mercoledì 25 Dicembre 2024

La Norvegia sperimenta la scuola senza smartphone: migliora la salute mentale dei giovani

Ormai da anni osservatori, aziende e accademici si chiedono se e quanto l’uso degli smartphone e – per estensione – dei social possa impattare sulla salute mentale delle persone, soprattutto su quella dei giovani e dei più vulnerabili. Uno studio coordinato dalla ricercatrice Sara Abrahamsson per l’Istituto norvegese della Sanità Pubblica offre in tal senso dei dati tangibili, suggerendo che la privazione del telefono possa giovare ai bambini. Almeno in alcuni contesti.

Il documento è stato pubblicato a inizio marzo, ma la sua esistenza è passata perlopiù inosservata fino a settimana scorsa, quando è finito al centro di un acceso dibattito pedagogico internettiano. Abrahamsson ha infatti analizzato 400 delle scuole medie norvegesi che hanno bandito l’uso dei telefonini durante le ore di lezione e ha registrato un riscontro che è di enorme valore pubblico e politico: attingendo a tre fonti di dati – un sondaggio nazionale sugli alunni, i registri demografici e un sondaggio sulle politiche adottate dai singoli istituti – l’accademica ha stabilito che la rimozione degli smartphone durante le lezioni si traduce in effetti positivi di varia natura.

A beneficiare del divieto sarebbero soprattutto le studentesse, le quali hanno evidenziato un “calo significativo” dello sviluppo di sintomi e malattie di natura psicologica. A distanza di tre anni dall’introduzione del divieto, la richiesta di consulti di specialisti di salute mentale è infatti calata del 60%. Le giovani avrebbero inoltre maturato un miglioramento delle prestazioni scolastiche. Gli studenti hanno riportato rivoluzioni decisamente più contenute, tuttavia è interessante notare che la decisione di bandire i telefoni abbia comunque impattato sui fenomeni di bullismo. Maschile e femminile che sia. Grazie anche alla presenza di adeguate politiche di contrasto, la privazione scolastica dei telefoni si sarebbe tradotta in un calo di circa il 40% dei fenomeni di violenze e vessazioni.

Gli esiti dell’analisi si dimostrano dunque ottimi e risultano ancora più marcati per i figli delle famiglie a basso reddito, i quali sarebbero più propensi a essere distratti dagli smartphone. Simili risultati sono riecheggiati dunque da The Policy Exchange, una think tank britannica, la quale si muove però in un contesto politico molto diverso. Il Governo UK sta d’altronde vagliando la possibilità di impedire la vendita degli smartphone e la creazione di account social agli under-16, una soluzione draconiana che è correntemente al centro di aspre critiche.

Il lavoro di Abrahamsson non mancherà comunque di far discutere, tuttavia rappresenta un contributo importante a un fenomeno che è ancora oggi estremamente ambiguo e sfaccettato. Se da un lato il report norvegese rinforza l’idea che alcuni lati della digitalizzazione siano deleteri alla salute dei giovani, molti obiettano che i divieti non rappresentino una soluzione lungimirante e che il fenomeno debba essere contrastato in altri modi, dall’alfabetizzazione digitale all’istituzione di norme che tengano a bada gli abusi delle Big Tech.

[di Walter Ferri]

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