L’Italia ha violato nuovamente la Convenzione europea sui diritti dell’uomo nella sua politica di gestione migratoria. “Trattamenti inumani e degradanti”: questo ha registrato la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU), che ha condannato l’Italia a risarcire un ragazzo di origine gambiane per una cifra di oltre 12mila euro. Il giovane era arrivato con un barcone in Sicilia nel giugno del 2016: nonostante si fosse dichiarato subito minorenne, era stato trasferito nel centro per maggiorenni di Cona in seguito ad un esame del polso del tutto arbitrario, che ne aveva sentenziata la maggiore età. Nessuna possibilità di difendersi né di poter contattare il suo legale nei quattro mesi in cui fu obbligato a stare nel centro di Cona: di fatto, la cooperativa gestrice non informò nemmeno il Tribunale per i minorenni della sua presenza. La CEDU ha così accolto il ricorso di due avvocati padovani, Marco Ferrero ed Elisa Chiaretto, condannando lo Stato italiano per la violazione degli articoli 3, 8 e 12 della Convenzione europea.
Non è la prima volta che l’Italia viene condannata dalla CEDU per aver detenuto in condizioni inumane e degradanti dei minori: nel 2023, per esempio, la Corte europea dei diritti umani ha condannato a risarcire con 6500 euro a testa quattro minori gambiani detenuti nell’hotspot di Taranto per due mesi nel 2017. Sono numerosi i casi di minori non accompagnati arrivati sul suolo italiano che vengono considerati maggiorenni tramite esami medici dalla dubbia efficacia, ma pochi di essi arrivano a sentenza. L’hub di Cona è conosciuto per le numerose proteste dei migranti accolti contro le condizioni di disagio nelle quali erano costretti, ma anche per le inchieste sulla cooperativa che lo gestiva. Ex base militare, l’hub era diventato un centro di accoglienza arrivando a ospitare 1400 persone, nonostante la capienza massima fosse di 500. Varie indagini sono state aperte contro Ecofficina, diventata poi Edeco, la cooperativa veneta prima specializzata nella gestione dei rifiuti, poi passata al business dell’accoglienza e, infine, a quello della detenzione amministrativa con il nome Ekene, aggiudicandosi la gestione dei CPR di Gradisca d’Isonzo in Friuli-Venezia Giualia e di Macomer, in Sardegna. Documenti falsi presentati nel corso di una gara, maltrattamenti nei confronti dei migranti da loro accolti, frode in pubbliche forniture, rivelazione di segreti d’ufficio, servizi dichiarati e mai attivati sono solo alcuni dei reati contestati.
La sentenza della CEDU a favore del ragazzo gambiano risale a più di un anno fa, ma è rimasta nel dimenticatoio finché la procura di Venezia non ha deciso di depositarla nel processo che si sta svolgendo in questi giorni davanti al Tribunale penale contro gli allora gestori del Centro di Cona per frode in pubbliche forniture e contro alcuni componenti della prefettura di Venezia, accusati di aver comunicato in anticipo le ispezioni ai dirigenti per permettere di nascondere le carenze della struttura. Sembra però che (come spesso accade, quando a essere sul banco degli imputati sono politici e dirigenti) il processo stia arrivando a termine con una notevole distribuzione di assoluzioni e prescrizioni. Per sei dei sette imputati vi è stata assoluzione o prescrizione delle accuse il 16 gennaio: tra di loro vi sono anche Simone Borile, all’epoca dei fatti socio volontario (ma gestore di fatto occulto di Edeco) e la moglie Sara Felpati, presidente di Edeco. Assolti e prescritti anche l’ex vice prefetto vicario Pasquale Aversa e l’ex vice prefetto Alessandro Sallusto. A processo restava solo quindi Tiziana Quintario, ex funzionaria della Prefettura di Padova accusata di induzione indebita. Buona parte dei reati contestati a partire dal 2015-2016 (tra cui la turbata libertà degli incanti, la truffa, l’induzione indebita, la rivelazione di segreto d’ufficio e il falso) sono andati in prescrizione lo scorso dicembre. Di fatto, il processo non era mai entrato nel vivo, anche grazie ai ritardi dati da un triplo cambio del collegio giudicante per una serie di incompatibilità; a maggio del 2021 era ancora fermo alle udienze preliminari. La cooperativa veneta, la cosidetta “coop pigliatutto”, con le sue diramazioni (Tucso, Tuendelee, Ekene), nonostante le indagini aperte nel 2017 aveva continuato ad aggiudicarsi molte gare di appalto per l’accoglienza dei migranti.
Secondo La Repubblica, oggi al processo penale per la gestione del Centro di Cona sono previste le ultime testimonianze. Poi saranno auditi gli imputati, anche se, appunto, tantissimi episodi che la procura contesta sono già prescritti per il troppo tempo trascorso.
[di Monica Cillerai]