cui abbiamo sempre creduto e questa scoperta dimostra come il contributo degli studi geologico-mineralogici siano essenziali per il progresso delle conoscenze sul nostro Sistema solare», ha commentato Giovanna Agrosì, professoressa di mineralogia dell’Università di bari e coautrice dello studio pubblicato su Communications Earth & Environment. Inoltre, secondo Paola Manzari del Centro spaziale di Matera dell’Asi «i risultati della ricerca mostrano che esiste un universo ancora ignoto di fasi mineralogiche alla nanoscala nei materiali di origine extraterrestre, che riesce ancora a sorprenderci». La ricercatrice ha poi aggiunto: «La scoperta di questa lega anomala in una matrice condritica, insieme alla presenza dei quasicristalli, apre nuovi scenari sulle origini del materiale originario da cui si è staccato il frammentino e fornisce nuovi elementi per comprendere i meccanismi di formazione del Sistema solare». Infine, è arrivato il commento di Giuseppe Mastronuzzi, direttore del Dipartimento di scienze della Terra e geoambientali dell’Università di Bari: «La scoperta è importantissima non solo per le scienze mineralogiche e planetarie ma anche per la fisica e la chimica dello stato solido: essa dimostra ancora una volta che i quasicristalli possono formarsi spontaneamente in natura e, soprattutto, rimanere stabili per tempi geologici».
[di Roberto Demaio]