Ieri, la Corte d’Appello de L’Aquila ha deciso che il trentasettenne palestinese Anan Yaneesh, in carcere da gennaio a causa di un’indagine per terrorismo, non verrà estradato in Israele per il concreto rischio che egli “qualora estradato possa essere sottoposto a trattamenti crudeli, disumani o degradanti, o comunque ad atti che configurano la violazione dei diritti umani”. Questo pericolo, secondo i giudici, sarebbe avvalorato dalle relazioni di ONG e istituzioni internazionali come la stessa ONU, che spesso riferiscono di “condizioni di detenzione nelle carceri israeliane oltremodo penose per i cittadini palestinesi, tra sovraffollamento, violenze fisiche, condizioni di scarsa igiene e di mancata assistenza sanitaria, ulteriormente peggiorate in concomitanza con il conflitto armato attualmente in corso”. Con Yaneesh si trovano in carcere altri due palestinesi: Ali Saji Rabhi Irar e Mansour Doghmosh, entrambi arrestati lunedì 11 marzo; tutti e tre sono accusati dal GIP di avere instaurato una collaborazione con il Gruppo di risposta rapida Brigate Tulkarem, parte delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa, organizzazione che l’UE riconosce come terroristica.
Con la decisione di ieri, i giudici aquilani rispondono positivamente all’istanza presentata dal difensore di Yaneesh, Flavio Rossi Albertini, che si basava sull’Articolo 3 della Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), secondo il quale “nessuno può essere sottoposto a tortura né a pene o trattamenti inumani o degradanti”. Secondo i giudici, Anan Yaneesh non potrebbe venire estradato sulla base di due diverse motivazioni: una è di natura tecnica, e chiarisce che non sussisterebbero “le condizioni per una sentenza favorevole all’estradizione in quanto il detenuto è sottoposto a procedimento penale per gli stessi fatti oggetto della richiesta di estradizione nell’ambito di un procedimento promosso dalla Procura dell’Aquila”, ovverosia quello relativo all’indagine di terrorismo in corso. La seconda, invece, si basa proprio sull’Articolo 3 della CEDU, e riconosce il rischio a cui il ragazzo verrebbe sottoposto nel caso in cui venga accolta la richiesta di estradizione di Israele, che si evince “dalle relazioni, depositate dalla difesa, di organizzazioni non governative, ritenute affidabili sul piano internazionale, quali Amnesty International e Human Rights Watch”.
Anan Yaneesh è un ragazzo palestinese di trentasette anni, originario della città di Tulkarem, in Cisgiordania, e nel corso degli anni ha condotto la propria attività politica all’interno del contesto della Seconda Intifada. Ha scontato oltre 4 anni nelle carceri dell’occupazione e subito un agguato delle forze speciali israeliane nel 2006, durante il quale ha riportato gravi ferite per i colpi a lui inferti. Nel 2013 ha lasciato la Palestina e dal 2017 vive in Italia, a L’Aquila, con regolare permesso di soggiorno per protezione speciale. Nel 2023 si è recato in Giordania, dove è stato rapito dai servizi di sicurezza del Paese, probabilmente allo scopo di consegnarlo alle autorità israeliane, ma è stato rilasciato sotto la pressione dell’opinione pubblica. Una volta rientrato in Italia, è stato arrestato a seguito di un mandato di cattura italo-israeliano.
[di Dario Lucisano]