Giovedì mattina, dopo un mese di proteste e occupazioni in solidarietà con la Palestina e a fronte del mancato confronto con il rettore dell’istituto, nove studenti del Politecnico di Torino si sono incatenati all’edificio. Con loro vi era anche un docente, Massimo Zucchetti, candidato nel 2015 al premio Nobel per la Fisica. In tutta risposta, l’Università ha chiesto l’intervento delle forze dell’ordine e della sicurezza privata, che, secondo le testimonianze rilasciate dai presenti a L’Indipendente, hanno prima spintonato e poi caricato gli studenti presenti sulle scalinate. Uno dei membri della sicurezza avrebbe inoltre rivolto il saluto romano agli studenti, in quello che ha tutta l’aria di essere un deliberato atto provocatorio – oltre che reato di apologia del fascismo. Da circa un mese gli studenti occupano l’Aula Magna del Politecnico – rinominata Aula Sufyan Tayeh, rettore dell’Università di Gaza ucciso dagli attacchi israeliani nel dicembre dello scorso anno – per chiedere all’Università di interrompere gli accordi di collaborazione scientifica con Israele e in segno di solidarietà con la popolazione di Gaza, soggetta da ormai oltre otto mesi all’aggressione israeliana, che ha già causato oltre 37 mila morti tra i civili.
«Ci siamo incatenati ai cancelli perchè pensavamo fosse un tipo di azione che potesse richiamare l’attenzione alla necessità di dialogo, che dopo un mese di occupazione non siamo riusciti a instaurare nè col rettore Corgnati nè col vicerettore – spiega a L’Indipendente Aurora, una delle studentesse del Politecnico che ha deciso di incatenarsi ai cancelli dell’istituto». Insieme a loro vi era anche il professor Massimo Zucchetti, professore ordinario e candidato al Nobel per la Fisica nel 2015. «Oggi mi sono incatenato ai cancelli del Politecnico in solidarietà con i ragazzi e ragazze dell’Intifada Studentesca, che da oltre un mese tengono vivo il mio Ateneo occupandolo e protestando contro la strage di civili, uomini donne bambini e anziani che si sta consumando da otto mesi a Gaza. Sono morti quarantamila innocenti. Le sette Università della Striscia di Gaza sono tutte distrutte, come le case, le scuole, gli ospedali» riferisce Zucchetti, aggiungendo come le modalità della sua protesta fossero ispirate alle lotte del Movimento No TAV. Come spiegato dagli studenti, «Tutto questo mese non abbiamo ottenuto risposta nè dal rettore nè dall’Ateneo e per questo oggi abbiamo deciso di incatenarci ai cancelli della sede principale del Politecnico, per bloccarli per tutta la giornata. È particolarmente importante in questo momento che il Politecnico prenda una posizione, anche dopo i recenti attacchi di Rafah e quello di pochi giorni fa a Nuseirat. Per questo, come facciamo da un mese, continueremo a chiedere al Politecnico di Torino di interrompere tutti gli accordi con Israele e con le aziende belliche».
«In concomitanza a quest’azione simbolica, avevamo anche preparato alcuni finti checkpoint, che richiamano quelli in Palestina, per sensibilizzare studenti e studentesse e richiamare le difficolità quotidiane dei palestinesi» riferisce Aurora. Le azioni degli studenti sono state presidiate per l’intera mattinata dagli agenti della sicurezza del Politecnico: «uno di loro ha letteralmente spintonato uno dei nostri compagni, senza motivo, facendolo cadere su uno dei checkpoint di legno». Le azioni violente sono proseguite contro tutti gli studenti che, mano a mano, si sono radunati sulle scalinate dell’istituto in solidarietà con i compagni incatenati. «Alcuni compagni si sono sistemati di fronte alla porta del Rettorato, per mimare una dinamica di pressione, e in molti sono stati spintonati dalle forze di sicurezza. A una ragazza hanno persino tolto un fumogeno di mano e gliel’hanno spento sulla schiena. Nel frattempo è arrivata anche la Digos e la celere» racconta Aurora.
I momenti di tensione sono proseguiti per tutto il pomeriggio, dopo che tre ragazzi sono riusciti a entrare nel Rettorato e sedersi sulle scale, in segno di protesta pacifica. «Un paio di ragazzi sono usciti tranquillamente, dopo che gli agenti hanno detto di volerli identificare; il terzo è stato spintonato e malmenato. Noi altri compagni ci trovavamo lì davanti alla porta di vetro del Rettorato, abbiamo visto tutto. In quel momento, poi, la polizia ha iniziato a manganellare anche noi che eravamo fuori». Nel mezzo di queste dinamiche, inoltre, uno dei membri della sicurezza privata impiegata dall’Ateneo ha alzato il braccio verso gli studenti, in quello che ha tutta l’aria di essere un saluto fascista.
Nel pomeriggio gli studenti sono riusciti ad avere un breve colloquio con il rettore, chiedendo che una delegazione di essi potesse essere presente al Senato Accademico convocato per il prossimo 19 giugno, ma la risposta è stata negativa. «Un’ora dopo è arrivata la celere» racconta Aurora, che spiega come anche nella giornata di venerdì l’Università fosse pesantemente presidiata dalla Digos. «Non hanno ascoltato i nostri punti nè le nostre posizioni, ma hanno mandato la polizia a reprimerci». Il timore, ora, è che il prossimo passo sia l’autorizzazione, da parte dell’Università, a dare il via a uno sgombero coatto da parte delle forze dell’ordine. «In ogni caso, anche se questa sembra l’eventualità più probabile, noi non abbiamo nessuna intenzione di fermare l’occupazione nè la protesta».
[di Valeria Casolaro]
Tutto secondo strategia. Al parlamento aggressione fascista contro chi sbandiera la bandiera italiana e mai una condanna al genocidio che Israele sta commettendo. Non mollate, non molliamo ragazzi.