Per la prima volta è stato osservato e documentato un orango che ha usato le foglie di una pianta per curarsi una ferita applicando alcune sostanze direttamente sulla lesione: è il caso di Rakus, un orango di Sumatra che è stato colto mentre applicava residui di piante masticate con proprietà antibatteriche e antiinfiammatorie direttamente sul volto, sfregiato probabilmente durante uno scontro con un rivale. Lo riportano le analisi inserite all’interno di uno studio sottoposto a revisione paritaria e pubblicato su Scientific Reports di Nature. Il team di ricerca, in 21 anni di osservazioni nel parco nazionale di Gunung Leuser in Indonesia, non aveva mai visto altri esemplari auto-medicarsi usando tale pianta: «Per quanto ne sappiamo, questo è il primo caso documentato di trattamento attivo della ferita con una specie vegetale con proprietà mediche da parte di un animale selvatico», ha dichiarato l’autrice senior dello studio Caroline Schuppli, biologa evoluzionista del Max Planck Institute of Animal Behavior.
Le osservazioni, come riportato dalla ricerca, sono iniziate dal 1994 e hanno avuto luogo nell’area di Suaq Balimbing, ovvero una zona da 350 ettari costituita principalmente da foreste torbiere e situata nel Parco Nazionale Gunung Leuser nel sud di Aceh, in Indonesia. È stato studiato e analizzato il comportamento di diversi oranghi di Sumatra, ovvero una delle tre specie endemiche dell’isola di Sumatra capace di crescere fino a 1,30/1,70 metri per un peso che va dai 50 ai 90 chilogrammi. Tra questi vi era Rakus: un maschio che si stima sia nato alla fine degli anni ’80 osservato per la prima volta nel 2009. Nel 2021 l’esemplare ha subito uno scatto di crescita diventando un maschio flangiato maturo: da quel momento, i ricercatori l’hanno osservato combattere con altri maschi per stabilire la dominanza e, nel giugno 2022, un assistente sul campo ha notato la comparsa di una ferita aperta nella parte destra del viso dell’orango, causata probabilmente – secondo i ricercatori – dai canini di un altro maschio.
Nei giorni successivi, Rakus è stato osservato mangiare gli steli e le foglie della pianta rampicante Akar Kuning (Fibraurea tinctoria), una specie tipica delle zone tropicali dell’Asia meridionale utilizzata dalla popolazione locale per trattare diabete, dissenteria, malaria e altre malattie. Alla curiosità causata dal fatto che gli oranghi della zona raramente si cibano di tale pianta, si è presto aggiunto lo stupore di un comportamento totalmente inaspettato e, secondo i ricercatori, osservato per la prima volta in assoluto: gli assistenti sul campo hanno visto Rakus masticare senza deglutire e usare le dita per spalmare il succo sulla ferita facciale per ben sette minuti. L’esemplare ha poi mangiato la pianta nuovamente il giorno successivo ed è stata riportata la sua guarigione dopo 8 giorni dalla lesione. «È il primo studio a dimostrare scientificamente che un animale utilizza una pianta con proprietà medicinali applicabili alle ferite, applicandola sulle ferite e trattandole costantemente per un periodo di tempo», ha dichiarato Michael Huffman, ricercatore che studia l’automedicazione degli animali presso l’Istituto di Medicina Tropicale dell’Università di Nagasaki in Giappone.
In passato erano già stati osservati comportamenti simili ma nessuno, almeno secondo i ricercatori, è stato paragonabile a quello di Rakus: «Il suo comportamento sembrava essere intenzionale. Ha trattato selettivamente la ferita facciale sulla flangia destra con il succo della pianta e nessun’altra parte del corpo. Il comportamento è stato ripetuto più volte, non solo il succo della pianta ma in seguito è stato applicato anche materiale vegetale più solido finché la ferita non fu completamente coperta. L’intero processo richiese una notevole quantità di tempo», ha spiegato Isabelle Laumer, primatologa e biologa cognitiva dell’Università di Los Angeles. «L’osservazione suggerisce che le capacità cognitive necessarie per il trattamento attivo delle ferite con le piante potrebbero essere antiche quanto l’ultimo antenato comune degli oranghi e degli esseri umani. Tuttavia, resta da indagare quali siano esattamente queste capacità cognitive. Sebbene questa osservazione mostri che gli oranghi sono in grado di curare le loro ferite con le piante, non sappiamo fino a che punto comprendano il processo», ha concluso la biologa Schuppli.
[di Roberto Demaio]
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