La regione separatista moldava della Transnistria ha chiesto ufficialmente aiuto a Mosca per affrontare la pressione esercitata dall’amministrazione della Presidente Maia Sandu, che starebbe tentando di riaffermare il suo controllo sulla regione russofona. La richiesta di aiuto alla Russia, così come anche a diverse organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite, è stata fatta a seguito di un congresso tenutosi mercoledì a Tiraspol, la capitale della Transnistria, in risposta a quella che l’amministrazione autoproclamata della regione afferma essere una coercizione economica da parte del governo moldavo. Mentre Putin ha immediatamente risposto riferendo l’intenzione di tutelare gli interessi della popolazione della Transnistria, gli Stati Uniti hanno dichiarato di star osservando da vicino la situazione, per il timore di una escalation violenta.
La Transnistria è una striscia di terra incastonata tra l’Ucraina ad est e la Moldavia ad ovest. A seguito della chiusura della frontiera ucraina con l’inizio della guerra, la Moldavia è rimasto l’unico Paese con cui la Transnistria è in collegamento. Adesso, il governo moldavo ha iniziato ad applicare una tassa del 10% su tutte le merci importate della Transnistria, che per forza deve far passare tutto il flusso commerciale dalla Moldavia, facendo schizzare alle stelle il prezzo delle merci. Proprio questa decisione è stata interpretata dalle autorità della Transnistria come una mossa ostile per applicare una pressione economica e sociale alla regione. Così, mercoledì scorso, il congresso convocato d’urgenza a Tiraspol, la capitale della Transnistria, ha deciso di chiedere l’intervento diplomatico della Russia, così come di alcune organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite. «C’è una pressione sociale ed economica sulla Transnistria, che contraddice i principi e gli approcci europei alla protezione dei diritti umani e al libero scambio», si legge nella risoluzione.
Vitalii Ignatiev, ministro degli Esteri della regione russofona, ha spiegato che il congresso ha deciso di chiedere «sostegno diplomatico alla Russia per risolvere le relazioni con la Moldavia». Dal canto suo, Maia Sandu, presidente della Moldavia, ha risposto che il governo stava «facendo piccoli passi verso la reintegrazione economica del Paese». La Presidente ha poi aggiunto: «La Moldavia è impegnata per una soluzione pacifica del conflitto in Transnistria». Il ministero degli Esteri russo ha risposto dicendo che proteggere gli interessi dei residenti della Transnistria è una delle priorità della Russia e che avrebbe considerato attentamente la richiesta di aiuto dei «compatrioti». Nel suo discorso di ieri alla Nazione, Putin non ha invece fatto riferimenti specifici alla regione russofona ad est del fiume Dnestr. Gli Stati Uniti si sono invece limitatati a dire che monitorano la situazione da vicino, in quanto temono una potenziale una violenta escalation. Anche la Polonia si è espressa accusando Mosca di tenere la regione sotto la costante possibilità di una guerra.
Un tempo parte della Repubblica Socialista Sovietica Moldava, una delle repubbliche di cui si componeva l’URSS, con la dissoluzione di quest’ultima la regione annunciò unilateralmente la propria indipendenza come Repubblica Moldava della Transnistria, il 2 settembre 1990. Tale dichiarazione di indipendenza precedette quella fatta dalla Moldavia, che avvenne solo ad agosto 1991. Dopo una guerra durata dal marzo al luglio del 1992, venne firmato un armistizio garantito da una commissione congiunta tripartita tra Russia, Moldavia e Transnistria con cui si decise di creare una zona demilitarizzata tra Moldavia e Transnistria comprendente venti località a ridosso del fiume Dnestr.
In Transnistria vivono circa 470.000 persone e sono presenti circa 1.500 soldati russi, che stazionano per mantenere intatto l’accordo a seguito dell’armistizio firmato tra Transnistria e Moldavia e di cui la Russia è garante. Anche per tale motivo, Tiraspol ha deciso di chiedere aiuto alla Russia, oltre che ha diverse organizzazioni internazionali, tra cui le Nazioni Unite. Tra interessi storici, accuse incrociate e azioni ostili, seppur di stampo economico, si può scorge dietro il più ampio scontro in atto tra la NATO e la Russia che, inevitabilmente riaccende i fuochi della rabbia in ogni luogo in cui vi può essere un contatto – seppur indiretto – tra le potenze. Uno scenario nel quale la Transnistria rischia di trasformarsi nel prossimo Donbass.
[di Michele Manfrin]
E anche la Gagauzia ha chiesto protezione alla Russia …..
Prometeo non potevi fare migliore analisi che ovviamente condivido pienamente come tutte le persone sane di mente … Se posso aggiungere una nota quando Odessa tornerà sotto il controllo Russo (molto presto) la situazione dei confini per la Transnistria cambierà , ricordiamoci che in questa regione sono stipati enormi quantitativi di munizioni e insomma chi sa unire ancora i puntini ha compreso che interessi ruotano intorno a questa area .
Quello della presidente moldava Maia Sandu è il percorso classico di quasi tutti i leader dei nuovi piccoli e medi paesi all’est. In buona compagnia con la finlandese Sanna Marin e tanti altri. Vanno a scuola presso Istituti e Fondazioni americane e filo atlantiche. Tornano a casa come giovani promesse. In campagna elettorale sostenuti da mezzi finanziari copiosi, media e personalità di potere, vengono eletti. Democraticamente s’intende. Dopo un annetto sono già candidati a diventar parte della “famiglia dei valori europea”; raggiunto questo obiettivo il passo è breve: l’accesso alla NATO. La Finlandia sotto la presidenza Marin entra nella Nato, abbandonando la sua neutralità come farà in seguito la Svezia che tratta con Erdogan, per ottenerne il consenso, la vita degli oppositori e rifugiati turchi. Precedentemente nella citata Finlandia in pochi mesi si costruisce una nuova cortina di ferro lungo il solitario confine con la Russia. 1400 chilometri di frontiera chiusa, al momento 200 chilometri di filo spinato, per ironia del destino la stessa lunghezza del confine invalicabile tra le due Germanie ai tempi della guerra fredda. I popoli frontalieri che per 75 anni hanno vissuto e commerciato in pace non interessano nessuno. Così anche la sensibile posizione della Repubblica di Carelia nell’estremo nord, per metà russa e russofona.