giovedì 21 Novembre 2024

“Contributo innovazione”: i nuovi aiuti di Stato all’informazione dominante

Il Capo del Dipartimento per l’Informazione e l’Editoria della Presidenza del Consiglio dei ministri ha pubblicato l’elenco dei soggetti a cui è riconosciuto il contributo previsto per gli investimenti in tecnologie innovative 2022, che prevede tra le altre cose finanziamenti indirizzati agli “investimenti delle imprese editoriali di giornali e periodici”. Spulciando l’elenco viene confermata per l’ennesima volta la sostanziale iniquità che caratterizza i finanziamenti pubblici ai giornali e alle imprese editoriali italiani. Se ci si limita infatti a gettare un rapido sguardo sulla lista dei finanziamenti erogati, si può facilmente notare come dei 7,5 milioni di euro di finanziamento previsti alla categoria (di cui poco meno di 7,3 milioni erogati), la maggior parte finirà in mano a pochi eletti, e nello specifico ai soliti RCS (editore del Corriere della Sera), e GEDI (editore di La Stampa e Repubblica), e alle maggiori agenzie di stampa del Paese. Il contributo per “l’innovazione digitale”, insomma, parrebbe più rivolto a salvare dal naufragio tutti quei grandi canali mediatici che da anni stanno vivendo un forte calo nelle vendite e nei lettori, e rispetterebbe quella tradizione tutta italiana di riservare la maggior parte dei finanziamenti pubblici a poche grandi realtà.

La misura di “sostegno all’innovazione” è parte di un ampio decreto varato il 28 settembre 2022 che prevede il finanziamento per complessivi 90 milioni di euro. Gli investimenti ammessi al contributo devono essere rivolti a una serie di progetti dai confini piuttosto fumosi. È il caso, ad esempio, degli investimenti in “interfacce” che “consentano la produzione e distribuzione di contenuti in realtà aumentata”, di progetti “applicativi di intelligenza artificiale”, o ancora di altisonanti investimenti di “cybersecurity” che garantiscano “la business continuity” per “evitare danni reputazionali”. Dei 90 milioni di euro previsti dal maxi-pacchetto relativo al 2022 (per l’anno 2023 diventeranno 140 milioni) quelli concernenti gli “investimenti delle imprese editoriali di giornali e periodici” prevedono un tetto massimo di 7,5 milioni, quasi tutti erogati.

La lista dei beneficiari è stata pubblicata domenica 26 aprile, data e giorno per lo meno curiosi, che giustificherebbero anche perché l’annuncio del Dipartimento dell’Informazione sia passato particolarmente in sordina. In lista appaiono 27 diversi nomi. A catalizzare l’attenzione, tuttavia, è la distribuzione dei finanziamenti erogati: la maggior parte dei fondi stanziati sono indirizzati nelle mani di pochi soggetti, ossia i colossi dell’editoria italiana. Dato particolarmente comico visto che la discutibile classifica sulla libertà di stampa redatta nei giorni scorsi da Reporter Senza Frontiere lodava il panorama mediatico italiano proprio per il suo presunto ampio ventaglio di diversificazione. Nello specifico, al primo posto vediamo GEDI News Network, di proprietà dell’omonimo gruppo GEDI – maxi-polo editoriale nelle mani di John Elkann – che ha ricevuto un totale di finanziamenti pari a 1.401.549,54 euro, che se vengono sommati a quelli di GEDI Digital superano di gran lunga il milione e mezzo di euro, garantendosi il 22,53% del totale stanziato. Al secondo posto si trova RCS Mediagroup di Urbano Cairo, il cui ammontare di denaro, se sommato al finanziamento rivolto a Cairo Editore, supera il milione di euro, pari al 13,76% del totale. Ai primi due soggetti in classifica, insomma, è destinato più del 35% del totale dei finanziamenti.

Se ai fondi stanziati a GEDI e RCS si aggiungono quelli rivolti a grandi gruppi come Sole24Ore e Maggioli, e quelli destinati alle tre maggiori agenzie di stampa del Paese, (la tanto discussa AGI, ANSA, e ADN), si ottiene un ammontare che supera l’80% del finanziamento totale. In generale i primi dieci posti della classifica superano l’86% dei finanziamenti totali, a conferma della stessa tendenza a finanziare i grandi canali mediatici che pare vedersi, con qualche piccola eccezione, anche per quanto concerne i finanziamenti erogati mediante il contributo pubblico diretto. Quello che parrebbe un continuo privilegiare i grandi giornali e gruppi editoriali anche in quelle iniziative che dovrebbero essere rivolte al sostegno alla “innovazione” potrebbe sfociare in un autentico salvataggio pubblico di quei i grandi media che da anni stanno andando alla deriva sia in termini di bilancio che di lettori, in una dinamica di perdita complessiva di attrazione da parte dell’informazione mainstream a cui non sfuggono nemmeno i telegiornali.

[di Dario Lucisano]

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