Il governo degli Stati Uniti starebbe considerando l’ipotesi di permettere a Julian Assange di dichiararsi colpevole di un’accusa ridotta, ovvero “cattiva gestione di informazioni riservate”, aprendo alla prospettiva di un accordo che potrebbe portare alla sua liberazione dal carcere londinese in cui, in attesa della sentenza della Corte di Londra sull’estradizione negli USA, si trova attualmente recluso. È quanto riportato ieri dal Wall Street Journal – che cita come fonti “persone a conoscenza della vicenda”, tra cui uno dei legali di Assange -, secondo cui il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti sarebbe impegnato nella valutazione del caso, contemplando la possibilità di abbreviare la lunga battaglia giudiziaria del fondatore di WikiLeaks. Gli avvocati che difendono il giornalista australiano hanno invece dichiarato alla stampa non aver ricevuto alcuna indicazione in tal senso.
Sulla base della ricostruzione fornita dalla testata americana, i funzionari del Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti e i legali di Assange avrebbero intrattenuto negli ultimi mesi discussioni preliminari rispetto all’eventualità di trovare un compromesso per risolvere “una situazione di stallo piena di complessità politiche e legali” attraverso un patteggiamento. Un accordo di questo tipo, ha aggiunto il Wall Street Journal, sarebbe comunque subordinato al via libera dei massimi livelli del Dipartimento di Giustizia: un esito positivo della procedura non sarebbe, insomma, per nulla scontato. Uno degli avvocati difensori di Assange, Barry Pollack, ha però reagito alla pubblicazione della notizia con comunicato molto netto: “È inopportuno per gli avvocati di Assange commentare mentre il suo caso è all’esame dell’Alta Corte del Regno Unito, se non per dire che non ci è stata fornita alcuna indicazione che il Dipartimento di Giustizia intenda risolvere il caso e che gli Stati Uniti continuano con la stessa determinazione di sempre a chiedere la sua estradizione per tutti i 18 capi d’accusa, esponendolo a 175 anni di carcere”.
Assange si trova nella prigione londinese di Belmarsh dal 2019, quando è stato sfrattato dall’ambasciata ecuadoriana che precedentemente gli aveva offerto rifugio. Tre anni dopo, il governo britannico ha ufficialmente approvato la sua estradizione negli Stati Uniti. Il giornalista australiano sta attendendo la dirimente sentenza dell’Alta Corte di Londra, che, dopo essersi riunita in udienza lo scorso 20 e 21 febbraio, si pronuncerà a breve sull’ultimo ricorso contro l’estradizione a disposizione di Assange. Se la Corte darà l’ok all’estradizione, l’imputato dovrebbe essere trasferito negli USA entro 28 giorni, a meno che la Corte Europea dei Diritti Umani intervenga con un ordine speciale per bloccarla. Negli Stati Uniti il giornalista rischia di finire la sua vita in galera per aver pubblicato sul portale WikiLeaks, nel 2010, file riservati del governo americano che hanno svelato i crimini di guerra consumati da Washington nella prigione di Guantanamo Bay, a Cuba, in Iraq e in Afghanistan.
[di Stefano Baudino]
Dovrebbero essere condannati gli autori dei crimini commessi, svelati da Assange…. E non il contrario… Che vergogna infinita!
Spero Julian Assange possa tornare un uomo libero e abbracciare la sua famiglia presto.