Il movimento contro il riarmo nucleare, a occhio, sembrava qualcosa che fosse stato ormai consegnato alla Storia e agli archivi del Novecento. Quei gruppi pacifisti, di area cattolica, socialista e comunista che nel dopoguerra si distinsero per il loro impegno con mobilitazioni e petizioni (rivolte particolarmente all’Onu) rimandano direttamente a figure importanti quanto ingiallite per l’usura del tempo come Aldo Capitini, Alexander Langer, Natalia Ginzburg.
Ritroviamo invece oggi quel movimento, prepotentemente tornato purtroppo d’attualità per i conflitti in corso (primo fra tutti, quello russo-ucraino) nelle figure di Giorgio Cremaschi, Moni Ovadia, Paolo Ferrero, Alex Zanotelli. E di Laura Tussi e Fabrizio Cracolici. Docente e pedagogista, attivista non violenta lei, ricercatore di Storia contemporanea lui (che di mestiere però fa il tecnico delle ferrovie). Il loro ultimo libro, I Partigiani della Pace (224 pagine, pubblicato dall’editrice EMI e atteso nelle librerie dal prossimo 5 aprile), rimette “in gioco” e riporta a galla quelle conquiste che quel movimento ottenne in quel lontano dopoguerra, in quella seconda metà del Novecento che tanto lontano non sembra più: «Nell’appello di Stoccolma del 1950 i partigiani della pace proclamarono l’esigenza dell’assoluto divieto dell’arma atomica – dice Laura Tussi – noi consideriamo che il governo che dovesse utilizzare l’arma atomica contro qualsiasi paese, commetterebbe un crimine contro l’umanità e dovrà essere considerato come criminale di guerra». Un concetto scontato per qualcuno. Molto probabilmente oggi, tragicamente, non è più così.
L’eccessivo ricorso anche troppo disinvolto, anche soltanto verbale, all’ipotesi di utilizzo delle armi nucleari nel caso di un ulteriore inasprimento del conflitto tra Russia e Ucraina (in cui sono coinvolti indirettamente i Paesi aderenti alla Nato) si insinua nelle coscienze e nell’opinione pubblica come un’opzione possibile, entrando così prepotentemente nel dibattito politico quotidiano. «Stiamo vivendo in una congiuntura storica del tutto paradossale – dice ancora Tussi – ogni giorno si fa sempre più pressante l’eco del conflitto russo-ucraino e assistiamo inermi a un genocidio a Gaza e le grandi potenze, invece di perseguire la politica del disarmo inaugurata negli anni ’70, corrono invece verso un implemento del proprio arsenale atomico, come in una macabra gara il cui unico traguardo possibile è l’Armageddon nucleare».
Ad aumentare la preoccupazione diffusa, si potrebbe aggiungere un altro grave conflitto visibile all’orizzonte, quale quello tra Usa e Cina per il nodo mai risolto di Taiwan. «La Cina infatti possiede 200 ordigni, ma entro il 2030 vorrebbe raggiungere il migliaio; gli Stati Uniti hanno già 3000 bombe pronte al lancio e lo storico rivale, il Cremlino, ne ha almeno altrettante puntate verso ovest. Solo la creatività può salvare il mondo», chiosa ancora Tussi.
Questo ultimo libro, I Partigiani della Pace, segue un lavoro precedente curato da Laura Tussi, intitolato appunto Resistenza e non violenza creativa (Mimesis) con contributi, tra gli altri, ancora di Cremaschi, Ferrero, Zanotelli. Laura Tussi ricorda che «il 22 gennaio 2024 ricorre il terzo anniversario della entrata in vigore del TPAN – Trattato per la proibizione delle armi nucleari adottato nel 2017 in una Conferenza ONU a New York anche grazie alla pressione dal basso di una rete internazionale comprendente oltre 500 organizzazioni pacifiste, insignita per questo contributo di un Premio Nobel per la pace». «Lo straordinario lavoro della Società Civile, che si riconosce sotto ICAN (International Campaign to Abolish Nuclear Weapons) come una coalizione globale di organizzazioni non governative ha consentito non solo la nascita di tale trattato nel 2017, ma anche la sua entrata in vigore il 22 gennaio del 2021 – spiega Tussi – le ratifiche del Trattato Onu TPNW per l’abolizione delle armi nucleari. Le ratifiche espresse dai vari Paesi sono al momento pari a 69, anche se si attendono con fiducia ulteriori ratifiche. Questo processo di allargamento ci avvicina sempre di più verso l’universalizzazione giuridica del trattato, prevista nell’articolo 12, con l’obiettivo di giungere ad una effettiva eliminazione delle armi nucleari nel mondo. Da subito il Trattato, valido solo per chi lo ratifica, produce un effetto culturale e politico globale di stigmatizzazione della deterrenza nucleare minandone la legittimità».
[di Giancarlo Castelli]
Peccato che il verbo “implementare” sia usato così spesso in maniera scorretta.