Una regione grande nemmeno duemila chilometri quadrati e abitata da 134mila abitanti rischia di diventare un nuovo focolaio di tensioni tra Occidente e Russia. È la Gagauzia, entità territoriale autonoma a maggioranza russofila facente parte della Moldavia, per la precisione nella parte sud-occidentale del Paese, proprio al confine con l’Ucraina. La presidente della regione autonoma, Evghenija Gutsul, ha recentemente chiesto al presidente russo Vladimir Putin di aiutare la Gagauzia denunciando presunte «violazioni dei diritti costituzionali» dei gagauzi da parte della Moldavia. Una richiesta che è stata sufficiente a provocare le accuse del governo moldavo che, da una parte, ha ammonito sul fatto che Mosca punterebbe a «destabilizzare» la nazione e, dall’altra, ha messo le mani avanti siglando prontamente un patto bilaterale con la Francia che prevede la fornitura di armi e di addestramento militare.
Riavvolgiamo il nastro della cronaca. Si temeva l’arresto direttamente in aeroporto per la presidente della regione autonoma, al suo ritorno dallo scomodissimo e criticatissimo viaggio a Mosca e invece ha trovato ad attenderla soltanto i suoi familiari e un nutrito gruppo di sostenitori con i fiori in mano. Motivo di tanto timore? La notizia che il procuratore capo della Moldova aveva trasferito al tribunale un “sufficiente numero di prove” su presunte attività illegali in cui la giovane presidente gagauza (una carica che in lingua gagauza si dice “Bashkan”) sarebbe coinvolta. Indiscrezioni sul contenuto della documentazione non sono trapelate ma certamente il fatto che la Gutsul, nella settimana passata in Russia dove, tra Mosca e Sochi dove era in corso il Festival mondiale della Gioventù, abbia incontrato tutti i più alti esponenti della nomenklatura politica russa, Putin compreso, non ha aiutato.
Precedenti ce n’erano già. La Gutsul infatti, da quando il 14 maggio 2023 è stata eletta a capo della regione autonoma della Gagauzia (che si pronuncia con l’accento sulla U) ha incontrato parecchi ostacoli da parte del governo centrale di Chisinau e dalla presidente moldava, Maia Sandu. La Gagauzia, come regione autonoma, amministra parte della fiscalità, attraverso il trasferimento di fondi da parte del governo centrale. Cosa che, da quando è stata eletta la Gutsul non è ancora avvenuta. Durante la tornata elettorale dello scorso anno in Gagauzia furono lanciate accuse di brogli (per ora non provate) da parte della presidente Sandu. A questo si aggiunge che storicamente la popolazione gagauza è filo-russa (si parla essenzialmente la lingua russa, ancora più del moldavo). Non solo. La Gagauzia dista appena 180 chilometri dalla Transnistria, la piccola enclave, filo-russa anch’essa, dichiaratasi repubblica ma mai riconosciuta dalla maggioranza della comunità internazionale. Entrambe inoltre condividono una parte del confine con l’Ucraina. A concludere il quadro, la posizione filo-occidentale e filo-Ue (a cui il 3 marzo 2022 Chisinau ha chiesto l’adesione) del governo moldovo e della presidente Sandu e del suo partito di governo PAS (Partito Azione e Solidarietà) ancora più serrata da quando è scoppiato il conflitto russo-ucraino.
Ma cosa si sono detti effettivamente la bashmak Gutsul e Putin, durante gli incontri che la presidente gagauza ha avuto a Mosca e Sochi anche con la presidente del Consiglio delle Federazioni (il Senato russo), Valentina Matvijenko e con Sergej Kirienko, primo vice-capo dell’amministrazione del presidente russo? Qualcosa lo riporta il sito di news, gagauzia.24.info: «Ho chiesto a Sergei Vladilenovich (Kirienko) di aiutarmi ad aprire conti per i gagauzi nelle banche russe per progetti sociali, di revocare l’embargo sull’importazione di merci dalla Gagauzia e anche di concordare con Gazprom la fornitura di gas alla nostra regione a un prezzo preferenziale», ha spiegato la governatrice. Ma non solo: «Ho parlato anche della pressione sulla nostra autonomia da parte della presidente Sandu, della violazione dei nostri diritti costituzionali. In particolare, dell’adozione, nei confronti del governo centrale, di procedimenti penali per il mancato riconoscimento della nostra autonomia fiscale e anche dell’evidente, continua ostruzione nei confronti del mio lavoro da parte della presidente». E ha poi continuato: «Ho condiviso con i partner russi, l’allarme suscitato dalle azioni dell’attuale governo moldavo nei confronti degli oppositori politici. Come ad esempio, la rimozione illegale di candidati dei partiti di opposizione dalle elezioni, della chiusura dei canali televisivi e della completa abolizione della libertà di parola». Da parte russa e di Putin in persona, l’impegno (non si sa quanto generico o meno) a prendere a cuore la causa gagauza e quella della sua governatrice.
Maia Sandu non sembra recedere dalla sua posizione e appena pochissimi giorni fa, proprio in occasione del viaggio della Gutsul in Russia, ha ribadito che Mosca vuole destabilizzare la Moldavia. Intanto però ha sottoscritto un accordo con la Francia che prevede l’invio di un rappresentante militare da Parigi, la fornitura di armi e l’addestramento militare per i soldati moldovi. Più una serie di accordi commerciali. Su quello che sembra un vero e proprio intervento tempestivo e chissà quanto disinteressato, rispetto alla crisi interna della Moldova, la portavoce del ministro russo, Lavrov, Marija Zakharova non si è fatta sfuggire l’occasione e ha commentato, con tono sprezzante: «la Francia non è stata in grado di adempiere ai suoi obblighi difensivi nei confronti dei Paesi africani, lì dove era veramente necessario combattere il terrorismo e adesso ha deciso di farsi vedere forte aiutando la Moldavia».
Per ora il braccio di ferro che doveva conoscere l’epilogo nel paventato arresto della bashmak gagauza al suo arrivo all’aeroporto di Chisinau, non c’è stato. «Non ho fatto di male ad incontrare Putin – ha voluto ribadire con forza Gutsul – so soltanto che qui al mio ritorno in patria ho trovato ad accogliermi migliaia di sostenitori (oltre al fedelissimo Ilan Shor, l’uomo d’affari più vicino politicamente alla governatrice) e mi hanno accolto con mazzi di fiori (il suo arrivo infatti è coinciso con l’8 marzo). Fosse accaduto alla Sandu, non avrebbe trovato nessuno”. Polizia in gran numero in effetti c’era, più del normale ma, ha assicurato un funzionario del ministero degli Interni, era lì “per altri motivi». Per ora è tutto ma, stando alle tensioni che si registrano, è probabile che molto presto sentiremo di nuovo parlare della Gagauzia.
[di Giancarlo Castelli]