mercoledì 25 Dicembre 2024

In Europa si torna a reprimere i curdi: arresti e perquisizioni

Sotto il silenzio dei media italiani e dietro giustificazioni di quelli europei, la repressione dei curdi sta tornando a farsi sentire in maniera vigorosa in tutto il vecchio continente. Nella notte tra lunedì 22 e martedì 23 aprile, in occasione della Giornata internazionale del giornalismo curdo, in Belgio, più di un centinaio di agenti hanno fatto irruzione nell’edificio dove hanno sede le emittenti di Sterk TV e MedyaHaber, due dei più importanti canali televisivi curdi del Paese, perquisendo e mettendo a soqquadro l’intero edificio. Parallelamente, in Francia, sono stati arrestati nove “militanti curdi” con l’accusa di terrorismo, mentre in Turchia un’ulteriore agenzia di stampa curda con sede a Istanbul è stata oggetto di un raid che ha portato all’arresto di sette giornalisti. Il tempismo degli arresti e dei blitz della polizia appare quanto meno curioso, coincidendo essi anche con la visita del Ministro degli Esteri turco Hakan Fidan in Belgio, e della firma di oltre 20 accordi di scambio, relativi anche al settore della sicurezza proprio tra Turchia e Iraq.

In occasione dell’operazione condotta in Belgio, partita verso l’01.30 e durata circa quattro ore, la polizia ha circondato l’intero edificio ed effettuato ampie perquisizioni negli uffici senza inizialmente fornire alcuna giustificazione per le proprie azioni. In Francia, nel frattempo, venivano arrestati nove attivisti curdi di cui sei provenienti dal Centro Culturale Curdo di Drancy e tre attivi nella Bocca del Rodano. Secondo il quotidiano belga di lingua olandese De Standaard l’operazione condotta in Belgio sarebbe stata disposta dalla Procura nazionale antiterrorismo francese (PNAT), che avrebbe confermato allo stesso giornale tale ipotesi. Essendo tuttavia l’operazione legata a temi di sicurezza nazionale, non sono disponibili ulteriori informazioni. A denunciare le operazioni contro gli attivisti e i giornalisti curdi sono state numerose campagne e altrettanti movimenti curdi internazionali. Tra di essi vi è il Consiglio Democratico Curdo in Francia (CDK-F), che dopo i due blitz verificatisi in Francia e in Belgio ha rilasciato un comunicato per condannare le perquisizioni, accusando la PNAT delle sue azioni “che altro non sono che il prolungamento dell’offensiva genocidiaria condotta dalla Turchia contro le popolazioni curde”, di cui “la Francia, che preferisce sacrificare i diritti umani, e la democrazia” si farebbe portatrice “per degli interessi a breve termine”.

A fare dubitare della reale natura antiterroristica delle operazioni è il precisissimo tempismo con il quale si sono verificate le perquisizioni della polizia, contro cui hanno puntato il dito anche le stesse agenzie turche invase dalle forze dell’ordine. La Giornata internazionale del giornalismo curdo è infatti una ricorrenza molto sentita dall’universo degli attivisti curdi, poiché commemora la fondazione del primo giornale curdo, “Hawar”, al Cairo, in Egitto, 126 anni fa, rimarcando l’importanza della libertà dei media curdi. Come se ciò non bastasse, le operazioni che parallelamente si sono tenute in Turchia e gli annunci e le visite di natura diplomatica che stavano avendo luogo nelle stesse ore sollevano, come suggeriscono lo stesso CDK-F e Rete Kurdistan Italia, “il sospetto di un’interferenza turca e di tentativi di esportare sentimenti anti-curdi in Europa”. I medesimi accordi di scambio tra Turchia e Iraq ratificati in data 22 aprile prevedono, a detta dello stesso Erdogan, una maggiore cooperazione nell’ambito della sicurezza, e nello specifico “misure comuni” atte a contrastare la presenza del Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), principale organizzazione indipendentista attiva nel Kurdistan turco e iracheno, sul territorio. A riprova di ciò, arriva anche il fatto che solo un mese fa Baghdad aveva annunciato la decisione di mettere al bando il PKK aprendo la strada per il riconoscimento del movimento come organizzazione terroristica. I fatti di lunedì motte, inoltre, arrivano subito dopo il lancio di una ingente operazione militare da parte dell’esercito turco contro le Forze di Difesa del Popolo (HPG), il braccio armato del PKK, presso la località di Metina nel Kurdistan del sud.

Da ottobre 2023 i curdi hanno rilanciato la propria lotta armata in Turchia, mentre a marzo c’è stata una mobilitazione mondiale per chiedere la liberazione del leader curdo Abdullah Öcalan. Il popolo curdo è sempre stato descritto come un “popolo guerriero”, e l’Occidente, USA in particolare, si è spesso servito della sua resilienza per portare avanti i propri interessi nella regione mediorientale, come per esempio nel caso della guerra territoriale e militare contro Daesh. Essi però sono altrettanto spesso stati utilizzati come moneta di scambio, come nel recente caso degli accordi tra Erdogan e Paesi della Scandinavia candidati a entrare nella NATO, nei confronti dei quali il Presidente turco ha sciolto la propria riserva siglando un patto comprando la pelle dei curdi che abitano nella regione. Si sta rendendo a tal proposito sempre più evidente il doppio gioco che Erdogan sta facendo nel condannare il massacro palestinese da una parte per continuare a perpetrare la propria personale rappresaglia etnica dall’altra, sotto il solito silenzio generale dei media.

[di Dario Lucisano]

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2 Commenti

  1. Consoliamoci pure milko.tozzo. Tuttavia è chiaro a tutti quelli che pensano, di qualsiasi partito e ideologia, che ci troviamo a vivere in un continente con doppia e tripla morale e dove ogni atto repressivo e ingiustificato viene visto come normalità. Un continente dove, al di là della propagansda, l’essere umano non vale niente. È solo una merce di scambio.

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