Dopo pochissimi giorni dai ritrovamenti effettuati in Cile, dalla Nuova Zelanda è arrivata una nuova boccata d’ossigeno per la biodiversità: una spedizione di 21 scienziati durata tre settimane ha portato alla scoperta di centinaia di potenziali nuove specie marine nelle acque di Bounty trough, una vasta depressione batimetrica sottomarina poco esplorata e localizzata al largo della costa orientale dell’Isola del Sud. Ci sono almeno decine di molluschi, tre pesci, un gambero e un cefalopode mai visti prima e secondo Alex Rogers, il biologo marino a capo della spedizione, il numero di nuove specie potrà superare l’ordine delle centinaia quando i risultati – quasi 1.800 campioni – verranno confermati. La missione è stata guidata da Ocean Census, organizzazione non a scopo di lucro dedicata alla scoperta globale della vita oceanica, dal National Institute of Water and Atmospheric Research (NIWA) e dal Museo della Nuova Zelanda Te Papa Tongarewa. Il dott. Rogers ha spiegato che spedizioni come quella appena conclusa sono fondamentali perché permettono di ottenere maggiori informazioni sugli ecosistemi marini, i quali supportano la vita sulla Terra e regolano il clima, mentre il dott. Thom Linley, curatore del settore pesci al Te Papa Tongarewa, ha commentato dichiarando che «Nonostante si trattasse di un team di esperti, ogni squadra ha trovato qualcosa di inaspettato ed emozionante che non vedeva l’ora di condividere».
Il team di scienziati neozelandesi ha collaborato con esperti britannici e australiani per raccogliere quasi 1.791 campioni da una profondità di circa 4.800 metri sotto il livello del mare. I ricercatori hanno prima mappato l’area con videocamere e sistemi di acquisizione immagini verificando che la zona fosse sicura per le loro attrezzature e che non vi fossero animali potenzialmente danneggiabili dalla spedizione. In seguito all’esito positivo degli accertamenti, hanno utilizzato reti, esche e la slitta Brenke, un dispositivo in grado di raccogliere organismi dal fondale marino e sedimenti che viene calato dalla nave e trainato sul fondale a bassa velocità. Data la sua profondità – ha spiegato il dott. Rogers – Bounty Trough non è di grande interesse per la pesca e pertanto risulta scarsamente campionato: l’area è stata esaminata dai geologi ma non dai biologi.
Inoltre, tra i risultati della scoperta è stata riportata una creatura che ha causato «parecchi grattacapi» ai ricercatori: si tratta di un animale a forma di stella e largo circa un centimetro che non è ancora stato identificato. Per ora, secondo le ipotesi, potrebbe essere un corallo. Michela Mitchell, tassonomista del Queensland Museum Network, ha spiegato: «Inizialmente il nostro team pensava che potesse essere una stella marina, un anemone di mare o una creatura simile a uno zoantide, ma finora ha dimostrato che non è nessuna di queste. Abbiamo qui molti esperti che stanno dando un’occhiata e sono molto entusiasti. Ora pensiamo che potrebbe trattarsi di una nuova specie di ottocorallo, ma anche di un nuovo. Cosa ancora più interessante, potrebbe trattarsi di un gruppo completamente nuovo al di fuori degli ottocoralli. Se lo fosse, si tratterebbe di una scoperta significativa per le profondità marine e ci fornirebbe un quadro molto più chiaro della biodiversità unica del pianeta».
La co-leader della missione, la biologa marina del NIWA Sadie Mills, ha dichiarato: «La spedizione ha dimostrato che il Bounty Trough è pieno di vita. Abbiamo visitato molti habitat diversi e scoperto un’intera gamma di nuove specie, dai pesci alle lumache, ai coralli e ai cetrioli di mare, specie davvero interessanti che saranno nuove per la scienza. Il censimento dell’oceano ci ha permesso di esplorare un’area del fondale marino profondo di Aotearoa di cui prima sapevamo poco in termini di animali che ci vivono. Questa partnership non solo aggiungerà nuove specie al nostro inventario della biodiversità marina della Nuova Zelanda recentemente pubblicato, ma migliorerà la nostra comprensione degli habitat dei fondali marini e delle zone geografiche e delle specie rare che vivono in profondità». Secondo il dott. Rogers inoltre, la spedizione è «probabilmente l’equivalente di una missione spaziale»: il ricercatore ha spiegato che saperne di più sulla vita acquatica è fondamentale in quanto gli ecosistemi marini svolgono funzioni che supportano la vita sulla Terra e regolano il clima.
Non resta altro quindi che aspettare che i risultati vengano confermati da un team internazionale di scienziati che sta attualmente lavorando nei laboratori tassonomici del Niwa e del Museo Te Papa Tongarewa. Gli esemplari raccolti verranno selezionati e descritti nelle prossime tre settimane in modo che possano essere aggiunti al quadro della biodiversità marina della Nuova Zelanda. «Siamo ancora agli inizi, ma il numero di specie che abbiamo trovato nel Bounty Trough ci indica davvero che abbiamo ancora molta strada da fare per capire dove si trova la vita nell’oceano», ha concluso Rogers.
[di Roberto Demaio]