martedì 3 Dicembre 2024

Diga di Genova: malaffare, ritardi e costi gonfiati, ma per Salvini è il modello da seguire

Uno dei filoni delle indagini che stanno travolgendo il presidente della Liguria, Giovanni Toti, riguarda la costruzione della nuova diga di Genova, l’opera in assoluto più importante e costosa del Pnrr. In una delle tante intercettazioni cui si fa riferimento alla diga, Toti ammetteva infatti che l’opera era «sostanzialmente per Spinelli», l’ex presidente del porto, anche lui agli arresti. L’opera appariva già controversa, tanto che l’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) l’ha attenzionata: i lavori, che sono affidati senza gara al gigante WeBuild di Pietro Salini, dovevano avanzare fino al 12% del completamento entro la fine del 2023, invece sono fermi al 2,5%. Il costo era stimato in 300 milioni ma è lievitato fino a 1,3 miliardi. Tuttavia il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, ha difeso a spada tratta la prosecuzione dei lavori, dichiarando: «Verrò a inaugurare la posa in acqua del primo cassone della diga di Genova, nessuno usi le inchieste per bloccare lo sviluppo del Paese». Salvini aveva già fatto richiesta di affidare al consorzio Eurolink, capeggiato proprio da WeBuild, anche i lavori per il ponte sullo Stretto di Messina.

La relazione dell’ANAC

Nel maggio dell’anno scorso, il Tar della Liguria aveva annullato l’affidamento dei lavori per la diga a causa della mancanza del requisito del curriculum del consorzio vincente. Trattandosi di un’opera finanziata con le risorse previste dal Pnrr, però, l’annullamento dell’affidamento «non comporta la caducazione del contratto già stipulato», dunque i lavori non si sono fermati. Ma all’orizzonte c’è un grande rischio di impennata dei costi. A delineare lo spaccato è l’ANAC, l’Autorità Nazionale Anticorruzione, all’interno della sua relazione annuale al Parlamento. Soffermandosi sull’appalto del capoluogo ligure, il Presidente dell’ANAC Giuseppe Busia ha sottolineato come la prospettiva di «significativi aumenti dei costi» è riconducibile alle disposizioni che “in caso di annullamento degli affidamenti finanziati dal Pnrr, non prevedono la caduta del contratto affidato illegittimamente, ma riconoscono il diritto al risarcimento agli operatori pretermessi”. Il risultato finale è che, ovviamente, “la stazione appaltante finisce per dover remunerare entrambi”. Ma c’è di più. Nella relazione, infatti, l’ANAC ha fatto espresso riferimento a “numerose criticità nello svolgimento delle procedure di affidamento che attengono alla corretta attuazione dei principi inderogabili di concorrenza”. Nello specifico, si fa riferimento “alla mancata motivazione sottesa alla procedura negoziata senza bando, al mancato rinnovo della procedura di gara a seguito di gara andata deserta, all’adozione di un prezziario non aggiornato, all’assenza di criteri per l’attribuzione dei punteggi per la formazione della graduatoria, all’alterazione delle condizioni iniziali della gara e alla nomina del collegio degli esperti a buste aperte”.

