martedì 5 Novembre 2024

L’Unione Europea darà sette miliardi all’Egitto per tenersi i migranti

L’Europa ha concepito un pacchetto di aiuti da 7,4 miliardi di euro per garantire che l’Egitto non lasci passare i migranti che potrebbero partire dalle sue coste, anche alla luce del disastro umanitario in corso a Gaza a seguito dell’aggressione israeliana. Ieri la premier italiana Giorgia Meloni si è recata al Cairo insieme alla presidente della Commissione UE Ursula von der Leyen, nonché ai leader di Austria, Belgio, Cipro e Grecia, per siglare l’accordo con il governo egiziano che prevede, per i prossimi tre anni, 5 miliardi sotto forma di prestiti, 1,8 miliardi di investimenti e 600 milioni di concessioni a fondo perduto. L’accordo segue quello già stipulato con la Tunisia lo scorso anno. Secondo l’UNHCR (l’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati), sono 480 mila i rifugiati e i richiedenti asilo attualmente presenti in Egitto, la maggior parte dei quali fuggita dal Sudan in seguito allo scoppio della guerra.

I finanziamenti europei sono condizionati all’attuazione di una serie di riforme da parte del governo egiziano, tra cui spicchano misure legate all’immigrazione, all’energia e il rafforzamento del commercio nel canale di Suez. La mossa arriva sull’onda della stagione aperta dalla firma del memorandum d’intesa con la Tunisia, nel momento in cui, se gli attraversamenti irregolari nel Mediterraneo centrale risultano fortemente in diminuzione, i flussi migratori si sono concentrati nei corridoi che partono Africa occidentale e dall’area del Mediterraneo orientale. La finalità primaria dello stanziamento dei fondi all’Egitto sarebbe, dunque, quella di creare le condizioni perché i flussi migratori possano essere frenati. A giovare degli aiuti europei, e questo è uno dei fattori più controversi, sarebbe un Paese, quello egiziano, che non è certo un baluardo di democrazia, ma che è al contrario governato da un esecutivo di stampo fortemente autoritario, che reprime violentemente il dissenso e fa ampio uso dell’intimidazione politica e giudiziaria. Al suo vertice, da oltre un decennio, c’è Abdel Fattah al-Sisi. Quest’ultimo ha costantemente preso di mira organizzazioni umanitarie e oppositori della società civile. Le carceri egiziane, infatti, pullulano di prigionieri politici. L’economia del Paese è in ginocchio: il debito pubblico è cresciuto di quattro volte, sfiorando il 90% del PIL, e l’inflazione è galoppante. In questo contesto, il 30% della popolazione vive al di sotto della soglia di povertà. Nonostante tale spaccato, le potenze Occidentali non fanno mancare il loro appoggio ad al-Sisi, che ora, in cambio del “pugno duro” nella gestione dei flussi migratori in uscita, potrà trovare su un piatto d’argento i denari dell’UE.

Nel frattempo, in Palestina e in Sudan continuano a morire sotto i colpi della guerra decine di migliaia di persone. Secondo le autorità sanitarie locali, a Gaza oltre 31.184 palestinesi sono stati uccisi, mentre si contano 72.889 feriti. I bambini morti sotto le bombe sono oltre 12.300: secondo l’UNRWA, negli ultimi mesi sono stati uccisi a Gaza “più bambini che in 4 anni di conflitto mondiale”. A causa delle ostilità in atto in Sudan, dove l’esercito si sta scontrando con forze paramilitari del RSF, sono morte oltre 12mila persone. Save The Children ha denunciato che centinaia di migliaia di bambini malnutriti rischiano di morire insieme alle loro neomamme. Nel Paese la produzione alimentare è crollata, le importazioni si sono bloccate e i prezzi degli alimenti di base sono saliti del 45% in meno di un anno. Insomma, la crisi è profonda e la situazione esplosiva. Ma l’Egitto, trasformatosi in uno snodo sempre più traffico da cui transitano le rotte migratorie che conducono alla Libia e poi all’Italia, potrebbe presto essere indotto a costituire una vera e propria barriera politica e geografica tra le aree di Africa e Medio Oriente e il continente europeo. E mentre l’Italia, Paese di primo approdo, cerca di convincere l’Egitto a fare da “tappo” per fermare il transito di chi scappa da crisi e conflitti, nell’ultimo trimestre del 2023 – come rivelato da una recente inchiesta di Altraeconomia – ha esportato verso Israele armi e munizioni per 2,1 milioni di euro. Contribuendo a fomentare quelle stesse guerre che alimentano i fenomeni migratori che cerca di arginare.

[di Stefano Baudino]

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2 Commenti

  1. Una vergogna infinita! Prima appoggiamo gli assassini israeliani che creano una crisi umanitaria senza precedenti e poi paghiamo la tangente all’egitto per lasciarli crepare li dove stanno.La storia ci giudicherà per questo, ne sono sicuro.

    • Trovare un intesa non è facile, meglio continuare a fagocitare a questo punto le varie ONG e le cooperative che hanno rubato soldi sulla pelle dei migranti, e non dimentichiamoci neppure degli sbarchi clandestini che alimentano mafie che fanno affari su questi disperati.

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