Solamente pochi giorni fa, la Corte Suprema spagnola ha emesso un provvedimento cautelativo per oscurare l’accesso a Telegram. Tale decisione è stata assunta in risposta a una denuncia presentata da diverse aziende mediatiche di rilievo, tra cui Mediaset España, tuttavia, la reazione del pubblico è stata così intensa da convincere questa mattina il giudice della Corte Nazionale d’Appello, Santiago Pedraz, a sospendere temporaneamente l’ordine da lui stesso emesso.
La questione ha avuto origine da un incipit estremamente essenziale: Mediaset, Atresmedia, Movistar e Egeda hanno denunciato che alcuni utenti di Telegram siano soliti utilizzare le funzionalità dell’applicazione per condividere clip video piratate, violando di conseguenza le leggi sul copyright. In risposta alle accuse, il tribunale spagnolo si è proposto di individuare e coinvolgere nel processo legislativo gli account responsabili di tale comportamento illecito. Tuttavia, ciò si è dimostrato estremamente problematico, se non altro perché Telegram offre ai propri utenti una forma di anonimato crittografato, il che rende particolarmente difficile l’identificazione degli autori delle violazioni.
Per superare l’ostacolo, la Corte Suprema ha richiesto nel luglio del 2023 che Telegram divulgasse le informazioni personali relative ai sospettati. L’azienda non si è dimostrata propensa a fornire i dati dei suoi utenti. Di fronte alla persistente mancanza di collaborazione da parte degli amministratori dell’applicazione, il giudice Pedraz ha dunque deliberato che i fornitori di servizi telefonici spagnoli disattivassero il servizio in questione, in attesa del completamento delle indagini sul caso. Apriti cielo.
La reazione del pubblico non è stata pacata ed è facile comprenderne i motivi. Secondo i dati emersi dai sondaggi dall’Autorità per la Competitività del Mercato spagnola (CNMC), circa il 18% della popolazione utilizza Telegram, il che rende l’app la quarta soluzione di messaggistica più diffusa nel Paese. Dal canto suo, l’organizzazione dei consumatori Facua ha prontamente avvisato che la presa di posizione del tribunale potrebbe causare “danni enormi“, mentre il gruppo Iustitia Europa ha direttamente intentato un’azione legale contro il giudice Pedraz, accusandolo di prevaricazione giudiziaria. Di fronte a questa serie di fattori, il giudice ha deciso di riconsiderare la sua posizione e ha rinviato l’implementazione del blocco, nell’attesa che le forze dell’ordine istituiscano un’indagine utile a valutare il funzionamento dell’app di messaggistica istantanea e l’impatto che il suo oscuramento potrebbe avere sulla popolazione.
Nonostante la questione si sia – temporaneamente – risolta, è evidente che il dibattito pubblico è stato avviato e molti stanno valutando pro e contro che si legherebbero all’ipotetica attuazione dell’originale ordine emanato dalla Corte Suprema. Tra le conseguenze più estreme e immediate spicca il rischio che le imprese attive nel settore della messaggistica possano trovarsi nell’impossibilità di mantenere un adeguato livello di crittografia dei messaggi. In pratica, si troverebbero ad affrontare la scelta tra il facilitare la sorveglianza degli utenti da parte delle autorità o il cessare completamente le proprie attività in quelle nazioni che pretendono di ottenere dati altrimenti riservati.
Esiste però un altro risvolto. Telegram è lungi dall’essere l’unica realtà in cui vengono illecitamente trasferiti materiali protetti da diritto d’autore: con l’avvento di Elon Musk, Twitter è stata più volte adoperata per trasmettere in chiaro interi lungometraggi quando erano ancora nei cinema, YouTube è in eterna lotta contro la pirateria e molti dei modelli di intelligenza artificiale sono sospettati di basare le proprie competenze su archivi di dati trafugati. Far leva sulla reticenza collaborativa di Telegram per bloccarne le funzionalità potrebbe rappresentare un precedente che avrebbe virtualmente il diritto di tenere in scacco buona parte delle Big Tech, scatenando un incubo normativo ed economico da cui, nel bene o nel male, sarebbe difficile scorgere un’uscita.
[di Walter Ferri]