Azione si presenterà al voto dell’8 e 9 giugno con la lista Siamo europei. La formazione guidata da Carlo Calenda comprende altri otto tra partiti politici e movimenti: NOS, i Popolari Europeisti Riformatori, il Partito Repubblicano Italiano, il Movimento Repubblicani Europei, l’Associazione Socialista Liberale, la Democrazia Liberale, la Piattaforma Civica Popolare Riformatrice e il Team K. Confermata, dunque, la rottura con +Europa e Italia Viva, che invece parteciperanno alle elezioni con la lista “Stati Uniti d’Europa”. Entrambe le formazioni cercheranno di superare la soglia di sbarramento, raccogliendo almeno il 4 per cento dei voti totali, per poi ritrovarsi al Parlamento europeo nello stesso gruppo politico: Renew Europe. Il 3 maggio scorso Siamo europei ha presentato un programma in dieci punti, che riportiamo di seguito.
Carta d’identità: Siamo europei
Leader: Carlo Calenda
Orientamento: Centro. Tra le ideologie si annoverano liberalismo ed europeismo
Gruppo politico al Parlamento europeo: Renew Europe
Ultima legislatura: eletto 1 eurodeputato (di Azione). A febbraio 2024 si è poi unito ad Azione l’eurodeputato Fabio Massimo Castaldo.
I capolista nelle cinque circoscrizioni: Elena Bonetti (nord-ovest), Carlo Calenda (nord-est, centro, sud e isole)
Programma
- Sostegno militare all’Ucraina, a cui vanno assicurati “i mezzi per contrastare l’aggressione russa e riconquistare le parti del suo territorio ancora sotto il controllo di Putin”. Non viene citato il cessate il fuoco e dunque il raggiungimento di negoziati;
- Sì all’esercito europeo, considerato il primo passo verso gli Stati Uniti d’Europa (che è l’obiettivo principale dell’omonima lista creata da +Europa e Italia Viva). L’esercito europeo dovrebbe essere “sotto diretto comando della Commissione UE”, organo che non gode di legittimazione diretta, finito di recente nella bufera per la gestione della pandemia da Covid-19, come dimostra la controversia dei messaggi tra la presidente Ursula von der Leyen e l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla andati misteriosamente scomparsi;
- Eliminazione del voto all’unanimità del Consiglio dei ministri dell’Ue e assegnazione al Parlamento europeo dell’iniziativa legislativa (oggi affidata alla Commissione);
- Tolleranza zero rispetto alle violazioni dello Stato di diritto. “In questo contesto una priorità deve essere il contrasto alle indebite ingerenze nei processi decisionali europei delle dittature straniere attraverso finanziamenti diretti e indiretti a partiti e singoli rappresentanti politici”;
- Riforma dell’attuale impianto del Green Deal – il pacchetto di iniziative europee legate alla transizione verde – ritenuto troppo ambizioso a causa di obiettivi irraggiungibili. Sì all’uso del nucleare di ultima generazione;
- Nascita di “una politica industriale comune, sostitutiva degli strumenti nazionali, a difesa del mercato unico. In questo contesto dobbiamo necessariamente armonizzare le aliquote fiscali e le basi imponibili per ciò che riguarda la tassazione degli utili e delle imprese”;
- Ripresa del percorso per un accordo commerciale con gli USA: il Transatlantic Trade and Investment Partnership, che prevede l’apertura “reciproca dei mercati agli investimenti e al commercio” tra Stati Uniti e Unione Europea, con tanto di abolizione delle barriere tariffarie e non tariffarie;
- Regolamentazione dell’età di accesso ai social e ai siti vietati, in ottemperanza al Digital Services Act (che l’anno scorso ha sollevato non poche polemiche per i rischi connessi alla limitazione del diritto alla libera espressione), e della responsabilità delle piattaforme sui contenuti pericolosi o falsi pubblicati;
- Puntare sul Meccanismo Europeo di Solidarietà (MES) per potenziare i Sistemi Sanitari Nazionali. È necessario “un nuovo PNRR dedicato ai diritti sociali”. “Dovranno poi essere finanziati a livello europeo strumenti per la formazione permanente dei lavoratori. È urgente e indispensabile la fondazione di un nuovo sistema di welfare 4.0 che comprenda anche il sussidio di disoccupazione europeo”;
- Maggiori aiuti per lo sviluppo infrastrutturale ed economico, la sanità e l’istruzione dei Paesi africani. A una condizione però: la protezione delle frontiere. Dunque si ricalca il vecchio schema italiano (leggasi memorandum del 2017 con la Libia) ed europeo fatto di soldi in cambio della “gestione” dei flussi migratori, il che fornisce sostanzialmente carta bianca ai trafficanti di esseri umani stanziati in Nord Africa. Siamo europei prevede, in materia, maggiori poteri alla Commissione;
- Superamento dell’accordo di Dublino “con l’introduzione di una redistribuzione obbligatoria, preventiva e permanente dei richiedenti asilo tra gli Stati membri, senza possibilità di esoneri attraverso il versamento di contributi finanziari”. Praticamente il contrario dell’ultimo Patto sui migranti che Azione ha aiutato ad approvare in sede europea.
