sabato 23 Novembre 2024

Ecco come il Governo pensa di normare le intelligenze artificiali

Mentre ChatGPT è ormai utilizzato da persone di ogni età, l’Unione Europea sta ancora discutendo di quell’AI Act che un giorno servirà a tenere a bada le applicazioni più tossiche dell’intelligenza artificiale. Desiderando colmare quel vuoto, il Governo Meloni aveva promesso di introdurre entro le festività pasquali delle norme dedicate. Evidentemente la scadenza è stata mancata, tuttavia i contenuti del disegno di legge sono non di meno trapelati a osservatori e giornalisti. Seppur ufficiosamente. La redazione de L’Indipendente è riuscita a prendere visione di una bozza datata 8/4/2024, ore 14.30.

Il documento è suddiviso in cinque capitoli che a loro volta si strutturano su di 25 articoli. I contenuti dello stesso si focalizzano in grande parte sul definire l’approccio economico-strategico che lo Stato dovrà adottare nei confronti dell’intelligenza artificiale, tuttavia gli argomenti in ballo sono molti e toccano i diritti, la medicina, le leggi sul diritto d’autore, la scuola, la legge e la cybersecurity. Sotto molti aspetti, il disegno di legge rispecchia grosso modo l’orientamento di quanto visto all’interno dell’AI Act europeo, tuttavia il testo contiene comunque annotazioni di particolare interesse. 

L’art.5 si concentra per esempio sui “principi in materia di sviluppo economico” e prevede che gli enti pubblici promuovano “la creazione di un mercato dell’intelligenza artificiale innovativo, equo, aperto e concorrenziale e di ecosistemi innovativi” facilitando alle imprese l’accesso ai “dati di alta qualità”, nonché direzionando le amministrazioni pubbliche verso i fornitori che operano con data center posti sul suolo italiano.

Le disposizioni

Gli articoli dall’8 al 10 trattano il delicato tema della sanità e lo fanno riconoscendo l’importanza dei dati pubblici per i progetti di ricerca senza scopo di lucro. L’Art.10-bis (erroneamente definito “12-bis” nel testo) annuncia poi l’intenzione di creare una piattaforma IA “per il supporto alle finalità di cura”, “in particolare per l’assistenza territoriale”. Il progetto, lo sviluppo e la gestione della stessa cadrà in seno all’Agenzia nazionale per i servizi sanitari regionali (AGENAS), la quale dovrà anche preoccuparsi di recuperare i fondi necessari a finanziare il tutto. 

Dall’Art. 11 al 13, la bozza affronta l’impatto delle intelligenze artificiali sul mondo del lavoro  e decreta l’apertura di un “’Osservatorio sull’adozione di sistemi di intelligenza artificiale nel mondo del lavoro” da affidare al Ministero del lavoro e delle politiche sociali. In pratica si tratta di una think tank il cui compito sarà quello di definire strategie concrete e “contrastare gli effetti della perdita di posti di lavoro”, quindi di istruire in merito aziende e lavoratori. Anche in questo caso, non sono previsti investimenti dedicati. Interessante è dunque l’Art.15, il quale prevede l’uso dell’IA per semplificare il lavoro giudiziario, specialmente per quanto riguarda l’“individuazione di orientamenti interpretativi” della legge. L’idea è che i magistrati possano attingere all’intelligenza artificiale per velocizzare la consultazione di norme e sentenze, ma sempre facendosi carico della formalizzazione finale delle loro ricerche. Il Ministero della giustizia regolerà l’impiego dei sistemi di intelligenza artificiale da parte degli uffici giudiziari.

