La Germania ha indubbiamente problemi col suo passato. Può capitare infatti di andare a visitare, nel Giorno della Memoria, alcuni piccoli campi di concentramento nazisti sparsi e spesso sconosciuti intorno a una città dell’est del Paese, Lipsia in Sassonia e, dopo aver incontrato lungo la strada, steli di metallo con incisi i nomi degli internati, baracche dei vecchi lager, sparse in mezzo ai capannoni industriali, cimiteri di soldati, russi, polacchi, lituani e persino qualche tomba di italiani (il cimitero Ostfriedhof), ci si imbatta in uno di questi luoghi della memoria, nella Kamenzer strasse al numero civico 12 e scoprire che in quel posto non ci si può avvicinare più di tanto “perché all’interno c’è una palestra di neonazisti”. Superato lo sgomento iniziale, si scopre che infatti in uno di questi campi di concentramento (sotto-campi venivano chiamati), lo Hasag-Leipzig, da più di una decina di anni si svolgono attività di arti marziali ma anche concerti di band neonazi e attività varie, gestite da gruppi di estrema destra. Un vero e proprio corto circuito mentale.
Il mistero è presto spiegato: questo sotto-campo, conosciuto appunto come Hasag (sigla che sta Hugo Schneider AG che produceva bazooka per l’esercito nazista), aperto nel 1944 e che ospitò 5mila donne internate, dopo la riunificazione della Germania, successiva alla caduta del Muro di Berlino nell’89, fu uno dei tanti luoghi della memoria, come dire “dimenticati”. Nella struttura, fatta saltare in aria in parte dai sovietici al tempo della liberazione, successivamente, in una parte di quel campo, era stata ricavata una fabbrica. Quello poi che ha creato questo “capolavoro” paradossale e grottesco se non fosse tragico è stata la frettolosa svendita di patrimonio immobiliare della ormai defunta DDR. In questo caso ad occuparsi dell’operazione fu la Treuhand Liegenschafts-GmbH, società tedesca che si occupa di vendite immobiliare a scopo commerciale (fu una delle aziende incaricate di mettere sul mercato gli immobili dei “nuovi” Stati federali acquisiti dopo la riunificazione) che nel 2007 vendette il sotto-campo di Kamenzer Strasse a un privato, un noto esponente di estrema destra tedesco, Ludwig K. (che curiosamente si fa chiamare “il Principe di Prussia”). Il signor K. l’ha poi affittato ad attivisti e gruppi neonazisti che vi hanno poi aperto una palestra di arti marziali, la “Imperial Fight Team”.
E così, per una buona quindicina di anni, quel luogo che aveva conosciuto le sofferenze di migliaia di donne recluse dall’esercito nazista, era stato riempito da teste rasate, bracci tesi e bandiere con la svastica, scoperte durante un controllo della polizia nel 2018. Attivisti, politici di sinistra, storici e antifascisti hanno provato a sollevare la questione ma fino ad ora è accaduto poco. O meglio, nel tempo la “Imperial Fight Club”, per il clamore suscitato, spostò la sua sede in un’altra parte della città, ma venne sostituita da un altro gruppo dello stesso orientamento politico che aprì un’altra palestra, la “Sin City Boxe Gym” (che comunque sembra abbia traslocato anch’essa). I frequentatori sia dell’una che dell’altra associazione, sono noti per aver partecipato, ad esempio a raid contro antifascisti (come ad esempio nel quartiere “rosso” di Lipsia, Connewitz nel 2016) e aver picchiato lavoratori stranieri. Non mancano le connivenze con la politica locale, come quella con un noto consigliere comunale di estrema destra, Benjamin Brinsa.
Jacqueline Ulbricht, storica del Memoriale dei lavori forzati di Lipsia, in un’intervista allo Spiegel sulla surreale vicenda del campo di concentramento in mano ai neonazisti, alla domanda su come sia stato possibile immettere sul mercato immobiliare un luogo della memoria come quello di Kamenzer strasse 12, spiega il senso di frustrazione delle autorità e della società civile: “il fatto è che per molto tempo non si è saputo più nulla di questo luogo e la conoscenza della sua storia è andata un po’ perduta. Ciò è probabilmente dovuto anche al fatto che nella DDR negli anni ’70 fu eretta una lapide commemorativa per le donne imprigionate nel sottocampo del campo di concentramento – ma non dove furono tenute prigioniere, ma un po’ più a sud, presso la sede della compagnia d’armi HASAG. L’ubicazione effettiva del sottocampo, dove negli anni ’50 fu costruita una grande fabbrica, fu dimenticata”. Si è tentato di farlo riconoscere come monumento ma secondo l’ufficio statale preposto “l’edificio era stato notevolmente modificato dopo la guerra e non era degno di un monumento” e dal governo avevano risposto che “l’aspetto esterno da solo non mostra il livello necessario di originalità e autenticità”. Il proprietario attuale, il “Principe di Prussia” si era detto disposto a venderlo ma a una cifra intorno ai 10 milioni di euro, un valore, si dice, molto sovrastimato. “E in ogni caso non abbiamo alcuna intenzione di dare soldi pubblici a un neonazista”, hanno fatto sapere in coro gli attivisti. La struttura, dove al momento non è chiaro se si volgono ancora attività dopo il trasferimento delle vecchie associazioni di estrema destra, rimane comunque in mano a lui.
La Germania peraltro è anche il Paese dove, nonostante l’aumento delle attività di gruppi neonazisti, è anche il luogo dove è storicamente radicato il sentimento di vicinanza con gli ebrei: è proprio qui infatti che è nato il movimento antifascista degli “Anti-deutsch”, molto vicino allo Stato di Israele (pur essendo un movimento extra-parlamentare e fortemente antagonista) e fortemente contrario alla causa palestinese. Una specie di doppio corto circuito, in una terra dove un campo di concentramento viene venduto a un neonazista. Ma non è soltanto questo: secondo un’interrogazione parlamentare della deputata di Die Linke, sarebbero oltre 210, in tutta la Germania, gli immobili in mano a diverse sigle o proprietari legati a gruppi neonazisti. Compreso il sotto-campo di Kamenzer strasse 12 a Lipsia.
[di Giancarlo Castelli]