In poco più di un anno, da gennaio 2023 a marzo 2024, negli istituti penitenziari italiani si sono verificati oltre 100 suicidi. È quanto attesta il XX Rapporto sulle condizioni di detenzione pubblicato dall’associazione Antigone, dal titolo “Nodo alla gola”, che ha sviluppato uno specifico approfondimento sul tema dei suicidi dietro le sbarre. Nella relazione, Antigone spiega che le persone che hanno scelto di togliersi la vita – in 42 casi individui di origine straniera – vivevano “situazioni di grandi marginalità”. Dalle statistiche disponibili, che l’associazione ha il più delle volte raccolto da notizie di stampa, almeno 22 tra le oltre 100 persone che si sono suicidate avrebbero sofferto di patologie psichiatriche, che dilagano negli istituti penitenziari di tutto il Paese. Non fa che peggiorare poi la situazione legata al tasso di sovraffollamento carcerario, vicino a una media del 120% a livello nazionale, con picchi di oltre il 200% in due strutture lombarde.
Nello specifico, all’interno del suo rapporto Antigone segnala che nel 2023 sono stati almeno 70 i suicidi all’interno delle mura carcerarie – il numero più elevato mai registrato dopo quello del 2022, che aveva registrato 85 suicidi –, mentre nei primi mesi del 2024 ce ne sono stati almeno 30. Segno che la situazione è ormai completamente precipitata. L’età media di chi ha commesso il suicidio è di 40 anni, mentre ben 17 suicidi sono stati commessi da giovani di età compresa tra i 20 e i 29 anni. I numeri raccontano che, molto spesso, l’insano gesto viene consumato poco dopo l’ingresso nella casa circondariale o in scadenza di pena. Il report segnala come ad avere una forte influenza nel fenomeno sia la presenza all’interno degli istituti penitenziari di migliaia di persone cui è stata diagnosticata una patologia psichiatrica grave. Si parla di circa 6mila soggetti, ovvero il 12% delle persone detenute, mentre l’anno scorso la percentuale era del 10%. 1 individui su 5 tra quelli detenuti, racconta la relazione, fa regolare uso di antipsicotici, antidepressivi e stabilizzanti dell’umore, con picchi del 70% a Trento e del 44% a Modena, mentre il 40% assume sedativi o ipnotici. Come ribadito anche nelle precedenti relazioni, Antigone pone l’accento sull’enorme problematica del sovraffollamento carcerario, sottolineando come al 31 marzo dell’anno in corso, a fronte di una capienza ufficiale di 51.178 posti, i soggetti detenuti nelle carceri italiane erano 61.049, per un indice medio di affollamento del 119,3%. A primeggiare nella triste classifica è la puglia, con il 132,1% di affollamento, seguita da Lombardia (143,9%) e Veneto (134,4%). Rimodulando i calcoli sulla base della considerazione dei reparti provvisoriamente chiusi, il tasso di affollamento medio nazionale sale addirittura al 125,6%, con la Puglia che supera il 160% e la Lombardia che va oltre il 151%. A fine marzo le case circondariali con l’indice di sovraffollamento più alto erano Brescia Canton Monbello, con il 209,3%, Lodi, con il 200%, e Foggia, con il 195,6%. A ogni modo erano una quarantina, distribuite in tutta Italia, le strutture che facevano contare un affollamento superiore al 150%.
Un denso capitolo del rapporto è poi dedicato ai procedimenti penali per il reato di tortura – secondo cui, ricorda Antigone, “oggi è possibile agire penalmente in maniera efficace nei confronti di quei pubblici ufficiali che, abusando della propria autorità e dei propri poteri, offendono la professionalità e l’onore di quanti invece svolgono quotidianamente il loro lavoro nel rispetto della legge e dei diritti della persona” – che, da Nord a Sud, si stanno moltiplicando in tutto lo Stivale. L’associazione, che è parte civile in 5 di essi, ha tracciato la loro mappatura, contandone in tutto 25. La prima condanna in Italia per tale delitto è stata pronunciata il 15 gennaio 2021, quando il Tribunale di Ferrara ha condannato un agente di polizia penitenziaria per il reato di cui all’art. 613 – bis c.p. – introdotto nel 2017 – riconoscendolo colpevole di aver torturato un uomo detenuto nella casa circondariale della città toscana. Il rapporto ricorda che, da quel momento in avanti, sono emersi molti altri procedimenti, tra cui spiccano quello a carico di 105 funzionari dell’Amministrazione Penitenziaria accusati a vario titolo di tortura, omissione di denuncia, favoreggiamento, omissione in atti d’ufficio, falsità in atto pubblico e omissione di referto per le violenze che i detenuti di Santa Maria Capua Vetere avrebbero subito il 6 aprile 2020 e la condanna di 10 agenti di polizia penitenziaria della Casa di Reclusione di San Gimignano per tortura e lesioni aggravate in concorso nei confronti di un detenuto tunisino. Antigone ricorda che in quest’ultimo anno sono stati molti i tentativi di mettere mano al delitto di tortura, “per modificarlo, come il ddl n. 314, o per abrogarlo con il ddl n. 661”, appellandosi alle istituzioni insieme a molte altre organizzazioni – come Amnesty International Italia e A buon diritto – per chiedere che questa legge “non venga né modificata, né tantomeno abrogata”.
[di Stefano Baudino]
E’ davvero sconfortante lleggere quanto riportato nell’articolo , che già trovava motivazioni in un altro vostro interessantissimo articolo : Italia di polizia. Non solo dal sovraffollamento carcerario , dalla presenza sempre più evidente di violenze e troture e di suicidi , si evince che l’Italia ha smarrito da tempo la via dell’umanità e della stessa propria costituzione che prevede la riabilitazione all’interno delle case circondariali. Ma è addirittura ridicolo che ci si erga a giudici nei confronti di altri stati di cui denunciamo le stesse cose, come esempio di stati dittatoriali omicidi.