La strategia nazionale

Il terzo capitolo del documento è anche quello strutturato in maniera più dettagliata. Non per nulla è quello in cui lo Stato esplicita gli interventi che intende perseguire attivamente, nonché le relative responsabilità. Come già accennato a fine marzo dal Sottosegretario all’Innovazione Alessio Butti, il Governo si dimostra intenzionato ad affidare le funzioni di vigilanza e controllo sull’intelligenza artificiale all’Agenzia per l’Italia digitale (Agid) e all’Agenzia per la cybersicurezza nazionale (Acn), due enti che rispondono entrambi a Palazzo Chigi. Nello specifico, Agid dovrà promuovere l’innovazione occupandosi di “valutazione, accreditamento e monitoraggio” delle realtà che vorranno produrre strumenti IA da immettere sul mercato comunitario, mentre Lìla missione dell’Acn sarà quella di supervisionare la cybersicurezza attraverso le opportune ispezioni, ma anche di determinare le sanzioni nel caso di eventuali violazioni.

Questa definizione, se confermata, si dimostrerà critica sul lungo periodo: il potere affidato ad Agid e Acn si predispone attraverso l’Art.22 del disegno di legge a essere riconfermato anche in relazione più importante AI Act europeo, relegando di fatto il Garante della Privacy a un ruolo puramente consultivo. In tal senso, l’organo indipendente ha manifestato un certo malessere nell’assistere a come l’Amministrazione stia intavolando la governance dell’IA.

L’Art.19 presenta la “Fondazione per la ricerca industriale per il trasferimento tecnologico, la sperimentazione, lo sviluppo e l’adozione di sistemi di intelligenza artificiale“, la quale ha per membri la Presidenza del Consiglio, cui spetta la vigilanza, il Ministero dell’economia e delle finanze e il Ministero dell’università e della ricerca. Lo scopo della fondazione sarà quello di tradurre la ricerca accademica in applicazioni pratiche anche coinvolgendo realtà esterne a quelle istituzionali. Questa nuova entità è stata predisposta per diventare operativa in tempi da record e avrebbe a disposizione un budget che però dev’essere ancora definito.

Dei finanziamenti sono previsti anche per i venture capital che si legheranno ai settori delle tecnologie emergenti e della cybersicurezza (Art.21). Per il solo anno 2024 sono calcolati 89,1 milioni di euro in sostegno dell’intelligenza artificiale, del quantum computing e della cybersicurezza, mentre altri 44,7 milioni di euro per l’anno 2024 e altri 14,7 milioni per il 2025 finiranno nel settore delle telecomunicazioni “con particolare riferimento al 5G e alle sue evoluzioni”. La bozza teorizza inoltre – seppur con estrema sintesi – anche l’ipotesi di applicare l’IA all’interno del piano didattico personalizzato (PDP), nonché di lanciare corsi dedicati all’AI a scuola e all’università.

Il diritto d’autore

Il diritto d’autore è un tasto dolente per quanto riguarda i modelli di intelligenza artificiale. Molti dei prodotti commercializzati dalle Big Tech sono accusati di aver sviluppato i propri sistemi rubando impunemente contenuti tutelati da copyright. Ebbene, la bozza di legge non risponde in maniera chiara a questa criticità, piuttosto fa leva sulla discrezionalità dei casi specifici. Il Governo pone invece enfasi sul fatto che ciò che viene prodotto attraverso l’IA e presenti “come reali dati, fatti e informazioni” debba essere opportunamente segnalato mediante l’inserimento “di un elemento o segno identificativo, anche in filigrana purché facilmente visibile”. Nel caso degli audio, l’uso di voci generate artificialmente dev’essere notificato in apertura e in chiusura della trasmissione, dello spot o della diretta. La responsabilità di vigilare che i portali, le aziende e gli utenti rispettino le regole è stata assegnata all’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni (AgCom).

In chiusura, la bozza prospetta un aggiornamento del codice penale così che questi possa estendersi fino a includere alcune forme di tecnologie emergenti. Parliamo di crimini di truffa, sostituzione di persona, riciclaggio, frode informatica, aggiotaggio e manipolazione del mercato. Una parentesi più sostanziosa è dedicata alla legge riguardante la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, la quale verrebbe opportunamente modificata per includere anche le manipolazioni deep fake prodotte attraverso l’ausilio dell’intelligenza artificiale.

[di Walter Ferri]

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