Le votazioni in Europa
- Recovery Fund (9 febbraio 2021): voto a favore. L’indirizzo delle risorse del fondo (209 miliardi di euro) è stato definito dall’Italia attraverso il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR);
- Regolamento sull’identità digitale (29 febbraio 2024): voto a favore. La nuova identità digitale conterrà tutti i dati dei cittadini europei e permetterà loro di accedere a servizi pubblici e privati con un click, in tutta l’Unione. Norma che ha sollevato parecchi dubbi circa i possibili “effetti collaterali” in termini di sorveglianza e repressione;
- Direttiva sulle emissioni industriali (12 marzo 2024): voto contrario. La norma prevede multe del 3% del fatturato annuo per gli allevamenti di medio-grandi dimensioni che non adottato le “migliori tecnologie disponibili” per minimizzare le emissioni inquinanti. Il voto contrario non aveva l’obiettivo di tutelare i piccoli allevatori, piuttosto forniva l’ennesimo assist a favore dell’insostenibile sistema degli allevamenti intensivi;
- Nuovo Patto su migrazione e asilo (10 aprile 2024): voto a favore, su tutte e dieci le leggi che lo compongono. Ampiamente criticato dalle ong per i diritti umani, la misura non risolve i problemi strutturali della gestione europea del fenomeno migratorio ma, facendo leva sull’entusiasmo della quasi totalità della classe politica, li aggrava;
- Riforma del Patto di Stabilità (23 aprile 2024): voto contrario. Delle sue controversie abbiamo scritto più volte su L’Indipendente, sottolineando l’obiettivo principale della misura: limitare il più possibile l’intervento statale nell’economia per promuovere, invece, il ruolo dei privati secondo uno dei pilastri del modello economico liberista.
La comunicazione politica
L’immagine fa la sua parte, soprattutto in campagna elettorale. La chiave del successo sta nella corrispondenza tra l’immagine trasmessa e quella percepita. In mezzo c’è un baratro profondo, buio, colmo di imbarazzo che rischia di trasformarsi in un tremendo autogol per i candidati che si espongono. Tra resoconti quotidiani sugli appuntamenti della campagna elettorale, sondaggi su Instagram e commenti su temi di attualità Carlo Calenda ha puntato forte sulla figura del politico del popolo, per il popolo e vicino al popolo. Il tutto accompagnato dall’inconfondibile cadenza romana, tratto personale che però performa nell’ottica di mostrarsi inscalfibile alla sopraggiunta vita politica, vista dai più come pratica immorale e decadente. A inizio maggio Calenda ha calato il carico con BlaBlaCarl, offrendo dunque a elettori, simpatizzanti o semplicemente curiosi un passaggio in macchina verso la prossima destinazione. Il costo della tratta? “Chiacchiere e caffè”.
Della lista Siamo europei meritano poi due menzioni speciali Germano Craia e Massimo Seri. Il primo per un video in cui ha illustrato la sua agenda a suon di “Adentro!”, parodiando il presidente argentino Javier Milei e il suo famoso slogan “Afuera!”. Non è stato da meno il sindaco di Fano, che ha realizzato un corto in cui due ragazzi giocano con il suo cognome (“facciamo i seri”) invitando a votare per “un’Italia e un’Europa più forti”.
In poche parole
La discussione circa la presenza del nome del leader all’interno del simbolo della lista e tra le fila di quest’ultima – nonostante un incarico parlamentare o governativo – ha infiammato il dibattito pubblico delle ultime settimane. Siamo europei ha risposto presente in entrambi i casi, optando per la scritta Azione con Calenda nel logo e per il piazzamento del leader romano come capolista in quattro delle cinque circoscrizioni in cui sarà divisa l’Italia. Ipotesi che soltanto poche settimane fa lo stesso Calenda aveva rigettato, definendola una presa in giro per gli elettori. Il giro di valzer è stato giustificato al grido di così fan tutti, in riferimento alle scelte analoghe intraprese, ad esempio, da Giorgia Meloni, Elly Schlein e Antonio Tajani. Ad accomunarli è il fatto che, in caso di elezione, rinunceranno all’incarico di europarlamentare, continuando con i propri impegni in Parlamento o al governo. Insomma, si tratta di un tentativo per accaparrarsi più voti possibili, che non andranno persi ma aiuteranno gli altri candidati della lista ad arrivare a Strasburgo.
Nel programma elettorale non vengono mai citate Gaza e la Palestina in generale. Il massacro realizzato da Israele, che ha assunto le dimensioni e la forma di un genocidio, viene liquidato con l’espressione “crisi in Medio Oriente”.
Siamo europei, così come le altre coalizioni costruite su un centro (Azione) circondato da vari punti periferici (gli altri otto partiti/movimenti), è tenuta insieme dal più classico degli do ut des. Il sostegno delle formazioni minori è funzionale al superamento della soglia di sbarramento, fissata per le elezioni europee al 4 per cento dei voti totali. In cambio, questi partiti e movimenti, a seconda della loro grandezza, del radicamento sul territorio e degli obiettivi a medio-lungo termine ottengono pubblicità, qualche nome nelle liste e la possibilità di avere un minimo di voce in capitolo rispetto a determinati temi.
Dei vari esponenti dei partiti minori in corsa con Azione soltanto Elena Bonetti è riuscita a ottenere la candidatura da capolista in una circoscrizione, quella del nord-ovest. Dopo aver abbandonato Italia Viva, con cui ha ricoperto il ruolo di ministra per le pari opportunità e la famiglia durante il governo Draghi, Elena Bonetti si è messa alla guida dell’associazione Popolari Europeisti Riformatori che, insieme alla Piattaforma Civica Popolare Riformatrice e a una delle correnti interne di Azione, rappresenta la linea cattolica della lista. Questa convive con il Partito Repubblicano Italiano, che nacque nel 1895 proprio dalla frattura Stato-Chiesa, con una profonda avversione nei confronti del potere temporale del Vaticano. Nella lista Siamo europei fa poi il suo esordio Nos, “il primo media-partito al mondo” creato dal fondatore di Will Media Alessandro Tommasi, che ha dichiarato: «non abbiamo l’ambizione di essere un partitino dello zero virgola. Vogliamo contribuire a mettere insieme tutti quelli che credono negli Stati Uniti d’Europa e nei valori liberaldemocratici».
[di Salvatore Toscano]