sabato 21 Dicembre 2024

Tra i bambini di tutto il mondo aumenta la miopia, ma la soluzione sarebbe semplice

Una vera e propria epidemia di miopia infantile sta colpendo tutto il mondo e la didattica a distanza adottata durante la pandemia di Covid-19 ha accelerato notevolmente il processo trasformando la forma dei bulbi oculari dei bambini: lo riporta un nuovo articolo pubblicato nell’area stampa della rivista scientifica Nature, il quale si basa su oltre una dozzina di studi condotti in Europa ed in Asia. Trascorrere molto più tempo al chiuso e concentrarsi sugli schermi dei dispositivi digitali avrebbe migliorato la chiarezza delle immagini ravvicinate sulla retina ma, d’altra parte, peggiorato la risoluzione degli oggetti più lontani, che appaiono ora più sfocati e meno distinguibili. La soluzione – secondo gli esperti – sarebbe semplice: bisogna cercare di invertire il processo e aumentare la quantità di tempo passata all’aperto. Tuttavia, tali strategie si sono rivelate difficili da attuare in società che incentivano i lavori al chiuso o composte da aree urbane con accesso limitato a spazi verdi sicuri, e per questo gli scienziati stanno studiando nuove tecnologie innovative.

Durante la pandemia di Covid-19, i bambini di tutto il mondo sono stati costretti a rinunciare a gran parte della loro vita sociale vivendo principalmente in luoghi chiusi e imparando ciò che doveva essergli insegnato a scuola attraverso i dispositivi digitali e la didattica a distanza. Ciò ha portato ad una diminuzione sostanziale del tempo trascorso all’aperto e questo cambiamento ha allungato i bulbi oculari dei loro occhi, che si sono adattati per tenere a fuoco gli oggetti usati a corto raggio durante il periodo di distanziamento. Questo fenomeno è stato riportato da diversi studi che vanno dall’Europa all’Asia fino ad arrivare ad Hong Kong, dove una ricerca ha rivelato che l’incidenza di bulbi oculari patologicamente allungati era quasi raddoppiata. I tassi di miopia erano già in forte espansione prima della pandemia – spiega Neelam Pawar, oculista pediatrico presso l’Aravind Eye Hospital di Tirunelveli, in India – ma ora, quelle previsioni allarmanti sembrano addirittura troppo modeste: «Non credo che raddoppierà. Triplicherà», ha aggiunto.

La soluzione sarebbe semplice: più attività all’aperto durante l’infanzia, periodo in cui è più probabile che si verifichino cambiamenti nella struttura degli occhi. Secondo alcuni studi condotti in Asia infatti, un’ora di pausa in più al giorno all’aperto può ridurre notevolmente l’incidenza della miopia. Tuttavia, le ricerche hanno rivelato che tali strategie sono tutt’altro che semplici da attuare in società che incentivano i lavori eseguiti all’interno di spazi chiusi – come le carriere accademiche – o che sono sprovviste di aree urbane con accesso illimitato a spazi verdi e sicuri. «Convincere i bambini ad andare all’aria aperta è una cosa difficile», ha infatti confermato Nathan Congdon, un oftalmologo della Queen’s University di Belfast. I ricercatori, quindi, stanno studiando nuove tecniche per “portare l’esterno all’interno” che non richiedano revisioni del comportamento infantile sfruttando aule di vetro, impianti di illuminazione speciali, carte da parati a tema naturale e occhiali che emettono luce. Tuttavia, l’ostacolo principale risiede nel fatto che gli scienziati non comprendono ancora che cosa dell’esposizione all’aperto aiuti effettivamente a prevenire la miopia.

Secondo una teoria, man mano che l’occhio si sviluppa adegua la sua forma in risposta a determinati segnali visivi. Se questi indicano che l’occhio è troppo corto, questo si allungherà per mettere a fuoco gli oggetti. D’altra parte, se l’occhio diventa troppo lungo riceverà segnali di “stop” che preverrebbero la miopia. Secondo altre teorie invece, i benefici dell’esposizione all’aperto potrebbero essere meno legati alla luce e più associati alla sfocatura: il paesaggio all’aperto – al contrario degli spazi chiusi ricchi di oggetti a distanze variabili – è più strutturato e i suoi elementi sono visti a distanze così grandi che si fondono in una immagine sola, la quale “comunicherebbe” all’occhio di smettere di crescere.

Tutte le teorie, però, sembrano concordare con un obiettivo: cercare soluzioni che imitino i benefici dell’esterno in spazi chiusi. Uno studio del 2015 ha rilevato che dotare le aule di plafoniere più luminose del solito ha ridotto significativamente l’incidenza di miopia e altri approcci basati sul far entrare più luce naturale negli ambienti didattici – utilizzando per esempio vetro e acciaio per creare aule più luminose – hanno portato risultati tutt’altro che indifferenti, anche se secondo altri esperti i costi di costruzione e alcuni rischi per la sicurezza renderebbero il concetto impraticabile. Alcuni scienziati stanno sviluppando un metodo alternativo che prevede l’erogazione di luce direttamente nel bulbo oculare, anche se si sta ancora discutendo su quale lunghezza d’onda sia più vantaggiosa e perché. Per ora, la strategia che sta guadagnando più popolarità in tutti il mondo prevede l’uso di un dispositivo che emette un laser a bassa intensità che migliorerebbe il flusso sanguigno nel bulbo oculare, anche se alcuni specialisti hanno sollevato preoccupazioni sulla sicurezza dopo che una ragazza di 12 anni ha riportato danni alla retina. Infine, una ricerca condotta nell’angolo sud-occidentale della Cina ha svelato che introdurre nelle classi carte da parati su misura che replicavano la complessità visiva di un parco naturale comporta un allungamento degli occhi significativamente inferiore rispetto a quello registrato nelle aule standard.

Si tratta di un insieme di strategie tutte diverse per complessità e meccanismo d’azione ma che dovranno essere tutte considerate se si intende sviluppare un metodo per combattere l’epidemia di miopia infantile in corso. «La società deve fare una scelta fondamentale» – ha affermato l’economista sanitario Kevin Frick – e la salute della vista dei bambini è in gioco.

[di Roberto Demaio]

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