martedì 5 Novembre 2024

Per la prima volta è stata osservata una stella di neutroni nel cuore di una supernova

Il telescopio James Webb si conferma per l’ennesima volta tra gli strumenti protagonisti di scoperte che lasciano senza fiato gli scienziati: questa volta è il caso di una stella di neutroni posizionata proprio al centro di una supernova studiata per quasi quarant’anni. Si chiamava SN1987A, è esplosa nella Grande Nube di Magellano a circa 163.000 anni luce da noi, presenta massa in espansione a 10.000 km al secondo ed è stata avvistata per la prima volta il 23 febbraio 1987. Nonostante le ipotesi, finora gli astronomi non erano mai riusciti a trovare una prova definitiva della presenza di una stella di neutroni al centro dell’esplosione, ma grazie al James Webb, il telescopio spaziale di NASA, ESA e CSA, i ricercatori sono riusciti ad osservare particolari elementi chimici che hanno confermato le ipotesi. I risultati della ricerca sono stati inseriti in uno studio già sottoposto a revisione paritaria e pubblicato sulla rivista scientifica Science.

Le supernove sono esplosioni stellari che emettono tanta energia quanta ne producono stelle simili al nostro Sole durante l’arco della vita. Sono caratterizzate da un’elevatissima luminosità, miliardi di volte superiore di quella del Sole e confrontabile o superiore a quella della galassia in cui sono esplose. L’espulsione del materiale stellare può avvenire per due motivi: il collasso del nucleo di una stella con massa superiore alle 8 masse solari o la disintegrazione di una nana bianca a seguito dell’acquisizione di massa da una stella compagna e del conseguente innesco di fusione nucleare. Le supernove avvengono in media ogni qualche centinaio d’anni in una tipica galassia e sono state fondamentali per la vita, in quanto producono tutti gli elementi più pesanti del carbonio e dell’ossigeno, come il magnesio, il ferro ed il calcio.

Il pannello di sinistra mostra l’immagine della supernova 1987A nella Grande Nube di Magellano ottenuta con lo strumento NIRCam a bordo del telescopio spaziale James Webb. Le immagini a destra sono sempre state ottenute dal James Webb, ma con strumenti diversi che mostrano la distribuzione spaziale dell’emissione di radiazione elettromagnetica da parte dell’argon. Credits: NASA, ESA, CSA, and C. Fransson (Stockholm University), M. Matsuura (Cardiff University), M. J. Barlow (University College London), P. J. Kavanagh (Maynooth University), J. Larsson (KTH Royal Institute of Technology).

Nel caso di SN1987A, l’esplosione è avvenuta il 23 febbraio 1987 e da allora gli scienziati hanno studiato il fenomeno nel tentativo di decifrarlo e di capirne le caratteristiche. Dopo quasi quarant’anni di ricerca e sviluppo tecnologico, il James Webb (JWST) ha fornito la risposta: grazie all’osservazione di elementi chimici (come l’argon) il cui alto grado di ionizzazione può essere solo legato alla presenza di una sorgente compatta caratterizzata da una forte radiazione elettromagnetica, gli scienziati hanno potuto confermare che all’interno della supernova c’è una stella di neutroni, una struttura formata da materia degenere composta principalmente da neutroni mantenuti insieme dalla gravità. Il telescopio ha potuto realizzare la scoperta utilizzando due strumenti: la NIRCam, ovvero una camera che riprende immagini a lunghezze d’onda nell’infrarosso, e lo spettrografo a media risoluzione di MIRI, adibito alla scomposizione della luce infrarossa nelle sue lunghezze d’onda costituenti.

Il professor Claes Fransson, coautore dello studio, astronomo e ricercatore per l’Università di Stoccolma in Svezia, ha dichiarato: «Grazie alla superba risoluzione spaziale e agli eccellenti strumenti di JWST siamo stati, per la prima volta, in grado di sondare il centro della supernova e vedere cosa è stato creato lì. Ora sappiamo che esiste una sorgente compatta di radiazioni ionizzanti, molto probabilmente proveniente da una stella di neutroni. Lo stavamo cercando dal momento dell’esplosione, ma abbiamo dovuto aspettare che JWST fosse in grado di verificare le previsioni». Il coautore e professore Josefin Larsson, del Royal Insitute of Technology in Svezia, ha aggiunto: «Questa supernova continua a offrirci sorprese. Nessuno aveva previsto che l’oggetto compatto sarebbe stato rilevato attraverso una linea di emissione super forte di argon, quindi è piuttosto divertente che sia così che l’abbiamo trovato».

[di Roberto Demaio]

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