La Grande Barriera Corallina australiana sta vivendo uno dei peggiori eventi di sbiancamento da quando abbiamo iniziato a monitorarne l’attività e gran parte della fauna mostra già gravi segni di danneggiamento dovuto all’innalzamento delle temperature degli oceani di tutto il mondo. Lo hanno annunciato le autorità australiane, aggiungendo che gli scienziati stanno ancora quantificando l’elevato danno cumulativo e irreparabile derivato dall’evento. Secondo i dati, il fenomeno ha raggiunto profondità dell’oceano da record e la Grande Barriera è stata soggetta ad un livello di stress da calore maggiore rispetto a qualsiasi sei precedenti eventi di sbiancamento di massa. «La Grande Barriera Corallina è un ecosistema incredibile e, sebbene abbia dimostrato più e più volte la sua resilienza, quest’estate è stata particolarmente impegnativa», ha commentato Roger Beeden, il capo scienziato delle autorità.
Lo sbiancamento dei coralli è quel fenomeno distruttivo che può portare alla morte le barriere coralline ed i loro ecosistemi in quanto viene a mancare la simbiosi tra i polipi del corallo e alcune alghe unicellulari. Dopo aver espulso l’alga simbiotica, la struttura si “sbianca” e, in assenza dell’unica fonte di nutrimento, i polipi sono destinati a morire di fame. Le principali cause di sbiancamento risiedono nel surriscaldamento degli oceani: è a causa dello stress generato dal calore o dall’inquinamento che i coralli espellono i microorganismi ed interrompono la simbiosi. Secondo i dati riferiti allo sbiancamento di 100 località sparse per il globo, il fenomeno si registra con maggiore frequenza durante le fasi del fenomeno climatico de El Niño-Southern Oscillation ed è significativamente aumentato dagli anni ’90 ad oggi. Per contrastare lo sbiancamento, l’unica soluzione è garantire la sopravvivenza dei coralli: solo una barriera dove i polipi non sono ancora morti può riprendersi completamente garantendo le giuste condizioni per un tempo sufficiente. Altrimenti, come sottolineato dagli scienziati che hanno lanciato l’allarme, i danni potrebbero risultare irreparabili.
A pochi giorni di distanza dall’allarme sull’aumento delle temperature oceaniche globali lanciato dalla National Oceanic and Atmospheric Administration e dell’International Coral Reef Initiative – rispettivamente l’agenzia scientifica e normativa statunitense del settore e una partnership globale per la protezione delle barriere coralline – le autorità australiane hanno rivelato che la Grande Barriera Corallina sta vivendo uno dei suoi peggiori eventi di sbiancamento degli ultimi decenni: il 73% delle barriere esaminate nel parco presenta uno “sbiancamento prevalente”, ovvero presente in oltre il 10% della copertura corallina di ogni barriera esaminata, mentre è stato osservato uno sbiancamento “molto elevato ed estremo” in quasi il 40% del l’ecosistema, ovvero in oltre il 90% della copertura corallina di ogni barriera. Secondo gli scienziati, tra le cause ci sarebbe il cambiamento climatico: «Il cambiamento climatico è la più grande minaccia per la Grande Barriera Corallina e per le barriere coralline a livello globale», affermano gli esperti, aggiungendo che il fenomeno potrebbe essere il test più grande mai effettuato finora sulla capacità di recupero di una delle meraviglie del mondo. «Le parti più meridionali della barriera corallina, che in precedenza erano state in gran parte risparmiate, questa volta sono state colpite in modo particolarmente duro, con lo sbiancamento che ha colpito molte più specie, estendendosi a profondità maggiori e colpendo alcuni dei coralli più antichi e resistenti. Questo è un disastro alle nostre porte», ha infatti commentato Simon Bradshaw, un direttore di ricerca presso l’organizzazione australiana senza scopo di lucro Climate Council.
[di Roberto Demaio]