La corsa al riarmo, volta a raggiungere almeno il 2% del PIL in spese militari come richiesto dalla NATO, farebbe schizzare verso l’alto il debito pubblico italiano, condannando la Penisola ad aumentare le tasse o a tagliare ulteriormente i fondi per lo stato sociale (e quindi all’austerity), così da non gravare eccessivamente sulle finanze statali. È questo l’allarme che ha lanciato l’agenzia di rating americana Moody’s nel documento intitolato Higher defence spending will strain budgets, but is credit positive for companies (“La maggiore spesa per la difesa metterà sotto pressione i bilanci, ma è positiva per le aziende dal punto di vista del credito”). “Dato il fardello che rappresenterebbe un aumento della spesa finanziato esclusivamente a debito, i governi probabilmente cercheranno di introdurre misure che aumentino le entrate o introdurranno aggiustamenti alla spesa”, si legge nel documento. Secondo l’agenzia newyorkese, con un aumento degli investimenti bellici il debito dell’Italia salirebbe al 144% del PIL nel 2030. E potrebbe schizzare al 147% del PIL nel caso di raggiungimento dell’obiettivo fissato dalla NATO al 2%. Inoltre, Moody’s rileva che Italia e Spagna sono le due nazioni con il divario più ampio tra l’attuale livello di spesa e quello richiesto dalla NATO, accompagnato dai “livelli più bassi di sostegno popolare a ulteriori aumenti di spesa militare”.
Moody’s ha puntato i riflettori soprattutto su Italia e Spagna, sottolineando come un maggiore indebitamento per spese militari inciderebbe soprattutto sulla situazione finanziaria dei due Paesi mediterranei, ma non ha risparmiato nemmeno Francia, Germania, Gran Bretagna e Polonia: secondo la società americana, le pressioni per contenere la crescita del debito “saranno sentite più acutamente nei Paesi già altamente indebitati come Spagna e Italia”. Tuttavia “anche la Germania troverà difficoltà nel finanziare una simile spesa indebitandosi, dato il suo tetto al debito sancito dalla Costituzione”. L’avvertimento si allarga anche a Gran Bretagna, Francia e Polonia, in quanto “il debito di Germania, Italia e Spagna si avvicinerebbe ai picchi visti durante la pandemia, e li supererebbe in Gran Bretagna, Francia e Polonia”. In altre parole, la corsa al riarmo europea implicherebbe gli stessi scenari finanziari con cui l’Europa ha dovuto fare i conti durante gli anni della pandemia. Nel documento si legge che il massiccio riarmo dei Paesi NATO “complicherà gli sforzi di riduzione del debito e potrebbe indebolire il loro profilo di credito”, esacerbando il conflitto sociale. Tradotto, ciò significa de-finanziare ulteriormente i servizi pubblici, oltre ad avere meno fondi a disposizione da impiegare per i sussidi alle fasce sociali meno abbienti o per calmierare bollette e benzina e sostenere l’economia.
A fronte dei tagli riguardanti settori come la sanità, l’istruzione e il sistema previdenziale, avviati soprattutto dal 2011, la spesa per il settore militare in Italia è costantemente aumentata: secondo il rapporto Arming Europe, in Italia dal 2013 al 2023, la spesa militare è passata da 20 miliardi di euro a 26 miliardi (+ 30%). Nonostante nel continente europeo gli investimenti militari abbiano registrato aumenti importanti (+46% nei Paesi NATO-UE; +30% in Italia), il PIL dei singoli Paesi è rimasto stagnante, mentre dopo lo scoppio della guerra in Ucraina quello di Berlino è entrato in recessione. Nel 2022 la Camera dei Deputati ha approvato un ordine del giorno (O.d.g.) relativo al cosiddetto “Decreto Ucraina”, impegnando il Governo ad avviare l’incremento delle spese per la Difesa verso la soglia del 2% del Prodotto Interno Lordo (PIL). L’allora ministro della Difesa, Lorenzo Guerini, aveva spiegato che ciò avrebbe permesso un “passaggio graduale” dai circa 25 miliardi di euro l’anno attuali (68 milioni al giorno) destinati al settore ad almeno 38 miliardi l’anno (104 milioni al giorno).
Tuttavia, l’avvertimento di Moody’s dice con chiarezza che l’Italia, così come altri Paesi europei, non può permettersi un aumento delle spese militari senza infrangere il dogma neoliberista dei “conti pubblici in ordine” o senza ricorrere alla cosiddetta austerity, indebolendo quindi la domanda interna, già debole a causa dell’inflazione e del generale rallentamento economico europeo. Con l’aggravante che, come indica la relazione di Moody’s, in Italia c’è un livello molto basso di approvazione dell’aumento della spesa militare: corsa al riarmo significherebbe, dunque, ignorare la volontà popolare in nome degli interessi dell’Alleanza atlantica.
[di Giorgia Audiello]
Se non fosse così banale direi che la guerra da Cesare in poi (ma anche prima) serve a distruggere così poi si può ricostruire e lucrare ma anche a fare fatturato per l’industria bellica per il tempo in cui la guerra dura. Per quanto riguarda poi la volontà popolare non c’è da stupirsi se il potere se ne fotte, se consideriamo la democrazia rappresentativa come una oligarchia ipocrita. Se poi qualche rappresentante della volontà popolare dovesse lasciarci le penne tanto meglio, si riduce la spesa sociale (o quel che è rimasto). Temo che questa guerra sia già stata dichiarata e che sia solo questione di tempo prima che scoppi. Giusto il tempo di lavorare ai fianchi “l’opinione pubblica” ipnotizzata dalla Tv e dai social network.
Nuova austerity? Fino ad ora ce la siamo sciallata?
12 mesi per avere una ecografia, e siamo al nord…
E c’era bisogno che ce lo dicesse Moody’s , se non per conferma di quello che la gran parte del popolo Italiano, e non solo, pensa già da tempo? certo se qualcuno si informa da Bruno Vespa o similari (troppi) si potrà convincere che oltre il 90% degli Italiani combatterebbero al fianco di Zelensky, ovvero una percentuale superiore agli Ucraini stessi , ma è un’arte di convincimento destinata a fallire più il tempo passa e più verranno a mancare servizi essenziali e soprattutto si dovesse avvicinare odore di guerra reale.