L’inchiesta di Genova

A pesare sulla vicenda della nuova diga di Genova ci sono anche gli spunti di indagine della maxi-inchiesta sulla corruzione in Liguria, che hanno tra gli altri portato all’arresto il governatore Giovanni Toti, l’ex presidente dell’Autorità portuale e attuale ad di Iren, Paolo Emilio Signorini, e l’imprenditore portuale Aldo Spinelli. All’interno delle intercettazioni, il progetto – fortemente voluto da Spinelli, che puntava a ritagliarsi nuovi spazi nel porto – viene menzionato molto spesso. Nel giugno del 2022, a gara aperta, Toti parla con Signorini, spiegandogli di aver sentito il numero uno di WeBuild, Pietro Salini, che avrebbe ritenuto troppo basso il prezzo: «Lui vuol capire se poi noi glieli diamo sto 20 per cento di incremento dei prezzi, perché se no dice poi come ca…o facciamo?», dice Toti. In risposta, Paolo Signorini cerca di rassicurarlo: «Noi la Diga la finanziamo in ogni modo». I due interlocutori si accordano poi sulla volontà di prendere appuntamento con Salini di lì a poco per mettere un punto sulla questione. Il 30 giugno il bando andrà deserto per la mancata partecipazione dei due principali gruppi interessati, Webuild-Fincantieri più Fincosit e la cordata di Acciona, Gavio e Rcm. Spinelli e Signorini continueranno a parlare dell’opera, il cui progetto verrà successivamente diviso in due fasi, di cui la prima sarà aggiudicata alla cordata di WeBuild. In un’altra intercettazione, commentando un pranzo avuto da Spinelli con l’ex presidente della Regione Claudio Burlando, Signorini riferisce a Toti che Burlando è intenzionato a sostenere la linea dell’inutilità della nuova diga. «Così impara Spinelli a farci i suoi pranzi, visto che la diga sostanzialmente è per Spinelli», risponde piccato Toti.

Le parole di Salvini

Ad ogni modo, nonostante i rilievi di ANAC e quanto emerso dall’inchiesta, il Ministro dei Trasporti e leader leghista Matteo Salvini non arretra di un millimetro. Dopo aver dichiarato che, quando sarà il momento, approderà a Genova per «la posa in acqua del primo cassone della diga», ha detto che farà di tutto affinché l’indagine non fermi quel «rinascimento economico, turistico, commerciale, industriale, infrastrutturale» di cui Genova e la Liguria sono protagoniste, impegnandosi affinché «i cantieri che servono non a Salvini, ma ai liguri, agli italiani, vadano avanti e quindi non si interrompano i lavori sul porto, sulle ferrovie, sulle autostrade della Liguria e su quella straordinaria città che è Genova». Secondo Salvini, infatti «solo in Italia si riesce a politicizzare una ferrovia, un’autostrada, una diga o un ponte». Lo stesso Salvini è colui che, da ministro, ha deciso di ripristinare il progetto del 2011 per la realizzazione del Ponte di Messina del consorzio Eurolink, capeggiato sempre da WeBuild. Nella sua relazione, ANAC ha osservato che i costi per la realizzazione del Ponte, che oggi arrivano a ben 14 miliardi, “potrebbero subire notevoli aumenti in considerazione di ulteriori richieste e prescrizioni che potrebbero essere formulate da Eurolink”.

Rischi e difetti

Tra i più qualificati oppositori della realizzazione della diga di Genova c’è il consulente internazionale Piero Silva, che è stato anche direttore tecnico nella prima fase del progetto e che poi, non condividendolo, si è dimesso. In una lettera aperta, l’anno scorso l’esperto aveva evidenziato i difetti e l’antieconomicità dell’opera. In primis, secondo Silva, “la diga proposta dall’Autorità portuale è un progetto mastodontico, assolutamente sovradimensionato se paragonato ai modesti obiettivi raggiunti”, con un layout “inadeguato”, constando di “un cerchio di evoluzione delle grandi navi troppo ad ovest per servire al bacino storico e una doppia imboccatura a levante che aumenterà l’energia in ingresso del moto ondoso proprio dalla direzione da cui – dai dati degli ultimi anni – le onde aumentano la loro frequenza”. Il rischio tecnico, per Silva, risulterebbe “altissimo”, poiché si prevede che la diga sia costruita “su uno spesso strato limoargilloso inconsistente, a profondità dove la consolidazione di tale strato – indispensabile – è considerata dagli esperti impossibile”. Inoltre, l’opera metterà a suo dire “in conflitto porto e città, in controtendenza con l’attuale impegno di realizzare ‘Green Ports’”, per il “progressivo sviluppo di un terminale per grandi navi contenitori davanti alle abitazioni del lungomare Canepa” e per la “lunga durata di un grande cantiere di opere marittime proprio dentro alla città”. In merito a spese e tempistiche, Silva non ha dubbi: “Avrà costi (2 a 2,5 miliardi) e tempi (12 a 15 anni di lavori) spropositati, mascherati da promesse che non potranno essere tenute”.

[di Stefano Baudino]

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