Dopo giorni di attesa la contro-risposta israeliana agli attacchi iraniani è arrivata. Nella notte, uno sciame di droni ha condotto un attacco contro l’Iran, più precisamente nei pressi di Isfahan, provincia 350 km a sud di Teheran che ospita un’importante base aerea, diversi siti nucleari, tra cui Natanz, fulcro del programma iraniano di arricchimento dell’uranio. Almeno tre esplosioni sono state udite dagli abitanti della città iraniana, ma le autorità escludono attacchi missilistici. Non vi sarebbero stati danni rilevanti né a persone, né a siti militari o civili. Per comprendere i risvolti dell’attacco serviranno ancora diverse ore, se non giorni, ma per ora va annotato come da parte israeliana si sottolinei come la risposta sia stata misurata (al punto che l’ala estremista del governo, guidata dal ministro Ben Gvir, l’ha giudicata «debole»). Da parte iraniana, invece, i media hanno praticamente ignorato l’attacco, non risultano reazioni dirette dei vertici politici e addirittura i vertici militari, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa nazionale, Irna News, parlano di azioni di difesa contro un «oggetto sospetto», senza confermare che effettivamente vi sia stato un attacco israeliano. Insomma, la volontà di entrambe le parti appare quella di chiudere qui la questione, almeno per il momento.
Funzionari della Difesa israeliana hanno confermato l’attacco nei confronti dell’Iran e lo hanno descritto come una risposta limitata progettata per evitare l’escalation delle tensioni. Il ministro della Sicurezza Nazionale, Itamar Ben Gvir, un sostenitore della linea dura che ha spinto per un’ampia azione militare contro l’Iran, ha commentato su X con un semplice «zoppicante» o «debole», a far intendere di riferirsi in maniera deludente all’attacco israeliano nei confronti dell’Iran. Fonti hanno confermato al Jerusalem Post che l’attacco contro l’Iran ha colpito le risorse dell’aviazione iraniana a Isfahan, non troppo lontano dal sito nucleare di Natanz. Alcuni funzionari israeliani hanno riferito allo stesso Jerusalem Post che, oltre ai droni, aerei dell’aviazione israeliana avrebbero lanciato missili da lunga distanza verso la base aerea nei pressi di Isfahan. Lo stesso giornale israeliano parla ad ogni modo di un attacco simbolico, il cui scopo sarebbe stato quello di mandare un messaggio all’Iran. Come a dire: “Abbiamo colpito nei pressi dei centri nucleari, ma senza colpirli, se non vi fermate la prossima volta saremo più precisi”.
La televisione di stato iraniana ha riportato le affermazioni dei funzionari di Stato, i quali hanno detto che gli impianti militari e nucleari sono al sicuro, minimizzando la portata dell’attacco. Al momento non vi sono dichiarazione iraniane dirette o indirette, segno di come non si voglia utilizzare l’attacco israeliano per aumentare ulteriormente la tensione. Addirittura, un alto funzionario iraniano ha riferito a Reuters che non è ancora accertato il coinvolgimento esterno. «La fonte straniera dell’incidente non è stata confermata. Non abbiamo ricevuto alcun attacco esterno e la discussione si orienta più verso l’infiltrazione che verso l’attacco». Inoltre, sia il funzionario citato da Reuters sia altri funzionari statali hanno riferito che le tre esplosioni udite sono il risultato dell’attivazione del sistema di difesa aerea, ovvero dell’abbattimento dei droni che stavano volando verso Isfahan e che nessuna esplosione si è verificata a terra.
Insomma, sebbene siano ancora del tutto da chiarire le dinamiche di quanto accaduto nella notte appena trascorsa, ad accomunare le parti in causa c’è la comune volontà di ridimensionare il più possibile la portata dell’accaduto. Se non vi saranno ulteriori capitoli, l’attacco appare interpretabile come la chiusura dell’escalation che stava interessando Iran e Israele, segno che tutti vogliono evitare un conflitto che potrebbe avere proporzioni catastrofiche. D’altra parte ognuno dei due governi può dire di aver raggiunto l’obiettivo: il regime di Teheran ha dimostrato di non arretrare di fronte a Israele e ha mandato un messaggio in patria e all’estero, quello di Tel Aviv ha invece spostato l’attenzione globale dalla carneficina che continua a portare avanti incessantemente nella Palestina occupata.
[di Michele Manfrin]