giovedì 26 Dicembre 2024

La presunta storia dell’uomo vaccinato 217 volte e il giornalismo irresponsabile

Ne hanno parlato giornali, canali televisivi, testate internazionali e persino – certificandola per vera – gli stessi siti di fact checking noti da tempo per apporre verdetti sulle notizie più controverse: è la vicenda che riguarda un sessantenne che si sarebbe sottoposto a ben 217 dosi di vaccino anti Covid uscendone illeso e persino con difese immunitarie superiori alle aspettative degli scienziati. La notizia ha fatto velocemente il giro del mondo ma, nonostante i litri d’inchiostro versati, pochissime testate hanno condiviso dettagli tutt’altro che indifferenti che potrebbero mettere in discussione la veridicità dell’intera notizia: l’articolo scientifico è in realtà una “lettera di corrispondenza”, pubblicata in una sezione che secondo le stesse linee editoriali di The Lancet raramente implica la revisione paritaria. Inoltre, delle 217 dosi solo 26 sarebbero effettivamente confermate sia dall’uomo che dalle istituzioni, che peraltro avrebbero effettuato gli accertamenti indagandolo per frode, e infine tra queste solo 4 sono avvenute durante il periodo d’osservazione degli scienziati. Sulla vicenda è intervenuto anche il professore e ricercatore Marco Cosentino, che ha commentato denunciando l’assenza di esami del sangue specifici e di prove certe che mostrino che l’uomo si sia effettivamente vaccinato prima di entrare in contatto con i ricercatori.

La storia è stata pubblicata su The Lancet Infectious Diseases e riguarda «un maschio iper-vaccinato di 62 anni» tedesco, che «deliberatamente e per motivi privati» avrebbe ricevuto 217 vaccinazioni contro la SARS-CoV-2 in un periodo di 29 mesi. Tuttavia, stando a quanto riportato dalla cronaca e dagli stessi autori dello studio – che hanno dichiarato in una nota di essersi «interessati al caso grazie agli articoli di giornale» – i «motivi privati» sarebbero oggetto di un’indagine per frode in quanto, secondo le accuse, il sessantenne presentava dei certificati di vaccinazione vuoti su cui faceva apporre il timbro ufficiale di vaccinazione avvenuta per poi rivenderli. Delle 217 vaccinazioni poi, come scritto nell’appendice supplementare della ricerca, 83 sarebbero riportate dall’uomo e 134 riconosciute dalle indagini, delle quali però solo 26 sarebbero confermate sia dall’uomo che dalle istituzioni, e infine tra queste solo 4 sono avvenute durante il periodo di osservazione e di confronto con un gruppo di controllo. Inoltre, il documento non è un vero e proprio studio ma una “lettera di corrispondenza”, ovvero un tipo di articolo che, secondo le stesse linee guida della rivista scientifica, spesso non viene nemmeno sottoposto a revisione tra pari, viene pubblicato insieme ad editoriali e commenti che trattano di argomenti considerati interessanti per i lettori e «raramente» tratta di «ricerche originali».

La vicenda ha inoltre attirato anche l’attenzione del prof. Marco Cosentino, revisore di studi scientifici e ricercatore in Farmacologia, che ha commentato denunciando che il fatto che non siano stati registrati effetti avversi si basa sulle autocertificazioni del sessantenne e aggiungendo: «I ricercatori pur avendone la possibilità si guardano bene dal sottoporlo a un controllo completo e eseguono solo gli esami del sangue di routine. Tra questi esami manca ad esempio la troponina, e comunque non è incluso alcun esame strumentale, ad esempio alla ricerca di danni cardiaci silenti, ampiamente documentati nei vaccinati». Inoltre, il professore ha aggiunto che un altro dettaglio meritevole di attenzione è il fatto che «gli autori stessi dichiarano di non aver trovato nel sangue tracce di anticorpi contro le nanoparticelle lipidiche utilizzate per veicolare gli RNA dei vaccini. In altri termini, l’unica evidenza (indiretta) che costui sia stato vaccinato sono i livelli anticorpali, che tuttavia di per sé non sono particolarmente anomali e infatti differiscono in poco e nulla da quelli presenti in persone vaccinate “solamente” 3 volte».

In conclusione, la storia è stata diffusa senza i condizionali caratteristici di un giornalismo definibile responsabile e nonostante questo è stata valutata da numerosi “controllori dell’informazione” come vera nonostante il significativo numero di questioni dubbie ed ancora da confermare. Le controverse conclusioni dei ricercatori, stando a come è stata riportata la notizia, sembrano comunque più affidabili di un gran numero di articoli e di servizi che certamente avrebbero potuto fornire ulteriori dettagli ed un contesto più adeguato alla completa comprensione della notizia da parte dei lettori.

[di Roberto Demaio]

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