giovedì 21 Novembre 2024

Il 42% degli italiani con redditi bassi nel 2023 ha rinunciato a curarsi

Nel corso del 2023, il 42% dei pazienti appartenenti alla fascia economicamente più bassa – fino a 15mila euro di reddito – ha dovuto procrastinare cure mediche o addirittura rinunciarvi perché impossibilitato ad accedere al SSN e non avendo la possibilità di pagare esami e prestazioni private. È quanto emerge dal 21esimo Rapporto “Ospedali & Salute”, promosso da Aiop (Associazione italiana ospedalità privata) e realizzato in collaborazione con il Censis. Nel report, che evidenzia in maniera molto nitida come l’Italia si stia pericolosamente avviando verso una sanità divisa per censo, si indica che tale quota scende al 32,6% per i redditi compresi tra i 15 mila e i 30 mila euro, al 22,2% per quelli tra i 30 mila e i 50 mila euro e al 14,7% per quelli oltre i 50 mila euro. Le statistiche attestano come il 53% dei cittadini italiani sia costretto a fronteggiare tempi d’attesa estremamente lunghi in rapporto all’urgenza delle proprie condizioni di salute, il che sovente si traduce nell’inevitabile accettazione di un loro peggioramento.

L’indagine svela che, a causa delle grandi difficoltà degli ospedali nel rispondere in temi consoni alle esigenze dei cittadini, per il 56% dei pazienti ricorrere a una struttura privata accreditata sia diventato una necessità. In tale cornice emerge che addirittura il 16% di essi, per beneficiare di prestazioni erogate dal SSN, ha dovuto recarsi fuori dalla propria Regione di residenza. Molto significativo è anche il cosiddetto “effetto erosivo” prodotto sulla ricchezza da tale meccanismo, che sfocia ovviamente in un forte svantaggio per la fascia di popolazione meno abbiente, non impattando però esclusivamente su di essa. Come messo nero su bianco nel rapporto, infatti, esso incide “sulle distanze tra i gruppi sociali più estremi in alto e in basso”, ma mina anche e soprattutto “la condizione dei gruppi sociali che sono tecnicamente collocabili in un’area centrale della società, che si estende da una condizione socioeconomica medio-bassa ad una medioalta”. In media, infatti, il 36,9% dei cittadini ha rinunciato ad altre spese al fine di sostenere quelle mediche, ma la percentuale arriva addirittura al 50,4% tra i redditi più bassi e al 40,5% tra quelli medio-bassi (scendendo fino al 27,7% tra i redditi medio-alti e al 22,6% tra quelli alti). Nel complesso, il 47,7% dei cittadini afferma di avere comunque una percezione positiva del Servizio sanitario della propria Regione di appartenenza (nello specifico, a giudicarlo “ottimo” è l’8,7%, mentre a ritenerlo “buono” è il 39%). A ritenerlo solo “sufficiente” è il 28,1% della platea degli utenti, mentre il 22,4%, dunque più di una persona su 5, lo ritiene “insufficiente”. Interessante è analizzare come questo dato cambi a seconda dell’area di riferimento nella penisola: esso scende al 9,4% nelle Regioni del Nord-Est, mentre sale drasticamente, fino al 25,2%, nei territori del Meridione.

Nel report si sottolinea come, di fronte al ritmo rallentato di ampliamento dell’offerta del Servizio Sanitario, i cittadini italiani abbiano dovuto adottare “un approccio pragmatico, di adattamento funzionale”, con l’obiettivo di “ammortizzare gli effetti negativi sulla propria salute, esito appunto di una sanità inadeguata”. Lo hanno fatto, nello specifico, attraverso “l’ibridazione dei percorsi di diagnosi e cura relativamente alla tipologia di strutture cui ci si rivolge”, un fenomeno la cui intensità è ovviamente influenzata “dalle esigenze dei cittadini relativamente ai tempi appropriati, o percepiti come tali, di accesso”. Anche in questo contesto, però, si annidano le diseguaglianze, dal momento che “riuscire a optare volta per volta per una determinata soluzione in relazione all’articolazione delle opportunità di cura, richiede capabilities specifiche e, non a caso, emerge una notevole differenza per reddito, capitale culturale e, anche, per età dei cittadini”. In particolare, le persone che ibridano tra pubblico, privato accreditato e sanità a pagamento sono per il 55,1% quelle con la licenza media, per il 70,4% quelle con diploma e per il 76% quelle laureate; per il 77,4% i giovani, per il 72,4% gli adulti e per il 59,6% gli anziani; per il 62,8% quelli residenti nel Nord-Ovest, per il 64,1% quelli che vivono nel Nord-Est, per il 77,2% quelli del Centro e per il 74,2% i risiedenti nelle aree del Mezzogiorno.

[di Stefano Baudino]

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